Veritas in Fabula

 

Veritas in Fabula

«Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto.»

George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (1903 – 1950),  scrisse questa profetica realtà nel suo romanzo più famoso, “1984” dove l’attivista socialista, volontario nella guerra di spagna nelle fila del Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM) combattè contro altri “socialisti”, quei volontari Italiani e Tedeschi che scelsero l’altro fronte, che in seguito divenne Asse, e fu sconfitto anche da quel regime tanto ostico ad Orwell e che farà da filo conduttore delle sue opere più famose, “1984” e “la fattoria degli animali”. Già in spagna, dove fu ferito alla gola da un cecchino, capì la mutata virata del “Socialismo”, per il prevalere, nel governo repubblicano, della linea del Fronte Popolare e del PCE, il POUM e gli anarchici furono dichiarati fuorilegge. Orwell fu costretto a fuggire clandestinamente dalla sentendosi minacciato dai suoi ex compagni, più che dalle truppe italiane, tedesche e Franchiste.  Nel febbraio del 1944 mentre l’Unione Sovietica di Stalin alleata con il Regno Unito e gli USA si appresta a sconfiggere definitivamente l’Asse, tenta di dare alle stampe “La Fattoria degli Animali” una novella allegorica contro la deriva del Socialismo Sovietico. Il libro riflette sugli eventi che portarono alla Rivoluzione Russa, Orwel era convinto che l’Unione sovietica fosse divenuta una dittatura. Orwell suggerì, per la traduzione francese, il titolo Union des républiques socialistes animales, abbreviato in URSA, parola latina per «orso», un simbolo della Russia. L’usanza di trattare temi filosofici, politici e sociali attraverso allogorie animali, è storia antica, già nel 15 a.C. Gaio Giulio Fedro nelle sue celebri favole attraverso un genere letterario solo apparentemente minore utilizza le figure animali con fini pedagogici. Il genere favolistico si trova praticato anche nei testi più antichi dell’umanità, quando si sia voluto rappresentare, attraverso un linguaggio semplice e metafore facilmente comprensibili, un principio di verità o un insegnamento morale. Anche l’utilizzo, a questo scopo, di racconti i cui protagonisti siano animali, attribuendo loro peculiarità morali e caratteristiche comportamentali, accettate dall’universale immaginazione. Mentre nella grigia Inghilterra Orwell usa gli animali per parlarci di “dittatura” nel soleggiato bel paese un poeta “Maledetto” gli usa per criticare la democrazia, nel 1930 Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, in arte Trilussa pubblica la poesia L’elezzione der Presidente:

 

Un giorno tutti quanti l’animali

Sottomessi ar lavoro

Decisero d’elegge’ un Presidente

Che je guardasse l’interessi loro.

C’era la Societa de li Majali,

La Societa der Toro,

Er Circolo der Basto e de la Soma,

La Lega indipendente

 

Fra li Somari residenti a Roma,

C’era la Fratellanza

De li Gatti soriani, de li Cani,

De li Cavalli senza vetturini,

La Lega fra le Vacche, Bovi e affini…

Tutti pijorno parte a l’adunanza.

 

Un Somarello, che pe’ l’ambizzione

De fasse elegge’ s’era messo addosso

La pelle d’un leone,

Disse: – Bestie elettore, io so’ commosso:

La civirtà, la libbertà, er progresso…

Ecco er vero programma che ciò io,

Ch’è l’istesso der popolo! Per cui

Voterete compatti er nome mio… –

Defatti venne eletto propio lui.

Er Somaro, contento, fece un rajo,

E allora solo er popolo bestione

S’accorse de lo sbajo

D’ave’ pijato un ciuccio p’un leone!

– Miffarolo!… Imbrojone!… Buvattaro!…

– Ho pijato possesso,

– Disse allora er Somaro – e nu’ la pianto

Nemmanco si morite d’accidente;

Silenzio! e rispettate er Presidente!

Carlo Alberto Camillo Salustri nasce a Roma il 26 ottobre 1871 da Vincenzo, cameriere originario di Albano Laziale, e Carlotta Poldi, sarta bolognese. Nel 1887, all’età di sedici anni, presentò a Giggi Zanazzo, poeta dialettale direttore del Rugantino, un suo componimento chiedendone la pubblicazione. Durante il Ventennio evitò di prendere la tessera del Partito Nazionale fascista, ma pur facendo satira politica, i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e improntati a reciproco rispetto. Nel 1922 la Arnoldo Mondadori Editore iniziò la pubblicazione di tutte le raccolte. Nel dicembre 1950 Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa già da tempo gravemente malato, senatore a vita, morirà dopo venti giorni, si legge in uno dei primi numeri di “Epoca” dedicato, nel 1950, alla notizia del suo decesso, che il poeta con immutata ironia, avesse commentato: “M’hanno nominato senatore a morte”.

Morì il 21 dicembre; lo stesso giorno di Gioachino Belli, e di Giovanni Boccaccio. Con un linguaggio arguto, appena increspato dal dialetto, Trilussa ha commentato cinquant’anni di cronaca italiana, dall’età giolittiana agli anni del fascismo a quelli del dopoguerra. La corruzione dei politici, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti. In alcune sue poesie, manifestò anche un forte patriottismo. Ma la satira politica e sociale, non fù l’unico motivo ispiratore della poesia Trilussiana. La chiave di accesso e di lettura della satira del Trilussa si trova nelle favole. Come altri favolisti, anche lui insegnò o suggerì, ma la sua morale non fu mai generica e vaga, bensì legata ai commenti, quasi in tempo reale, dei fatti della vita. Non si accontentò della felice trovata finale, perseguì il gusto del divertimento per sé stesso già durante la stesura del testo e, ovviamente, quello del lettore a cui il prodotto veniva indirizzato. Trilussa ebbe la capacità di evidenziare meschinità e debolezze tipiche delle persone attraverso metafore efficaci e graffianti. Con “la stetta de mano” aveva profetizzato il Covid, vedendo nel saluto ramano l’espediente igienicamente all’avanguardia, in “L’elezzione der Presidente”  fotografa la politica di ieri e di oggi, che vede somari farsi leoni, e tutto il resto dell’ “l’animali sottomessi ar lavoro” farsi pecore.

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