San Pietroburgo 2 aprile 2023, in un caffè, lo Street Food Bar, tra la Neva e l’Università, di proprietà di Yevgeny Prigozhin, imprenditore russo proprietario di numerose società legate al mondo della ristorazione, nonché fondatore del Gruppo Wagner, esplode un ordigno di oltre 200 grammi di Tnt, mimetizzato all’interno di una scultura rappresentante il busto di Vladlen Tatarsky, blogger ucraino nazionalizzato russo, intervenuto come relatore in un dibattito sull'”operazione speciale” in Ucraina. Nell’attentato Tatarsky, perderà la vita, ed altri 24 partecipanti resteranno feriti, sei dei quali in modo grave, tra cui un 14enne.
E’ il secondo attentato mortale contro giornalisti Russi in territorio russo dall’inizio dell’ operazione speciale, la prima vittima se ricordate fu Darja Dugina, che con Tatarsky, in passato aveva collaborato, uccisa il 20 agosto del 2022 a Bolšie Vjazëmy, con una bomba piazzata nella propria auto. L’attentato seppur non rivendicato è da subito ricondotto all’intelligence Ucraina, che aveva inserito Tatarsky, fra gli uomini da eliminare. Si allunga così la lista di giornalisti uccisi per volere di Zelenski, con l’appoggio logistico dei servizi occidentali, MI6, Cia e soprattutto il sempiterno Mossad, che ha visto fra i caduti anche il Giornalista Italiano Andrea Rocchelli, “eliminato” perché inserito nella stessa lista insieme al proprio interprete Andrej Mironov il 24 maggio 2014 durante l’assedio di Sloviansk, colpevole di aver denunciato sui media occidentali le continue violazioni dei diritti umani perseguite dai militari (e paramilitari) ucraini a danno delle popolazioni civili delle repubbliche autonome del Dombas. Vladlen Tatarsky (vero nome Maxim Fomin), cittadinanza ucraina, nasce a Makiivka, nell’oblast di Donetsk il 25 aprile 1982, russofono e smaccatamente filorusso si mette nei guai con la giustizia e finisce in carcere. Nel 2011, allo scoppio della guerra civile nel Dombas evase, e si arruolò nell’esercito della Repubblica popolare di Donetsk, inserito nel battaglione Vostok , con il nome di battaglia di battaglia di “Professore”.
Prestò servizio sino al 2017, e successivamente iniziò a scrivere un blog con lo pseudonimo di Vladlen Tatarsky, nome mutuato da Lenin ( VLADimir LENin ) e dal romanzo del satirico russo Viktor Pelevin , “Generation П”, dove il nome del protagonista è Vavilen Tatarsky. Tatarsky era una figura di spicco tra i blogger russi, noto per il suo sostegno senza compromessi alla guerra russo-ucraina. Ha regolarmente definito l’Ucraina uno “stato terrorista” e ne ha sostenuto la sconfitta militare, criticando la gestione troppo morbida di Putin, e chiedendo maggiori attacchi alle infrastrutture ucraine, anche a costo di maggiori perdite, sentimento condiviso da molti cittadini delle repubbliche separatiste, che contrariamente a quanto raccontato in occidente inputano a Putin, il fatto di essere “Una Colomba”.
A causa delle sue opinioni, Tatarsky è stato sanzionato dall’Ucraina. Gli è stato vietato l’ingresso nel paese, e tutti i suoi beni trovati in territorio ucraino sono stati confiscati. Nonostante queste sanzioni, ha continuato a promuovere le sue opinioni e convinzioni attraverso il suo blog, i canali dei social media, e in spettacoli politici sulla televisione di stato russa. L’ “Institute for the Study of War” lo ha definito il blogger “prominente”. Il 30 settembre 2022 giorno all’annuncio di “mobilitazione parziale” era al Cremlino invitato da Putin. Aleksandr Dugin ha dedicato vari post alla morte del reporter, ricordandone l’amicizia con la figlia Darya: “Ecco come nasce la storia dei veri santi della Russia (..) Colpiscono lo spirito, il pensiero, l’onestà, la sincerità, il futuro, l’amore. Non toccano i propagandisti a tariffa, uccidono coloro che stanno dalla parte di Dio, dello Spirito, della Russia. Sanno cosa è più prezioso per noi e vengono a distruggercelo sul posto. Forse non conosciamo il nostro valore. Apprezziamo le cose a buon mercato, crediamo ai chiacchieroni, ci umiliamo davanti alle autorità, ma non abbiamo idea dei veri tesori del nostro paese, dei veri eroi del nostro popolo. Vladlen era un vero uomo russo, un cristiano. Dall’altra parte, i rallegramenti della feccia, il cinismo dell’Occidente: tutto questo è familiare e prevedibile, ma quelli in Russia che non sono morti oggi nella sera di Vladlen Tatarsky, che non capiscono che Vladlen è morto per noi, (..) semplicemente non sono russi. Gli eroi muoiono in modo che le persone vivano. Non c’è nazione senza eroi.”
Il giorno successivo all’attentato è stata arrestata come esecutrice materiale, Darya Trepova, una residente di San Pietroburgo, attiva sostenitrice della cosiddetta “fondazione anticorruzione” di
Aleksej Navalnyj, sedicente oppositore di Putin, di cui nel 2011 vennero intercettate e pubblicate circa mille pagine di e-mail private con blogger e politici liberali, e con personaggi dell’ambasciata statunitense in Russia, espulso dal partito “Jabloko” per “comportamenti razzisti”, ed elevato in occidente come “difensore delle libertà” solo in quanto oppositore di Putin, teoria tanto improponibile, che dopo l’arresto avvenuto Il 17 gennaio 2021 per appropriazione indebita di 30 milioni di rubli, e le successive mobilitazioni per la sua liberazione organizzate in occidente, Amnesty International gli ha ritirato la designazione di “prigioniero di coscienza” per via dei suoi video e delle sue dichiarazioni, che costituirebbero “incitamento all’odio”. (Nell’ottobre 2021 David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo lo ha insignito comunque del “Premio Sacharov”, premio annuale per i “diritti umani?” del Parlamento europeo.)
Darya Trepova, è stata riconosciuta tramite un video ripreso da telecamere di sicurezza in cui si vede la giovane donna, mentre entra nel locale portando il pacco contenente la statuetta piena di esplosivo che avrebbe donato a Tatarsky: “Ho portato una statuetta che poi è esplosa”, ha ammesso pubblicamente in un primo interrogatorio, resta da capire di quanto fosse realmente a conoscenza del piano. Secondo media russi sarebbe stato arrestato anche un secondo sospettato, Dmitry Kasintsev, altro simpatizzante della “fondazione anticorruzione” di Navalnyj, chiusa come associazione terroristica dal tribunale della città di Mosca il 9 giugno 2021. In un’intervista alla testata indipendente “The Insider,”, Dmitry Rylov, marito di Darya Trepova, sostiene che la moglie non fosse a conoscenza del contenuto della statuetta: “Darya ha detto di essere stata incastrata, e io sono completamente d’accordo: nessuno se lo aspettava. Per quanto ne so, era necessario consegnare questa statuetta, in cui c’era qualcosa… Ne abbiamo parlato almeno due volte. Lei, in linea di principio, non è il tipo di persona che potrebbe uccidere qualcuno”.
In seguito all’attentato, Margarita Simonyan , Tina Kandelaki e Anton Krasovsky hanno incolpato ufficialmente l’Ucraina e l’occidente dell’omicidio, chiedendo ritorsioni anche internazionali. Il giorno dopo il suo assassinio, Vladimir Putin ha conferito postuma, a Tatarsky l’ “Ordine del coraggio russo” la massima onorificenza della Federazione Russa.
4 aprile 2023 i combattenti del gruppo Wagner hanno fatto ulteriori progressi nel centro di Bakhmut, espugnando definitivamente la città. Filmati di droni pubblicati il 3 aprile ritraggono bandiere russe piantate sulle macerie dei principali edifici amministrativi, su una di queste primeggia una frase pare scritta proprio da Prigozhin, in memoria di Vladlen Tatarsky.
Di seguito il commento della portavoce del Ministero degli Esteri russo M.V. Zakharova sul vile assassinio di Vladlen Tatarsky:
“Il 2 aprile il corrispondente militare Maxim Fomin, noto come Vladlen Tatarsky, è morto a causa di un’esplosione a San Pietroburgo. Le autorità giudiziarie daranno comunque una qualificazione giuridica all’accaduto. Noi ne daremo una morale. I giornalisti russi subiscono costantemente minacce di rappresaglia da parte del regime di Kiev e dei suoi ispiratori, che vengono sempre più attuate. Sono soggetti a molestie, stigmatizzati in senso letterale con contrassegni speciali sulle piattaforme digitali dei monopoli Internet americani che organizzano una “caccia alle streghe” nei media occidentali. Tutto questo sta avvenendo con un tacito disinteresse da parte delle strutture internazionali competenti, che non può più essere interpretato come conciliazione bensì come complicità. Non un solo caso di morte violenta di un giornalista russo, salutato come un “successo” dal regime di Kiev e dai suoi sgherri, è stato indagato dai Paesi occidentali, dalle organizzazioni internazionali o dalle comunità professionali straniere, né è stata dimostrata una qualche minima solidarietà umana. Fino a poco tempo fa, l’Occidente combatteva l’estremismo e il terrorismo, marciando unito per Parigi in difesa dei giornalisti presi di mira dagli attacchi terroristici. Oggi, la mancanza di reazione alla Casa Bianca, a Downing Street, all’Eliseo, ecc., vista la loro presunta preoccupazione per il benessere dei giornalisti e la libertà di giornalismo, parla da sola. Colpisce la reazione a Kiev, dove i destinatari delle sovvenzioni occidentali dimostrano una palese gioia per l’accaduto. È grazie ai corrispondenti di guerra russi che il mondo vede filmati veritieri e viene a conoscenza di quanto sta accadendo in Ucraina. Sono le persone che vigilano sulla verità, di cui il mainstream mondiale ha già abusato. Le attività professionali di Vladlen Tatarsky e il suo servizio alla Patria erano odiate dal regime di Kiev. Era un pericolo per loro ma è andato coraggiosamente fino in fondo, compiendo il suo dovere.”