Weltanschauung inattuale

 

Weltanschauung inattuale

“La bellezza senza la verità e il bene è solo un idolo”. (Vladimir S. Soloviev)

Il 9 novembre 1989 il governo della DDR dispose l’apertura della frontiera tra Berlino Est e Ovest, dopo quasi 28 anni implodeva il muro della vergogna, “Irgendwann fällt jede Mauer” (Prima o poi ogni muro cade) recitava una scritta spray, il “paradiso” comunista apriva la zip di cemento mostrando il suo inferno, si evirava dinanzi all’Occidente divenendone (pareva) eunuco cortigiano.

La libertà è ruah, soffio vitale per ogni uomo, grido del neonato affamato d’ ossigeno, sine libertade, c’è la sua asfissia, precipitazione a fenomeno biologico da amministrare, “scarto di vita”.

Lo storicismo marxista cedeva così alla “storia della libertà” di B. Croce, l’antinomia ideologica della cortina di ferro si sbriciolava in tante schegge di calcestruzzo (io geloso ne conservo una), il pensiero liberal-dem fischiava come vento fresco tra i propilei della prussiana porta di Brandeburgo, la dea della pace ritta sulla quadriga riconquistava il significato guglielmino. Di quell’universo inumato dal totalitarismo comunista, sezionato col bisturi al XX Congresso del PCUS in stalinismo e poststalinismo per mascherare, con ipocrita discontinuità, la successione al potere, di quel mondo conoscevamo ben poco, urla del dissenso erano Andrej Sacharov, Vladimir Bukovskij, Boris Pasternak, Aleksandr Solženicyn, i ragazzi di Buda del ’56, le fiaccole di carne di Praga.

Il Giudizio Universale, nella cappella degli Scrovegni (usurai) a Padova, fu affrescato da Giotto ad occidente, giusto ad consummationem saeculi, l’apocalisse socialista era allora quel sol dell’avvenire che si calava nel talamo accogliente di Kant, Locke, Adam Smith aprendo le cosce alle iene del capitalismo, allo tsunami dei mercati globali, alla Weltanschauung vivente.

La verità non era nell’escatologia materialista profetizzata da Marx&Engels, l’utopia dell’affrancazione da ogni catena economico-sociale non marciava veloce sulla motocicletta della rivoluzione, anzi finita la miscela s’ era sbragata in una cunetta lasciando per strada milioni di morti. La libertà che illumina il mondo dalla baia di Hudson volteggiava oltre la cortina di ferro passando per i cantieri di Danzica fino a raggiungere Mosca, il cuore dell’impero. La Glasnost fu l’abito trasparente di un Lenin nudo, per coprirne le spoglie imbalsamate era pronta la tunica della dea franco-americana. Ma dopo gli anni della vodka liberista di B. Eltsin, nel ’99 il soglio di Primo Ministro della Federazione russa passò a Vladimir Putin, ex tenente colonnello del gotico KGB sovietico, figlio di un “comunista modello” ateo militante, una carriera nella DDR a fianco della STASI, un pedigree rosso bandiera con un nonno chef nella dacia di Lenin e Stalin.

Eppure quest’uomo, accusato di culto della personalità, autoritarismo, complottismo, neoimperialismo e bla e bla dai pifferai del progressismo liberista vestiti da giullari nei cortili delle banche, t’ha architettato con lucido rigore e fermezza una Weltanschauung inattuale, ribelle allo storicismo pentolone di un’umanità minestra da mescolare e deglutire senza sforzo. L’inevitabilità del processo storico di massificazione omogeneizzata è un falso, le radici ancorano ciascun soggetto al suo porto, idem per un popolo, in quel caso alla “casa comune” della madre Russia.

Il termometro sullo stato di benessere di una Nazione è un Mantra noioso di dati percentuali attinti dalle scienze economiche e sociali, è l’abbecedario di gufi economisti con gli occhiali sui libri mastri, stolti ragionieri di interessi usurai, gli Scrooge di Dickens senza notte di Natale, il benessere della Weltanschauung attuale è il regno della quantità, dei + e dei -, gode chi s’ingozza in un pollaio green magari pescando nello Yoga per digerire lo stress da gabbia sfornando più uova.

Il  ”compagno” Putin ha ricucito il corpo all’anima del suo popolo ripartendo dalla pietra fondante, il Cristianesimo come ha sottolineato, lo scorso anno, nel suo intervento per celebrare  i 1130 dal battesimo del “principe guerriero” Vladimir il Grande nelle acque del fiume Dnepr. Ebbe a dire, tra l’altro: “Nella scelta del principe Vladimir ci fu la consapevolezza che il Cristianesimo avrebbe costituito un supporto morale, bellezza, luce della verità e della virtù, e una base per il rinnovamento, per una maggiore unità e comunità dei popoli dell’antica Rus”. Fu scelta, quindi, al tempo stesso spirituale e politica. Da una parte “l’Ortodossia fece qualcosa che non era accaduto prima: si rivolse all’uomo, alla sua coscienza e alla sua anima con un’eterna chiamata di misericordia, così come di buona volontà e di amore”. Dall’altra “il Battesimo della Rus è stato il punto di partenza per lo sviluppo della statualità russa, la vera nascita spirituale dei nostri antenati, la definizione della loro identità, l’apogeo della cultura nazionale e dell’istruzione, così come lo sviluppo di legami multiformi con altri Paesi”.

Apriti cielo! Gli opinionisti farisei d’Occidente si sono stracciate le vesti, gridando “ha bestemmiato”, e già perché il Cristo era, è, sarà  pietra d’inciampo, ancor oggi è eresia riconoscerne la sua “unicità” (Dio-Uomo, morto e risorto) al massimo dalla sua figura se ne possono estrapolare dei buoni insegnamenti su valori comuni, aperture al dialogo, pacifismo, accoglienza, rispetto dell’ambiente, premura per gli ultimi, ecumenismo orizzontale, tutte componenti culturali di una chiesa laica umanitaria sulle quali si confrontano irenicamente filosofie e credi diversi (atei compresi) sotto le ali di una “economia spirituale”. E’ la chiesa della Weltanschauung d’Occidente, di quell’Anticristo profetizzato lucidamente dal maggiore filosofo russo Vladimir Soloviev oltre un secolo fa.  Egli scriveva: “Verranno giorni quando nella cristianità si tenderà a dissolvere il fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell’atto difficile, coraggioso, concreto e razionale della fede, in una serie di “valori” facilmente smerciabili sui mercati mondani”.

Oltre la ex cortina di ferro soffia fresco il grecale, porta valori antichi come nuovi ed è l’Occidente oggi a costruire il muro. Ma “The temple is holy because it is not for sale” scriveva Ezra Pound. Il tempio è sacro perché non è in vendita. E’ qui, credo, la nostra rivolta ideale, la verità cercata, la Weltanschauung inattuale che affascina per la sua bellezza.

Torna in alto