Zeus e le due aquile

 

Zeus e le due aquile

Racconta il mito di come Zeus liberasse due aquile in volo e le spingesse in direzione opposta. Là dove esse si rincontrarono, sotto di loro sorse Delfi, centro dell’universo e cuore pulsante della civiltà greca. Il tempio dedicato al dio Apollo, alla divinazione e all’oracolo volutamente ambiguo (il principio di necessità, direbbero i miei amici filosofi! Il fato a cui sono vincolati gli stessi dei, e nell’intendere o fraintendere si realizza la libertà, povero dono) espresso dalla Pizia. E Apollo è il dio dallo sguardo obliquo. È l’età della mania del detto non detto della danza del capro della natura popolata dalle divinità dalle ninfe dai satiri e dal centauro quale custode degli esordi e del segreto significato dell’esistenza. È straordinario il suo incontro con il re Mida. Al sovrano che vuole conoscere il perché si nasca e perché si debba morire, il ghigno del centauro si rende eloquente: meglio sarebbe il non venire al mondo ma, se si è qui ed ora, il meglio è il presto morire. Dal Nulla essere e inesorabile al nulla fare ritorno. (È la Via della Notte tracciata dal filosofo Parmenide a cui contrapporre la Via del Giorno – quel problema dell’Essere che diverrà meditazione e tormento del pensiero d’Occidente. Non casuale che Platone, narrando di Socrate presente ad un incontro con Parmenide, lo definisse “venerando e terribile”).                                             

Essere qualcosa, siamo, e/o riponiamo la nostra Causa sul Nulla. Così, più o meno, il “mio” amico Max Stirner conchiudeva L’Unico, l’opera sua, rimasta a lungo negletta, mentre rimanevano satira e invettive che i giovani Marx ed Engels gli rivolgevano tracannando birra o vino con altri ex discepoli ormai eretici di Hegel (mi permetto di farlo “amico” perché, ristretto a Regina Coeli, m’era venuto intento e brama di trarne tesi di laurea e mi fu vietato da una censura – ottusa e miope come sono, sovente, le censure d’ogni tempo e latitudine – che rifiutava l’accedere testi in lingua originale di cui temeva essere… manuali per evasioni!). Qui mi basta un accenno su, appunto, la questione dell’Essere e il tema del Nulla…                                                                                  

Zeus e le due aquile da cui il mondo greco trasse la visione del mondo e la donò a tutto l’Occidente per poi, risolto il nodo di Gordio con un colpo netto di spada, farne dominio sull’Oriente. Terra e mare, dirà Carl Schmitt. Dal linguaggio allusivo e, al contempo, sapienziale dell’oracolo, di Delfi e delle sue rovine, al pensiero in cui, con il termine Logos, si descrisse si decifrò si ridusse e, forse, si distrusse il Sacro e quello stupore che ancora Platone osava nominare d’ordine divino. Già Aristotele preferì accontentarsi di umana meraviglia per vedere i frutti della filosofia germinare. E noi, oggi, ci siamo privati e dello stupore e della meraviglia e, coltre mefitica, non più il volo delle aquile ma il grigio della comune vergogna… Oppure, no, per alcuni?

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