APPROFONDIMENTI: La dittatura fintech, gelido inverno della libertà

 

APPROFONDIMENTI: La dittatura fintech, gelido inverno della libertà

Alla fine, per ascoltare qualcosa di vero, bisogna ricorrere ai liberali d’antan, come Friedrich Von Hajek. Per difendere l’idea di mercato aperto contro cartelli e monopoli, scolpì una frase memorabile: chi possiede tutti i mezzi, determina tutti i fini.  Pronunciata come anatema nei confronti del capitalismo di Stato collettivista, va oggi diretta contro la dittatura sempre più soffocante dei giganti tecnologici, i GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple), cui va aggiunta Microsoft, la creatura di Bill Gates, il Grande Vaccinatore. Possiedono tutti i mezzi, nel mondo privatizzato, impongono tutti i fini, i loro. Del resto, nulla è meno democratico e liberale del mercato lasciato a se stesso: la dittatura della volpe nel pollaio.

La vicenda delle elezioni americane e l’attacco al Campidoglio dei sostenitori di Donald Trump ha aperto il vaso di Pandora della censura, dell’attacco coordinato contro la libertà di pensiero e la dissidenza nei confronti del Quinto Vangelo, il definitivo, quello del globalitarismo dominato da un pugno di multinazionali, di signori della finanza e oggi, innanzitutto, dalla cupola Fintech.

Non fanno prigionieri, avanzano con la violenza dell’orda e uccidono giorno dopo giorno la libertà. In questo senso, il 2021 inizia in modo anche peggiore dell’esiziale 2020, anno del virus e del Grande Reset, la grande cancellazione. Il profilo Twitter di Donald Trump è stato cancellato definitivamente. In Italia è stata sospesa la pagina del quotidiano Libero con una raggelante comunicazione rivolta a gli utenti: “attenzione: questo account è temporaneamente limitato. L’avviso qui presente ti viene mostrato perché l’account in questione ha eseguito delle attività sospette. Vuoi davvero proseguire? “Gentile avvertimento in stile tra la minaccia e il videogioco: se prosegui è a tuo rischio e pericolo, noi ti seguiremo e ti conosciamo bene. E che meravigliosa ostentazione di potere assoluto e misterioso: Libero ha eseguito operazioni sospette! Assassinio, rapina, pedofilia, strage, di quale reato si è macchiato il quotidiano fondato da Vittorio Feltri? Cultura del sospetto, anticamera del sopruso, della violenza legalizzata, del bavaglio preventivo.

Sempre Twitter, la rete sociale dal dolce nome di cinguettio, ha sospeso la pagina di un parroco spagnolo, padre Gòngora, colpevole di aver diffuso messaggi cattolici e addirittura di affermare che la verità è Cristo e la speranza cristiana è la chiave per affrontare e combattere la censura. Altro che “attività sospette”, siamo nella pura eversione del folle mondo della dittatura tecnologica! Sia tappata la bocca del prete tra gli applausi della plebe e il compiacimento degli intellettuali di servizio alla Roberto Saviano, esultante per il bavaglio imposto a Trump. Peraltro, Twitter l’attivismo politico sta costando assai, con un pesante crollo in Borsa.

Facebook, la creatura di Mark Zuckerberg, utilizza la messaggeria Whatsapp per controllarci. Il più grave ed emblematico degli episodi degli ultimi giorni è però l’attacco sferrato contemporaneamente dall’intero sistema Gafa contro la piattaforma di messaggi americana Parler. Il nome dice tutto: parlare, in francese. L’obiettivo – nella neolingua degli affari si dice mission- dei suoi promotori è costruire una rete sociale senza censure, libera, senza divieti e occhiuti poliziotti del pensiero e della parola, la psicopolizia che dalla fantasia di Orwell si è trasferita nella realtà degli anni Duemila.  

Con una certa ingenuità, Parler afferma di credere nella validità del primo emendamento della costituzione americana, che garantisce la libertà di parola e di stampa, il diritto di riunirsi pacificamente e di appellarsi al governo per correggere i torti. Anticaglie del remoto 1791. In una canzone di battaglia degli anni 70 si diceva: “E tu ti ammanti di democrazia e vai cianciando di libertà. Libertà, libertà in quanto che comandate voi. Democrazia, democrazia è cosa vostra, non è mia”. Vale la pena ripetere ancora una frase di Carlo Marx: le idee dominanti sono le idee della classe dominante.

Google, Amazon e Apple hanno deciso di escludere dai loro servizi Parler, ovvero ne hanno decretato la condanna a morte, in puro stile monopolista. Parler non merita di sopravvivere, non ha seguito Darwin: non si è adattata all’evoluzione proibizionista decretata da lorsignori, i padroni di tutto che decidono e pensano per tutti. I tre giganti controllano due terzi dei servizi di hosting delle pagine web e forniscono gran parte dei servizi tecnologici a imprese e privati del mondo. L’hosting è il servizio consistente nell’allocare su un server le pagine di un sito o di un’applicazione web, rendendolo così accessibile agli utenti. Il motivo dell’ostracismo a Parler sarebbe che non “modera la sua comunità”, ossia lascia libero il dibattito.  Alibi ridicolo, giacché le reti sociali ospitano senza fiatare spropositi, sconcezze, incitamenti e propaganda di ogni violenza, purché non provengano dai settori di opinione invisi ai nuovi padroni del mondo, sovranisti, religiosi cristiani, conservatori e affini.

Si può rimanere in Internet solo se i padroni universali sono d’accordo. Nel caso di Parler, pollice verso, “non mi piace”: Apple e Google l’hanno eliminata dal negozio delle applicazioni, mentre Amazon l’ha espulsa dal servizio di hosting. Conseguenza pratica: se vogliamo accedere a Parler, il motore di ricerca mostra una pagina bianca, senza altro contenuto dell’avvertenza che l’indirizzo non corrisponde ad alcun sito. Dalla sera alla mattina, Parler non esiste più, fulminato dalla volontà sovrana dei padroni del mondo. E’ scattata una denuncia alle autorità americane – come rispondere alla domanda fatidica: quis custodiet custodes, chi controlla i controllori? – per violazione delle leggi antimonopolio, ma il problema è che i Gafa si dividono l’enorme maggioranza dei servizi informatici mondiali.

Amazon, come sappiamo, è il gigante del commercio elettronico e il suo padrone l’uomo più ricco del mondo; Google possiede servizi di ricerca, mappe, posta elettronica, gestisce videoconferenze e cloud, la nube virtuale in cui sono conservati gli archivi e la memoria informatica del mondo intero. Microsoft è padrona del sistema operativo del computer da cui scriviamo e da cui state leggendo. Il caso Parler è solo la punta dell’iceberg. La piattaforma è accusata di essere utilizzata dai peggiori figuri del mondo intero, i sostenitori di Trump e il resto della feccia planetaria di destra. Nessun Saviano, nessuna Boldrini difenderà la loro libertà, come nessuno si inginocchia davanti alle vite spezzate dei manifestanti disarmati uccisi nella drammatica giornata del 6 gennaio.

Il punto è riconoscere, smascherare una volta per tutte il potere, anzi il dominio conseguito da chi ha la facoltà di rendere invisibile chi non la pensa come lui in un regime che vanta libertà e pluralismo come principi fondanti. Alcune megacorporazioni private si sono arrogate il diritto di scegliere le idee permesse e quelle proibite, esercitando un controllo che dobbiamo cominciare a chiamare biopotere, il dominio sulla vita – fisica, psicologica, sociale, etica- di miliardi di uomini, bypassando ogni potere pubblico e diventando ogni giorno più ricche. Straricche ed esentasse: versano briciole di imposte agli Stati nazionali. La loro forza è l’extraterritorialità, sono i maggiori elusori fiscali del mondo attraverso un sistema di fatturazioni- carosello e di società controllate con sede legale nei numerosi paradisi fiscali di cui dispone il capitalismo di rapina. Rappresentano ormai il vero governo – non più ombra- degli Stati Uniti, in alleanza con i vertici finanziari e l’apparato militare industriale (il deep State, Stato profondo). Incidentalmente, vale la pena informare che l’amministrazione Biden sarà piena di personaggi legati a Blackrock, il fondo d’investimento finanziario più potente della terra. Sinceri democratici…

I fatti del 6 gennaio in America hanno fornito l’alibi perfetto per l’attacco finale contro tutte le voci che dissentono dal postulato globalista. I giganti fintech riducono al silenzio i dissidenti, coscienti che le voci discordanti rispetto alla loro agenda metapolitica possono danneggiare i loro piani di dominio. Il paradosso è l’uso della trappola della difesa della libertà e della democrazia. Non vogliono “discorsi di odio”, ma impongono, distillano, fomentano, diffondono odio contro chi non la pensa come loro.

Il globalismo ha iniziato la caccia grossa contro qualsiasi dissidenza e il mazziere non può essere che il partito di Silicon Valley, Tecnopolis. Sì, un vero e proprio partito, con la vocazione di essere unico. Le reti sociali mentono sfacciatamente e solo una popolazione a cui hanno sigillato la mente può prestare loro fede: affermano di essere mere piattaforme che si offrono libere agli utenti, in modo da non assumere responsabilità per i contenuti. Nei fatti, bloccano, sospendono, riducono al silenzio precisamente per i contenuti, ossia scelgono, se si può usare il linguaggio giornalistico, una linea editoriale. Ciò è legittimo, ma allora deve essere chiarito all’inizio, affinché l’utente sappia di non trovarsi in uno spazio libero, ma all’interno di un’impresa schierata. E’ un problema centrale, giacché Silicon Valley inalberava un vessillo di tolleranza, libertà e finanche di filantropia, standard di un’epoca in cui tutti saremmo stati felici e connessi.

Via via che la rete ha dato voce a chi non l’aveva, specie a chi esprime principi diversi dal libertarismo progressista, si sono levate le voci più disparate. Tuttavia, invitare alla distruzione di uno Stato sovrano non è abbastanza “sospetto” o “radicale”, non è nemmeno “discorso di odio”, affinché sia chiuso l’account e bannato l’autore. Chiaro, chi parla è piuttosto permaloso e violento: meglio non rischiare rappresaglie, anche in California. Più facile è la museruola sulla bocca delle masse precarizzate, degli operai e degli impiegati espulsi dalle fabbriche delocalizzate, dei disperati del commercio e della piccola e media impresa messi in ginocchio, degli indebitati con gli usurai globali e con le banche salvate con denaro pubblico, (troppo grandi per fallire…) dei nuovi poveri una volta classe media. Ai perdenti della globalizzazione si può tappare la bocca, dopo averli rovinati: proprio un caso che in America votino Trump e in Europa per i sovranismi e i populismi di destra e di sinistra?

Adesso sappiamo che la democrazia, nella forma che abbiamo conosciuto per alcune generazioni, non esiste più: c’è un pensiero unico che sceglie i governanti- semplici amministratori dell’esistente- e anche gli oppositori, la leale opposizione di Sua Maestà che non mette in discussione nulla e si scusa per tutto, come la sfortunata assessore veneta costretta a cospargersi il capo per aver canticchiato Faccetta Nera in una trasmissione satirica, prontamente attaccata dal governatore di centrodestra. Per gli antichi, più concreti, la libertà era partecipazione alle decisioni, agorà, per i moderni è il diritto all’indifferenza, a stare alla finestra, a scegliere dei rappresentanti ogni cinque anni e applaudire lo spettacolo. Divenuto biopotere, il sistema rinuncia alla finzione della democrazia, conservandone provvisoriamente alcune procedure. Non c’è neppure rassegnazione, solo l’indifferenza di una massa che non sembra più comprendere né capire, né volere autonomamente.

Qualche responsabile politico come Macron e la Merkel sembra aver compreso la portata della sfida dei colossi fintech: li aspettiamo alla prova dei fatti. Altri, dalla cosiddetta destra dell’orizzonte politico, iniziano consultazioni internazionali per affrontare l’attacco alle libertà delle piattaforme delle reti sociali. Fintech non deve diventare la polizia globale del pensiero, di un pensiero settario, che non tocca terroristi e dittatori ma censura i dissidenti. Siamo davanti a una minaccia globale alle libertà fondamentali. C’è chi applaude freneticamente in odio a Trump. Si pentiranno quando capiranno di non essere più liberi di esprimere opinioni contro il potere e di essere burattini di un totalitarismo globale diretto da un pugno di oligarchi multimiliardari.

Se ci sono imprese private che decidono chi può parlare sulla rete e chi no, esistono ancora le costituzioni, la sovranità e i giudici? Sono in gioco la libertà e la stessa democrazia – principio, metodo e prassi- di fronte alla censura e alla tirannia. E’ una dittatura, indipendentemente dalle maschere che indossa, di cui, peraltro, si disfa sempre più velocemente. Una dittatura in cui puoi utilizzare solo i suoi mezzi e i suoi media, in cui puoi solo condividere il suo messaggio. Se non sei dei suoi, sei un nemico; sono “soltanto “aziende private, ma agiscono al di sopra delle costituzioni e delle leggi delle nazioni sovrane.

Alla fine, Trump ha commesso un errore colossale: convinto di essere stato derubato nelle elezioni, ha convocato la folla senza sapere, in fondo, che cosa fare. La trappola è scattata e ha finito per regalare le istituzioni a chi le usa per imporre un dominio disumano travestito da democrazia.

E’ l’inverno del nostro scontento. La stagione è quest’anno insolitamente fredda, alla faccia delle previsioni sul riscaldamento globale; è arrivata una perturbazione chiamata Filomena, un bel nome greco e mediterraneo che significa amabile.  Il freddo è una sensazione terribile, insidiosa, che afferra il corpo sino alle ossa e lo paralizza. Abbracciata dal tocco gelido, la vita si abbandona e finisce in un grottesco, orribile ghigno, il sorriso a denti serrati di chi muore congelato. Morte e sorriso. La nostra società si congela, privata della fiamma della libertà e corre verso la tomba con il sorriso sul volto paralizzato. E’ il finale di un processo fatto di silenzio e complicità vergognose, poiché non vi è nulla di più raggelante del mutismo di fronte all’ingiustizia. Ci asteniamo dal denunciare il potere e qualcosa si gela in noi, una brina interiore che necrotizza l’anima, le idee, l’armatura morale.

Il silenzio gelido, la paralisi della libertà sono sintomi di un male tremendo che sta portando l’occidente nella fossa comune dei vigliacchi di cui nessuno scriverà la storia. Il gelo invade velocemente, poiché il Male ha fretta e non ammette più rinvii alla sua instaurazione definitiva. Vediamo ogni giorno senza reagire come censurano questo e quello; assistiamo alla decapitazione sulla piazza pubblica delle reti sociali di gente libera di spirito, sotto i colpi organizzati di un’orda eterodiretta il cui obiettivo è ridurre al silenzio chi considera nemica del suo dogma. L’intolleranza verso il dissidente, il desiderio di sopprimerlo si è fatto senso comune, così normale che il freddo della lama sulla nuca diventa una sensazione abituale.

E’ un freddo perfido che intirizzisce le anime, il fantasma che si aggira per l’Occidente e ne congela inesorabilmente i principi. Il freddo avanza perché nessuno insorge contro chi cerca di seppellire una volta per tutte le libertà. Poche voci sparute gridano nel deserto, invocando libertà di informazione, di opinione, di religione, di vita e movimento, tutto ciò che fa di noi degli esseri umani anziché una statistica nel gigantesco libro contabile dei Soros di turno. La campana suona per me e per te, incredulo e indifferente, che non sai e non vuoi sapere e non ti importa che nessuno reagisca al pericolo di seppellire secoli di civiltà. Poche proteste per la fredda morte del pensiero umanista. La campana di oggi suona per me, ma domani verranno da te e non ci sarà rimasto nessuno a protestare.

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