APPROFONDIMENTI: Meno contante, meno contate
Meno contante, meno contate, è il suggestivo slogan di chi si batte contro la progressiva abolizione del denaro contante. Il successo di tale mobilitazione è per ora assai limitato, anzi avanza a grandi passi una società distopica senza denaro, i quattrini “veri” che teniamo in tasca o custodiamo per ogni evenienza. L’Italia sta progressivamente avanzando nella stessa direzione: sono già legge divieti di pagamento in numerario oltre una determinata soglia, che viene periodicamente ridotta. Il governo Conte ha ottenuto una specifica delega in materia, alla chetichella, durante la tempesta del contagio. Soprattutto, non si riesce a sollevare un vero dibattito su un tema che, al contrario, ha ed avrà immense ricadute sulla vita quotidiana e sulla stessa antropologia futura. Vince, sinora, la narrazione della comodità, che spinge sempre più persone a pagare con carta di credito, bancomat o attraverso circuiti come Paypal anche importi modestissimi. La straordinaria, schiacciante vittoria del potere è quella di aver sostanzialmente abolito il pensiero critico.
Probabilmente stiamo davvero diventando “rettiliani “nel senso che l’oligarchia dominante, attraverso opportuni stimoli reiterati nel tempo, sta facendo sì che utilizziamo quasi soltanto una delle tre parti del cervello, quella più arcaica, primaria, sede degli istinti essenziali, lontana dalla riflessione e dal senso morale, il cervello detto rettiliano. Risulta difficilissimo, se non impossibile, spiegare con qualche speranza di successo gli effetti negativi di un mondo senza contanti. E’ così semplice, comodo, pulito, pagare con una delle card multicolori che riempiono il nostro portafogli. Oltre l’enorme portata simbolica, sfugge il gigantesco potenziale di controllo e sorveglianza, la tracciatura totale, assoluta, di ogni nostro pagamento, compresa la geolocalizzazione, la capacità di prevedere e quindi orientare e determinare ogni nostro comportamento da parte dei possessori delle tecnologie sovrastanti, i padroni universali.
Homo sine pecunia imago mortis, dicevano i latini. Nel futuro, nel presente, l’immagine della morte civile – e forse fisica- è quella dell’essere umano senza credito, che non possiede le magiche carte di credito, o se le vede bloccare per un motivo qualsiasi, ad arbitrio di un potere sempre più invadente, totalitario, onnipresente. Già adesso, la libertà economica di alcune categorie è gravemente limitata: protestati, falliti, ma anche lavoratori precari, in affitto, pagati con voucher. Che cosa capiterà a chi non avrà più accesso al credito? Vedersi ritirare le carte o negare l’uso del proprio denaro (se sarà ancora possibile chiamarlo così) diventerà un castigo tremendo, un’arma di ricatto, una spada di Damocle di chi controlla il sistema e dei governi, suoi complici e vassalli.
Gli esclusi non saranno soltanto i più poveri – alla faccia della retorica a favore “degli ultimi” – ma anche gli spiriti liberi e i dissidenti, gli oppositori, I “cattivi pagatori”, che spesso sono tali per difficoltà reali e non per disonestà o cattiva volontà, saranno esposti all’impossibilità di vivere in società. Per loro, sarà difficile anche procurarsi il cibo e l’abbigliamento. Eppure, la maggioranza non percepisce l’imbroglio, non capisce né sospetta la colossale operazione di dominazione sottostante. Presto o tardi, i contanti non avranno più corso legale, quindi non saremo in grado di possederli, utilizzarli, spenderli in qualsiasi modo. Pezzi di carta senza valore, oggetti da collezione.
Intanto, consapevoli del pericolo del bitcoin, la criptovaluta, le banche centrali studiano instancabili come controllare la popolazione attraverso il dominio sui mezzi di pagamento. Vogliono imporre dall’alto del potere, alleato con i governi, l’obbligo di usare esclusivamente il “loro” pseudo denaro virtuale, svuotando le tasche e anche i cervelli: una sorta di legge di Gresham, la moneta cattiva che scaccia quella buona soffocando la libertà di scelta. Le grandi banche stanno già realizzando test sull’euro digitale della BCE, che tenta di non perdere terreno rispetto a progetti avanzati di Russia e soprattutto Cina (Alipay, corrispettivo orientale di Paypal; Tencent, il gigante del commercio e dei servizi digitali del Dragone, titolare tra l’altro di WeChat, corrispettivo di Whattsapp di Facebook).
Ci intontiscono con la “trasparenza”: che problema c’è, se non hai niente da nascondere, dicono. Anzi, la tracciatura di ogni movimento distruggerà l’evasione fiscale e metterà in crisi la criminalità. False verità, vere menzogne. L’evasione fiscale grande, immensa, è la loro, quella dei colossi digitali e finanziari, ma alla gente, agli sprovveduti che siamo diventati, viene ostentata l’evasione di artigiani e professionisti. Il rancore e l’invidia sociale funzionano sempre: evasori sono gli altri, noi, eventualmente, ci difendiamo o “risparmiamo qualcosa”. Quanto alla criminalità, quella grande, globale (droga, armi, traffico di esseri umani e di organi) regola i suoi affari nell’oscurità dei canali della shadow economy, nei meandri sotterranei e potentissimi della grande Rete, protetta dagli apparati più riservati del potere.
Il problema non è solo filosofico e morale, non ha a che fare solo con la limitazione della libertà che comporta la riduzione delle scelte. L’obiettivo concreto è controllare per poi determinare attraverso la predizione e la persuasione del sistema di comunicazione e inculturazione, ciò che facciamo, dove andiamo, che cosa e da chi compriamo, come e che cosa pensiamo. Un Arcipelago Gulag globale fatto di sbarre virtuali, ma robustissime, in cui ciascuno di noi non è più persona, individuo o soggetto, ma un codice a barre, lo Zek postmoderno. Zek era il nomignolo degli internati nei campi sovietici ed è anche l’acronimo dell’onnipotente Zentralstelle fuer Kreditinformation, l’organismo interbancario che decide sui criteri di concessione dei crediti. Curiosa coincidenza.
È essenziale che le persone spendano, che non venga loro in mente di pensare al futuro, che non investano in progetti produttivi, che non pensino ad annullare o compensare i debiti. Se ci impediscono di detenere, trasportare, movimentare la carta moneta, tutto cambierà e non avremo più alcuna via di fuga dal potere finanziario, tecnologico e, inevitabilmente, politico e metapolitico. Già oggi, negli Usa esiste una voluta carenza di valuta, per cui in molti negozi non si dà più il resto in contanti, ma si viene invitati a possedere “carte fedeltà”.
Poiché non abbiamo speranza alcuna di convincere la massa con argomenti morali, politici o con l’appello alla libertà – la più equivoca delle aspirazione umane – abbiamo pensato di fornire un piccolo estratto degli effetti reali, sulla vita quotidiana, di un mondo senza denaro contante. Parliamo di una futuro in cui il contante non avrà più corso legale, quindi non saremo in grado di acquisirlo, pagare o spendere con tale mezzo. Non potremo più depositare contanti su un conto bancario, né accettarli per lo scambio di beni o servizi.
Pensiamo ai regali: spesso consideriamo il denaro un dono appropriato, gradito a chi lo riceve. Non potremo più neppure offrire la “paghetta” ai nostri figli e nipoti, o fare un regalo “importante “a un parente che si è laureato, diplomato o ha raggiunto un traguardo. In una società senza contanti, il beneficiario non può utilizzare direttamente e liberamente la somma, che dovrà essere scambiata con assegno o bonifico. Ciò significa che dovremo detrarre una commissione, che arricchirà ulteriormente il sistema finanziario e impoverirà noi. In più, in tempo reale, le autorità fiscali e il governo, oltreché i padroni delle tecnologie –ovvero i piani alti della finanza tradizionale e fintech – conosceranno con precisione la quantità di denaro in nostro possesso. Non sarà un gran problema per il bimbo che riceverà (chissà come, poi…) pochi euro dal papà o dallo zio, ma sarà già un bel guaio per il neolaureato a cui parenti e amici avranno offerto denaro per celebrare il suo successo, o per la coppia di giovani sposi. Chissà che il fisco non bussi presto alla porta di questi soggetti per richiedere la sua parte.
In tempo di contagio da virus, la povertà si è estesa e con essa la disoccupazione. Sono moltissime le persone che, per sbarcare il lunario, si stanno adattando a occupazioni occasionali. Qualcuno falcia l’erba dei giardini privati, altri fanno riparazioni, qualcuno aiuta nella cura dei disabili o collabora alle pulizie. Altri si improvvisano tassisti a chiamata o badano ai figli di chi, più fortunato, ha conservato il suo impiego. Un’enorme percentuale di queste persone viene pagata in contanti.
Ma se improvvisamente non puoi spendere i tuoi soldi, dovrai essere pagato elettronicamente. Quante persone che non hanno ancora un’attività o l’hanno perduta hanno un conto commerciale per accettare carte di credito o di debito? Ci sono opzioni come Paypal e Venmo, che ovviamente pretendono una commissione percentuale. Per di più, ogni centesimo derivante da questi lavori (la gig economy dei lavoretti imposta dal Covid 19) è tracciato e controllato. Questo trasformerà rapidamente i nostri 50 euro, guadagnati con fatica, in 40 o 35, poiché sarà facilissimo tassarle. Sì, perché saremo noi gli evasori fiscali, gli empi da colpire, non le centrali finanziarie, non i giganti tecnologici deterritorializzati che stanno dietro la nostra modesta carta di credito.
Potremmo avere bisogno, o desiderio, di vendere qualcosa di nostro: c’è un mercato crescente, in tempi di crisi. In alcuni paesi è comune lo “sbarazzo” di vecchie cose. Aiuta a svuotare cantine e cassetti, fa guadagnare qualcosa e talvolta risolve emergenze. Come funzionerà in una società senza contanti? Se vendiamo oggetti di valore, probabilmente finiremo per utilizzare i soliti Paypal, Venmo e simili, che pretenderanno una parte del ricavato, la postmoderna estorsione alla massa mascherata da servizio indispensabile, anzi obbligato. Pochi potranno perdere tempo e denaro in una miriade di piccole transazioni. Si tornerà al baratto, a un’economia in cui daremo qualcosa in cambio di un servizio o di una promessa futura.
Finirà anche l’istituto della mancia: pagabili solo con carta di credito, mance e regalie diventeranno rare, scomode da offrire e da incassare, anch’esse alla mercé del fisco. Forse verranno ritirate dai datori di lavoro e restituite a fine mese: un nuovo potere nelle loro mani. Inoltre, non sarà difficile manipolare gli importi. Diventerà impossibile insegnare ai bambini il senso di responsabilità nel guadagnare, risparmiare e utilizzare con giudizio il denaro. E’ sempre stata una palestra di vita, di crescita, di indipendenza. Se tutto è elettronico, che succederà? Esiste la possibilità di utilizzare carte regalo prepagate, ma questo significa che posso spendere i miei (miei?) quattrini solo in determinati modi e luoghi, con perdita di libertà e comunque sempre nell’ambito di una mentalità improntata al consumo immediato. Nessuna possibilità di scegliere, risparmiare con costanza, vedere il proprio denaro crescere in vista di un obiettivo.
E’ il principio che si vuole applicare alle varie modalità di reddito universale: una carta da usare in determinati circuiti, esclusivamente per spese indicate /imposte dal potere, probabilmente con una scadenza che impedirà l’esercizio del risparmio. Molte famiglie, inoltre – almeno otto milioni negli Usa – non hanno un conto in banca a causa di commissioni troppo elevate, crediti inesigibili o altri impedimenti. Costoro si rivolgono a società che incassano al loro posto, lucrando commissioni su redditi spesso modesti, frutto di lavori pesanti o sgradevoli. Cosa faranno quando neppure questa opzione- fonte comunque di sfruttamento usurario- non sarà più possibile?
La maggior parte di chi non ha conti bancari vive già al di sotto della soglia di povertà. Sarà ancora più difficile sbarcare il lunario, fare lavori saltuari, ottenere aiuto. Infine, per nessuno dovrebbe essere un obbligo aprire un conto corrente o possedere una carta di credito, in regime di libertà. Per molti, ci saranno problemi fastidiosi, più difficile pagare il parchimetro o ottenere il resto al bar. I poveri dovranno ricorrere a servizi come vaglia postali, banchi dei pegni o prestiti con anticipo sullo stipendio, per chi ce l’ha. Negli Usa, i cittadini con reddito inferiore ai 25 mila dollari annui usano soprattutto contanti. Saranno loro a subire le peggiori conseguenze del mondo cashless. Insomma, chi, per una ragione o per l’altra, non avrà accesso alle carte di credito, sarà escluso dalla vita. Che ne sarà dei disoccupati? E se – cosa sempre più probabile nel regime di contrazione progressiva delle libertà- venissero bloccati i conti e le card dei dissidenti, o tale misura diventasse una vera e propria pena accessoria in un futuro distopico, ma per niente impossibile? Non si tratta di una condizione ideale per alcuno. Inoltre, il potenziale di abuso diventerà un problema centrale: se ogni centesimo guadagnato viene tracciato e registrato, non avremo alcuna privacy finanziaria e saremo a rischio molto maggiore.
Molti tengono parte dei risparmi a casa per le emergenze. Ma cosa succede quando finiamo i contanti? Tutti i soldi che abbiamo messo da parte negli anni dovranno tornare alla banca e perderemo il controllo della nostra vita. Se poi si verificasse – o peggio venisse dolosamente provocato- un evento d’insolvenza di tipo cipriota e argentino, è già operativa la legge chiamata bail-in, per la quale pagheremo noi per i disastri del sistema finanziario e gli errori del potere politico.
E’ già accaduto, con la vicenda del fallimento cipriota di alcuni anni fa – uno Stato membro dell’UE. L’Italia ha un sistema bancario a rischio, in gran parte in mani straniere. Non vi è nulla di inverosimile, non sono possibilità limitate a mondi lontani: l’attacco diretto al nostro denaro può accadere qui e adesso. L’impianto legislativo per l’esproprio legale è attivo. Nella nazione guida del capitalismo, gli Usa, dopo salvataggi bancari a spese del contribuente nella crisi del 2008, la legge vieta il salvataggio statale, ma consente il bail-in, cioè l’esproprio dei depositanti. L’UE non è da meno. Vi è anche il fenomeno della confisca dei beni civili. Un’entità economica finanziaria o il governo può sequestrare la mia proprietà o il mio denaro anche se non sono condannato per un crimine. Immaginiamo quanto sarà più facile se tutti i nostri dati e averi saranno immediatamente individuati e bloccati con un semplice clic.
Un certo numero di siti web, canali indipendenti e account sono già stati eliminati. Per andare oltre, basterà imporre multe- direttamente prelevabili dai nostri conti o card – senza difesa, e le opinioni sgradite al sistema di potere saranno ridotte sul lastrico e costrette al silenzio in un’assordante autocensura. Forse siamo solo paranoici, teorici della cospirazione. Forse. E se invece- basta guardarsi intorno- quel che temiamo fosse vero, in tutto o in parte, o il futuro fosse peggiore di quanto paventiamo? Attenti: il denaro ha mille difetti, ma è un elemento di libertà, di scelta, di sicurezza. Se è nelle “mie “mani, non nei “loro” artigli.
Meditate, gente, meditate, se avete ancora un neurone libero nel cervello. Non regaliamo al nemico – sì, il nemico – la nostra libertà di scelta per pigrizia, paura, accidia. Non varranno a nulla le lacrime di domani.