APPROFONDIMENTI: New York approva l’aborto tardivo
Pare che da oggi a New York sarà possibile abortire oltre le 24 settimane.
Stupore? No, nulla cambia dal concepimento alla nascita o al post-parto, lo scandalo segnato dall’uccisione di un figlio dovrebbe scandalizzare fin da quando un test di gravidanza conduce una donna ad annunciare l’attesa di qualcuno che non le appartiene. Ciò che fa male, in particolare per una donna, è pensare che una madre possa negare il sussulto nel suo grembo fino a negare una verità visibile. Se dovessi pensare al mio ideale teorico di discriminazione più profonda non penserei ad altro se non al diritto che un essere umano arroga su di sé di farsi esecutore mortifero del diritto alla vita altrui per presunzione personale. Di quale tipo d’uomo sarà ancora possibile parlare per coloro che riescono a tollerare l’omicidio su chi, in noi, risiede come in una culla, convinto di essere al riparo e non nella tana del boia? Quale umanità avrà voce per coloro che non si alzeranno coraggiosi a difesa del futuro dell’umanità?
Un male talmente evidente e subdolo da occultarsi. Il tempo è tiranno purtroppo, sicché durante il primo convegno nazionale del giornale (primo di una lunga serie stando al successo indiscusso constato durante e a seguito delle due giornate trascorse a Montecatini) non ho avuto modo di approfondire la linea ininterrotta fra la provocazione distopica postumanista e quell’architettonico processo decostruttivo dell’oggettivo o del “naturale”, in atto oramai da diversi anni sotto vari abbinamenti creativi di un sentire aleatorio del desiderio come diritto e del possibile come doveroso. Rientrano in siffatti meccanismi normalizzanti l’aborto tardivo e l’infanticidio neonatale dei figli nati vivi; una pratica più diffusa di quanto il limite, insito nell’irrazionalità sovente tipica di un dramma di simile statura, possa consentire alla comprensione. Non è una notizia recente, il rituale eutanasico per le cosiddette “pre-persone” o “persone potenziali”, è stato presentato quale avvenimento gravoso, lesivo oltremodo della dignità dell’essere umano, al Centro Europeo per la Legge e la Giustizia (ECLJ), attraverso una petizione all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (per la lettura: http://9afb0ee4c2ca3737b892-e804076442d956681ee1e5a58d07b27b.r59.cf2.rackcdn.com/ECLJ%20Docs/Late%20Term%20Abortions%20and%20Neonatal%20Infanticide%20in%20Europe%2C%20ECLJ%2C%2018%20June%202015.pdf ).
Cosa si denuncia? In numerosissimi Paesi europei dove avvengono pratiche abortive tardive (fino a 24 settimane nel Regno Unito), accade che l’iter chirurgico per l’interruzione volontaria di gravidanza non proceda secondo le prestazioni consuetudinarie tipiche di una maternità bloccata anzitempo compromettendo il “successo” abortivo e procurando non la morte, ma il proseguimento vitale del concepito. Di norma neonati prematuri voluti dalla famiglia, la cui nascita anzitempo è comunque affidata al suo naturale svolgimento direzionato intenzionalmente alla sopravvivenza del bambino, vengono assistiti, alimentati, curati o, qualora le condizioni gravi non lo consentissero, accompagnati fino alla morte, che è un’azione opposta dal procurare la morte, atto insito tanto nell’aborto prenatale quanto nell’aborto post-natale, altresì noto come feticidio/infanticidio. Quanto denunciato nel documento allegato è che un quantitativo non irrisorio di figli nati vivi da procedure abortive, contrariamente a quanto dovrebbe accadere per ogni prematuro, vengono abbandonati agonizzanti o indotti alla morte mediante interventi di tipo eutanasico quali: somministrazione di iniezioni letali, soffocamento o abbandono tra gli scarti biologici. Il documento
-la cui lettura d’obbligo- è agghiacciante poiché raccoglie diverse dichiarazioni di medici, ostetriche, operatori sanitari di vario genere, a testimonianza di trattamenti disumani, talvolta all’oscuro dei genitori stessi: feti nati vivi e condotti in luoghi diversi dalla sala parto, lasciati moribondi o perfettamente sani ma soppressi perché errore disatteso per una prassi del desiderio libera dalla loro esistenza, tremendamente reale, razionalmente effettiva, scientificamente comprovata. L’appello costituisce un dossier di estremo rigore metodologico ed esito inconfutabile di un laborioso processo d’indagine azionato da quattro ONG (International Catholic Child Bureau; World Union of Catholic Women’s Organisations; Federation of Catholic Family Associations in Europe; European Centre for Law and Justice) nel quale viene riportato lo studio messo in luce dal British Journal of Obstetrics and Ginecology dove si dichiara che «a 23 settimane di gravidanza il numero di bambini che sopravvive a un aborto è pari al 10%», dunque il fatto che in molti ospedali europei buona parte di costoro muoiano per soppressione diretta è inaccettabile. Il fatto stesso – sostengono- che sussista una tale violenza nei confronti di esseri umani (quando vige maggior tutela legislativa per i cuccioli di mammiferi) urge che si applichino misure forti per «riaffermare che tutti gli esseri umani nati vivi hanno lo stesso diritto a vivere e dovrebbero beneficiare di cure e trattamenti appropriati e necessari, senza alcuna discriminazione basata sulla modalità della loro nascita, in coerenza con i diritti umani». Singolare il fallimento di questo tentativo al quale profili responsabili di mettere in moto meccanismi sovversivi di un tale, nuovo, crimine contro l’umanità dei piccoli concepiti, non vollero fornire risposta che avrebbe evidentemente comportato l’ammissione di un problema per la menzognera cultura dell’ineguaglianza, la medesima che ammanta d’oro l’individuo come potente esercente poteri omogeneizzanti attuati in claustrofobiche parentesi di dominio della libertà altrui: dover ammettere che il feto, ne consegue il neonato anche prematuro, è titolare di diritti.
Ora, esonerando grossolane oratorie dispersive per evitare l’impatto cruento di una verità mortifera: l’aborto tardivo avviene solitamente mediante dilatazione-evacuazione/aspirazione, previa somministrazione letale nel cuore del piccolo o nel cordone ombelicale, a seguire l’estrazione. Magari in uno dei prossimi articoli mi dilungherò su di un’altra tipologia abortiva praticata fino al nono mese di gravidanza, la cosiddetta “nascita da aborto parziale”, durante il quale «si dilata il collo dell’utero e s’inverte la posizione normale del bambino collocando i piedi verso la vagina. Si estrae tutto il corpo eccetto la testa; si fa una profonda incisione alla base del cranio, ancora dentro l’utero, e si aspira il cervello. Poi si estrae il tutto» (R. Lucas Lucas, Bioetica per tutti, pg. 134). Ci tengo a sottolineare che richiedere l’IVG fino a ridosso del termine della gravidanza non è inusuale, tant’è che nel Colorado, anno 2015, è stata avviata una causa federale per il caso di una donna nella quale è stato erroneamente dimenticato nell’utero un frammento del cranio del figlio di circa 4 cm, il quale ha compromesso irreversibilmente la sua capacità di avere altri figli.
Prima della riflessione conclusiva vorrei proporvi la lettura di questo mio articolo nel quale accennavo solo alcune delle innumerevoli informazioni ad oggi in nostro possesso sulla realtà del feto nelle varie settimane di gestazione (https://kairosgiuliabovassi.wordpress.com/2017/06/15/io-sono-da-sempre/ ) tra le quali ne riprendo una, in particolare: la sofferenza del bambino. Nel contributo «Dal dolore fetale alla programmazione fetale» del dott. V. Glover, Institute of Repruductive and Developmental Biology, egli racconta i fatti all’origine della ricerca sul dolore provato dal feto condotta assieme al collega Nick Fisk, ginecologo specializzato in medicina fetale. In estrema sintesi, quanto riportato nel testo «Sento dunque sono» a cura di Carlo Bellieni, è che fino agli anni Ottanta durante la formazione medica veniva insegnato che i neonati non provano
dolore, tant’è che «quando venivano operati erano soltanto immobilizzati, non anestetizzati». Alcuni predecessori dei nostri due ricercatori, decisero di aprire un interrogativo sul dato i cui risultati preparano il terreno alle ricerche condotte da Fisk e Glover. I due optarono per un’osservazione approfondita del feedback biologico del feto in fasi di maturità gestazionale differenti e per farlo verificarono la risposta allo stress potenziale provocato da un ago introdotto nell’addome contestualmente a iniezioni clinicamente previste per la madre. Videro che il bambino rispondeva all’invasore esterno con «una reazione lenta di cortisolo e delle endorfine, 10-20 minuti, e una risposta molto rapida della noradrenalina, come nell’adulto (…) c’era anche una ridistribuzione del flusso sanguigno al cervello».
Ora lascio a voi intendere quale scenario si prospetta per il piccolo, entro il grembo matero, un microcosmo di sicurezze vitali, quando ne viene indotta l’espulsione forzata mediante IVG.
Sono abbastanza sicura che il contatto extra-ordinario con una realtà documentata di questo genere provochi da sé lo sfacelo di una neo-verità che adduce legittimità morale, giuridica, sociale ad un omicidio che si presenta innanzi al nostro volto. D’altronde il punto di rottura che madri spinte a negare la loro maternità subiscono, avviene dopo lo scandalo innescato dal lampo fulmineo che solo una verità mostratasi al cavernicolo rinchiuso in bolle concettuali, ideologicamente educate all’evanescenza, può causare. Ma quell’istante in cui si urla al pentimento è posteriore all’istante in cui ha prevalso l’inganno. La nascita, come sostiene P. Singer, noto animalista e bioeticista, pioniere dell’infanticidio, non apporta niente di eccezionale rispetto a ciò che la precede e a quanto la segue, essa è solo un evento di passaggio, quasi uno slittamento continuativo, ragion per cui -secondo il filosofo- chi è favorevole all’uccisione del feto prima non può non esserlo anche dopo, poiché si tratta del medesimo organico e ciò che si rende legale prima non trova ragione di illegalità dopo qualche mese o settimana. Paradossalmente la sua tesi a sostegno dell’aborto post-nascita, conferma chi, all’opposto, è fermamente convinto che quell’essere umano (d’altronde che altro potrebbe essere il frutto proveniente a sua volta da creature appartenenti alla stessa specie?!) vada tutelato dal concepimento alla morte naturale, poiché egli è, assolutamente e radicalmente uno di noi. «La coscienza obbliga sempre, anche nell’errore»: tutti noi siamo ciascuno di questi concepiti innocenti. Restare indifferenti pensando di esserlo davvero dinanzi la loro soppressione è una morte autoinflitta. Si muovono, tremano le sbarre dietro cui anni di cecità rinchiudono la verità; abbiamo il coraggio di vedere?
«Mihi questio factus sum»
http://9afb0ee4c2ca3737b892- e804076442d956681ee1e5a58d07b27b.r59.cf2.rackcdn.com/ECLJ%20Docs/Late%20Term%20Abo rtions%20and%20Neonatal%20Infanticide%20in%20Europe%2C%20ECLJ%2C%2018%20June%202 015.pdf
http://abortiondocs.org/wp-content/uploads/2017/04/Hern-Warren-2017-02-28-Debuhr-v.-Hern-defendants-unopposed-motion-for-summary-judgement.pdf