APPROFONDIMENTI: testo integrale della audizione informale presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 18 febbraio 2020 in materia di discriminazione per motivo di orientamento sessuale o identità di genere

 

APPROFONDIMENTI: testo integrale della audizione informale presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 18 febbraio 2020 in materia di discriminazione per motivo di orientamento sessuale o identità di genere

ATTENZIONE: pubblichiamo il presente testo integrale su indicazione dell’autrice, con permesso e nel rispetto delle norme vigenti. Per eventuali rivalse sulla privacy e il copyright della pubblicazione si chiede cortesemente di contattare la Redazione. Chi volesse ripubblicare il medesimo testo è pregato di fare riferimento a Il Pensiero Forte come prima fonte del documento. 

 

Dott.ssa Giulia Bovassi

18 Febbraio 2020, Roma

 

 

Audizione Informale sui provvedimenti C. 107 Boldrini, C. 569 Zan, C. 868 Scalfarotto, C. 2171 Perantoni e C. 2255 Bartolozzi concernenti: Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere.

 

 

Ringrazio Presidente e Commissione per questa occasione di approfondimento e un saluto cordiale a tutti i presenti,

dopo aver preso visione delle proposte di legge C. 107 Boldrini, C. 569 Zan, C. 868 Scalfarotto, C. 2171 Perantoni e C. 2255 Bartolozzi concernenti: modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, in linea con le qualifiche professionali che mi sono proprie, propongo le seguenti osservazioni di taglio, quindi, bioetico e biopolitico, perciò filosofico.

Ci tengo a sottolinearne l’inclinazione per la semplice ragione che, sovente, siamo erroneamente succubi di tecnicismi e carenti sul piano etico e sul pensiero critico, al punto da considerare l’apporto etico estraneo all’agire politico e sociale. Niente di più errato, considerando colui a cui si rivolge, l’essere umano in quanto «agente morale»[1].

L’oggetto in discussione oggi non inerisce a un approfondimento sui concetti di “identità di genere” e di “orientamento sessuale”, bensì nel tipo di condizione civile, giuridica ed etica necessaria al fine di preventivare atti definiti “omofobici”. Ne nascono, assieme, un’occasione e un rischio: l’occasione di tornare a far tuonare la riflessione etica ponendola sul piano ontologico e antropologico in ordine alla natura dell’essere umano esulando da qualsivoglia riduzionismo ideologico; il rischio, invece, che su quest’ordine, da cui derivano precisi principi, diritti e doveri, si inneschino misure avverse all’uguaglianza e alla libertà, perciò antagoniste alla giustizia stessa, finalizzata al bene comune. I fattori in gioco sono: la comprensione dell’autentico significato dei diritti umani, assieme a quello della dignità intrinseca dell’essere umano, ovvero della natura della persona da cui deriva la constatazione dell’uguaglianza sostanziale tra individui e il diritto inalienabile alla libertà, nel suo autentico significato.

 Quando si parla di “discriminazione” è necessario tener presente che “discriminare” etimologicamente deriva da “discrimen” “separazione”, da cui discernere, inteso letteralmente come “separare”, ovvero porre a distinguo ciò che è bene e ciò che è male; compiere un atto intellettuale di pensiero critico a giudizio sulla legittimità o meno del soggetto o dell’oggetto al centro del distinguo. Discriminare è il contrario di omologare e normalizzare, atti che derubano al dissimile il prestigio valoriale della differenza sulla quale giace la propria peculiarità., ove questi due termini stanno ad indicare l’eliminazione preventiva, apposta intenzionalmente in un contesto, di fornire, disporre, indagare, garantire l’equità tra due teorizzazioni poste agli antipodi, in modo tale che si possa pianificare un confronto e, dal confronto, decidere, secondo recta ratio, quale delle due posizioni ritenere sostenibile.

Pertanto, distinguere tra due entità differenti non è ineguale e non è avverso alla giustizia, che si occupa non di accorpare accozzaglie disarmoniche in un macro-contenitore in sé contraddittorio, al contrario di rischiarare zone d’ombra per una visibilità ottimale e corretta. Si dirà ineguale, allora, il discrimine (nel significato di cui pocanzi) tra entità fra loro sostanzialmente uguali, considerandole diverse. L’omologazione è l’opposto dell’accoglienza. Si tende ad appiattire neutralmente ciò che, esistendo nei suoi tratti originari, risulta inaccettabile in sostanza, non nelle scelte personali. Qui vige il grosso problema in questione: percezione sulla propria identità di genere e orientamento sessuale, partono entrambe dalla premessa di descrivere tratti di una persona come tutte le altre, uguale in dignità, che compie su di sé e la sua vita determinate scelte soggettive e contingenti. Il valore in quanto essere umano non è messo in discussione dalle scelte che fa tantomeno da parte di coloro che non le condividono, motivo per cui il giudizio di legittimità morale ricade sugli atti e mai condanna chi li compie. Banalizzando: è possibile manifestare disaccordo con la scelta di ricorrere alla chirurgia estetica (per fare un esempio) senza che questo si assimili ad un atteggiamento denigratorio o fobico nei confronti della persona in quanto tale, che detiene dignità intrinseca a prescindere dalle propensioni che la determinano o sulle quali trova identificazione nel ricorso a precise azioni sul proprio corpo, che è parte integrante della globalità della persona. L’identità ontologica della persona umana è il fondamento del diritto[2], e si definisce inviolabile nella sostanza per il solo fatto di appartenere alla specie umana. Questa è la base su cui si fonda l’universale riconoscimento (non attribuzione) della «dignità forte»[3], intrinseca umana a ciascuno dei suoi membri indistintamente, ed è questa la radice dalla quale dipartono concetti fondamentali come libertà e uguaglianza. Ciò non avviene a discapito dell’alterità, ma nel dialogo fra opposizioni in un ambito che si suppone eterogeneo di default, in virtù della variabilità stessa incisa nell’umanità. Differenza non è sinonimo di inegualità o di diversità. Come afferma il rinomato filosofo del diritto e giurista spagnolo Javier Hervada,

(…) il principio di non discriminazione non vuol significare che bisogna «dare a tutti la stessa cosa», questa infatti non è la formula della giustizia, ma che bisogna «dare a ciascuno ciò che è suo». La giustizia tratta tutti allo stesso modo nel senso che dà a tutti il loro diritto in ugual modo, ma non necessariamente dà a tutti le stesse cose se non tutti ne sono titolari. (…) La giustizia dà a ciascuno in ugual modo i suoi diritti, ma non distribuisce i diritti: questa distribuzione compete in parte alla natura e in parte alla società umana.[4]

Tentare di accedere alla penalizzazione contro forme di discriminazione particolareggiate nel ruolo di aggravanti, come accadrebbe in forza dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere del soggetto che si definisce offeso, significa porre un precedente di disuguaglianza, di privilegio di alcuni specifici “gruppi vulnerabili” rispetto ad altri, per i quali non sono contemplate clausole a parte dalle già macro-sezioni presenti giuridicamente sul piano nazionale[5] e sovranazionale, applicate ed efficaci nella protezione degli individui dall’incombere in ingiustificati trattamenti a loro svantaggio, violenti o mortificanti.

Il rischio di ammiccare tangibilmente all’iniquità concorre all’indeterminatezza di numerosi termini dell’oggetto in questione, insinuandosi nel precetto universalmente accettato dell’uguaglianza sostanziale tra uomini, garante di libertà e diritti, facendo già presagire l’estensione di questo serio pericolo in materiale attualmente disponibile che qui rapidamente vi evidenzio e sul quale sarebbe doveroso organizzare ulteriori sedi di indagine scientifica.

La definizione di “omofobia” alla quale tendenzialmente viene fatto riferimento, in quanto non sembra esserci una definizione univoca comunemente condivisa (non si trova traccia tra le “fobie” del DSM) è quella data dalla Risoluzione del Parlamento Europeo sull’omofobia in Europa (2006)[6]. Nel sito dell’Istituto A. T. Beck di Terapia Cognitivo Comportamentale, conosciuto per aver realizzato gli opuscoli UNAR “Educare alla diversità a scuola[7] , sotto la voce “Che cos’è l’omofobia?” si legge:

Noi all’Istituto Beck definiamo omofobia “quell’insieme di pensieri, idee, opinioni che provocano emozioni quali ansia, paura, disgusto, disagio, rabbia, ostilità nei confronti delle persone omosessuali”.

(…) Omofobi si nasce o si diventa?

È importante ricordare che non si nasce omofobi; lo si diventa attraverso l’educazione, i messaggi, diretti e indiretti, che la famiglia, la politica, la Chiesa e i media, ci trasmettono. (…) Molto dipende anche dal posto antropologico in cui nasciamo e cresciamo. Nei paesi a prevalenza cattolica come l’Italia (non a caso uno dei pochi paesi occidentali dove ancora non c’è alcun riconoscimento delle coppie dello stesso sesso), la Chiesa esercita un’alta ingerenza sulle famiglie, sulla politica e sulla capacità legislativa conseguente.(…) Quindi, per riassumere, diremo che l’omofobia scaturisce da tutti quei messaggi negativi nei confronti degli omosessuali, frutto dell’educazione che abbiamo ricevuto, che dipende ovviamente non solo dalla nostra singola famiglia, ma anche dal posto antropologico in cui siamo nati e cresciuti e dalle principali istituzioni della nostra società, quali la scuola, lo Stato e la Chiesa.

Vuoi verificare se e quanto sei omofobo? Ecco alcune affermazioni tratte dalla Scala Italiana per l’Omofobia.

  • Ho paura che i rapporti omosessuali siano una minaccia per la società in quanto contribuiscono alla diminuzione delle nascite
  • Cambierei opinione e sentimenti verso un amico se venissi a scoprire che è omosessuale
  • I gay e le lesbiche non dovrebbero rivelare ai loro genitori la propria omosessualità, per non farli soffrire troppo
  • Il comportamento omosessuale non costituisce un buon esempio per i bambini
  • Un buon calciatore non può essere gay
  • La cultura omosessuale (libri, film, televisione, ecc.) può essere pericolosa perché può provocare un aumento dei casi di omosessualità
  • Se i gay e le lesbiche vogliono avere gli stessi diritti degli eterosessuali devono rinunciare alla loro omosessualità
  • Se scoprissi che il mio superiore è omosessuale, avrei paura delle richieste e/o delle pressioni sessuali che potrebbe farmi
  • Mi procurerebbe disagio ospitare in casa per la notte una coppia omosessuale

 

Inoltre, a ulteriore rafforzo sul rischio di una malizia discriminatoria sull’uguaglianza tra “alcuni individui” e altri individui, presento anche alcuni riferimenti tratti da articoli scientifici sul tema “omofobia”, come ad esempio l’articolo “Oltre l'”omofobia”: Pensare al pregiudizio sessuale e allo Stigma nel ventunesimo secolo” scritto da Gregory M. Herek, tra le più autorevoli voci accademiche sullo studio e analisi del termine “omofobia” e membro dell’American Psychological Association (APA), il quale afferma:

In primo luogo, mentre l’omofobia è troppo limitata nella sua caratterizzazione dell’oppressione come, in definitiva, prodotto della paura individuale, è contemporaneamente anche troppo ampia nella sua applicazione. Ora viene utilizzato per comprendere fenomeni che vanno dal pensiero privato e sentimenti dei singoli alle politiche e alle azioni dei governi, corporazioni e religioni. Il fatto che l’omofobia sia usata in modo così ampio è di per sé un’indicazione della necessità di una maggiore sfumatura teorica di riferimento per distinguere tra i molti fenomeni a cui si applica.[8][9]

 

In un secondo lavoro, l’autore fa riferimento altresì ad una sorta di lista di «correlazioni» su parametri guida che egli specifica non potersi prendere con certezza ed evidenza scientifica, ma con lettura prudenziale. Il motivo per cui indico tale strumento consiste nella provocazione alla riflessione anche su possibili effetti da considerarsi nell’implicazione giuridica di un concetto ambiguo come quello dell’omofobia.

Tenendo conto di queste considerazioni, quali caratteristiche tendono ad essere associate al pregiudizio sessuale?

Correlazioni demografiche           

A differenza degli eterosessuali con atteggiamenti favorevoli nei confronti dei gay, quelli con atteggiamenti negativi hanno più probabilità di essere:

uomini

adulti/anziani

meno istruiti

che risiedono in aree geografiche in cui gli atteggiamenti negativi rappresentano la norma (ad esempio, le zone rurali o il Midwest o il Sud degli Stati Uniti).

 

 

Valori politici e religiosi

 

 A differenza degli eterosessuali con atteggiamenti favorevoli nei confronti dei gay, quelli con atteggiamenti negativi lo sono:

più propensi a frequentare frequentemente le funzioni religiose

più propensi a sostenere le credenze religiose ortodosse, come la lettura letterale della Bibbia

più probabile che sia un Repubblicano che un Democratico o un Indipendente

più propensi a definirsi politicamente conservatori, piuttosto che liberali o moderati.

 

Personalità e caratteristiche attitudinali

 

            In contrasto con gli eterosessuali con atteggiamenti favorevoli verso i gay, quelli con atteggiamenti negativi:

mostrano livelli più alti di autoritarismo psicologico

sono meno permissivi dal punto di vista sessuale

sono più favorevoli ai ruoli di genere tradizionali.[10]

 

 

L’impianto antecedente la formulazione della proposta è mal posto fin dalla progettazione, le cui fattezze impediscono costitutivamente di decretare la linea di demarcazione tra atteggiamenti di disparità e disuguaglianza, e psico-reato, plasmando ab origine un costrutto di sorveglianza legale sul foro interno del singolo cittadino, entrando nella coscienza e nello sviluppo maturativo virtuoso, morale, culturale e personale, mantenendolo entro confini prestabiliti d’impedimento alla libertà stessa.

 

Il nostro territorio nazionale è stato teatro di fenomeni in cui la libertà d’espressione e manifestazione di eventi culturali mirati ad approfondire (o semplicemente esprimere adesione) la realtà familiare, sono divenuti oggetto di persecuzione della libertà già nell’anticamera divulgativa dell’evento (prima che si verificasse) fondata sul pregiudizio omofobico e d’odio, che si è riversato in azioni profondamente lesive e, sì, discriminatorie, per la libertà dei professionisti ospitati, delle attività commerciali di ristorazione (come denunciato dalla Cooperativa Albergatori Veronesi e l’Associazione Albergatori di Confcommercio Verona)[11] e dei partecipanti denigrati con epiteti impropri e privi di tolleranza.[12] Ma si potrebbe tornare anche sul famoso “caso Barilla” che a causa non di discriminazione fobica, bensì di divergenze d’opinioni culturali, antropologiche, etiche e personali decise il totale libertà e autonomia di dichiarare durante un’intervista radiofonica la sua propensione per la famiglia naturale, pur rispettando in completa serenità chi esercita stili di vita o pensieri differenti. Questo ha scatenato il boicottaggio dei prodotti Barilla, in quanto dimostrazione comune di lotta all’odio.[13] Sul tema devo dire avermi particolarmente colpito leggere in coda al Dossier la panoramica sui due Paesi europei (ora tre, con la Svizzera) che già hanno adottato simili misure, ciò che la Francia prescrive penalmente come «reato di discriminazione (artt. Da 225-1 a 225-4, art. 432-7) ed ha riconosciuto la circostanza aggravante per i reati o delitti commessi in ragione dell’orientamento sessuale della vittima (art. 132-77)». Accadde sempre in Francia, lo scorso 25 ottobre 2019, che alla stimata filosofa francese Sylviane Agacinski dichiaratamente atea e femminista, venne impedito (il che equivale ad un fatto di censura e grave danno alla libertà d’espressione) di accedere alla sede dell’Università Bordeaux Montaigne per tenere una conferenza contro la maternità surrogata e la PMA, posizioni «reazionarie, omofobe e transofobe», così definite da enti e associazioni in opposizione alle argomentazioni dell’intellettuale francese.[14][15]

 

Qui si genera l’impalpabilità di una criminalizzazione di quanto viene percepito come discriminatorio o fobico. Sarebbe l’innesto di un pendio scivoloso verso dinamiche prevaricatrici a discapito di persone libere. Come saggiamente evidenziato dal giurista Mauro Ronco, le maglie tanto larghe del contenitore “discriminazione” o “istigazione alla discriminazione” per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, rendono praticamente indecifrabile ogni contenimento oggettivo di ciò che è effettivo e non presunto, reale o percepito, fobico o diverso, offensivo o discorde, al punto da invadere il campo educativo, etico, religioso che verrebbero silenziati per timore di subire i danni non previsti dell’imprevedibilità dell’essere umano. [16] La preziosità dell’integrità morale e religiosa, così come la disposizione alla libertà sono qualcosa che non può andare incontro a forme di normalizzazione obbligatoria aggravata dalla minaccia della persecuzione penale, se esse rientrano nei confini della pace civile, del pudore e del buon costume, nemmeno sotto sembianze “simboliche” della legge, considerando che essa limiterebbe

 

(…) in modo inaccettabile sia la libertà di espressione del pensiero sia la libertà e l’autonomia delle persone nell’esercizio dei propri diritti e nella regolazione dei propri interessi (…) Né può trascurarsi la possibile violazione degli artt. 18 e 19 della Costituzione, con riferimento alla libertà di associarsi e alla libertà di professare la propria fede religiosa, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, con il solo limite del buon costume. Invero, (1) se qualsiasi indicazione espressiva di un giudizio critico, sul piano scientifico, etico ed educativo, di determinati orientamenti sessuali; (2) se qualsiasi dottrina religiosa, che sostenesse la contrarietà al diritto naturale degli orientamenti sessuali, diversi da quello eterosessuale; (3) se qualsiasi espressione educativa, che si ponesse sullo stesso solco concettuale; se tutte queste forme espressive e i comportamenti pratici conseguenti fossero sottoposti a rischio di sanzione penale, grandemente offese sarebbero la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di educazione, la libertà religiosa, la libertà di associazione.[17]

 

Essa, inoltre, aprirebbe favorevolmente al pericolo di veder contrastata la spontaneità della libertà della differenza intellettuale od opinionista, che si porrebbe in tal caso, in contrapposizione con l’obbedienza cieca ad una legge che vigilerebbe su sentimenti e percezioni; quella cieca obbedienza la quale, proprio perché impossibilitata nel vedere, esula dalla facoltà di giudizio.[18]

Alla luce di quanto detto è imprescindibile focalizzare il paradosso interno a questo dilemma sul quale stiamo spendendo l’analisi etica: in forza della concezione filosofica tale per cui ciò che definisce pregiudica autorevolmente, si innescano meccanismi essi stessi di “controllo”, omologazione e appiattimento, allineati a ciò che si definisce “distopia” o “utopia rovesciata” ovvero «prefigurazione di una realtà altra, del tutto negativa, perché contrassegnata dall’assenza di libertà»[19]. Quanto descritto in termini di “rischio” insito nella proposta di legge, è esempio di quanto Michel Foucault definiva “biopotere” e “normalizzazione” intellettuale e sorveglianza sulle verità interiori delle persone; aspetti sollevati anche dal defunto intellettuale Roger Scruton portati a confronto con 1984 di George Orwell. La stessa filosofa Hannah Arendt nel testo “Verità e politica”, cita il pensiero di T. Hobbes dicendo

Non ho dubbi sul fatto che se la dottrina secondo le quali i tre angoli di triangolo sono uguali a due angoli di un quadrato fosse stata una cosa contraria al diritto di dominio di qualcuno o all’interesse di persone che detengono il dominio, essa sarebbe stata, se non contestata, soppressa con la messa al rogo di tutti i libri di geometria, per quanto ne fosse stato capace colui al quale la cosa interessava.[20]

Ella specifica che potere-forza e dominio costituiscono una triade pericolosa quando si dirigono contro la libertà di pensiero ed espressione. Come afferma lo stesso Kant «il potere esterno che priva l’uomo della libertà di comunicare pubblicamente i suoi pensieri, lo priva allo stesso tempo della sua libertà di pensare»[21].

I valori in bilico esigono che si applichi il principio di precauzione a tutela della libertà e dell’uguaglianza di qualunque essere umano, che si faccia carico degli effetti collaterali prevedibili tenendo in debito conto ciò che già è accaduto storicamente, quanto accade nell’attualità e la statura della civiltà che si dichiara favorevole ad un’umanità sostenibile, fondata su solide basi antropologiche incapaci di ridurre la persona ad astrazioni neutre.  Questo non preclude l’esigenza dell’ordine e dell’autorità giuridica che agisce su azioni concrete, riprovevoli, invasive e violente a prescindere dalla qualità del movente d’odio, a salvaguardia di ogni essere umano, dei principi non negoziabili e della sua dignità. Ma ciò deve poter essere un format culturale di comprensione del rispetto da mantenersi indistintamente verso chicchessia, senza argini discriminatori decifrabili in formule di uguaglianza parziale (dovute già solo all’indeterminatezza dell’oggetto di condanna), fautrici di crepe laceranti la strutturazione armonica sociale.

Il rischio è di legiferare sull’altra faccia, più silente, della questione, per dirla con G. Orwell, si tratta del “non-existing-person”: confinare la diversità affinché smetta di esistere pubblicamente e che, probabilmente, grazie al timore della sanzione imprecisa sull’oggetto di reato, cesserà di esistere anche interiormente. Il primo passo per non far esistere qualcosa è togliere la possibilità di discuterne. La sensazione è di voler agire proclamando l’uguaglianza, mentre la si nega ad altri. Una sorta di “bipensiero” o “nerobianco”, quella condizione orwelliana della neolingua capace di giustificare concettualmente una cosa e il suo contrario contemporaneamente, fluidificando confini oggettivi ai quali si rende la coscienza narcolettica.

Applicata a un qualsiasi termine di confronto, sottolinea l’abitudine di affermare, con la massima impudenza e a dispetto dell’evidenza, che il nero è bianco. Applicata a un membro del Partito, indica la sincera volontà di affermare che il nero è bianco quando a richiederlo sia la disciplina di partito. Indica, però, anche la capacità di credere veramente che il nero sia bianco e, più ancora, di sapere che il nero è bianco, dimenticando di aver mai pensato il contrario. Tutto ciò impone una continua alterazione del passato, resa possibile da quel sistema di pensiero che effettivamente abbraccia dentro di sé tutto il resto e che è noto in neolingua come bipensiero.[22]

 

 

Vi ringrazio per la vostra attenzione,

                        Dott.ssa Giulia Bovassi

 

 

 

 

 

 

[1] F. D’AGOSTINO, L. PALAZZANI, Bioetica. Nozioni fondamentali, Editrice La Scuola, Brescia 2013, p. 108

[2] Cfr. JAVIER HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, Giuffrè Editore, 1990, p. 56

[3] F. D’AGOSTINO, L. PALAZZANI, Bioetica. Nozioni fondamentali, Editrice La Scuola, Brescia 2013, p. 101

[4] JAVIER HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, Giuffrè Editore, 1990, p. 27

[5] «Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità`, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» e «Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [292, 371, 481, 511, 1177], di razza, di lingua [6], di religione [8, 19], di opinioni politiche [22], di condizioni personali e sociali.»

[6] https://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2006-0018+0+DOC+XML+V0//IT, cit. “(…) considerando che l’omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all’obiezione di coscienza”.

[7] https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/gender-la-scuola-stoppa

[8] https://psychology.ucdavis.edu/rainbow/html/Herek_2004_SRSP.pdf, tr. It. mia, cit., p. 11: «First, whereas homophobia is overly narrow in its characterization of oppression as ultimately the product of individual fear, it is simultaneously too diffuse in its application. It is now used to encompass phenomena ranging from the private thoughts and feelings of individuals to the policies and actions of governments, corporations, and organized religion. The fact that homophobia is used so broadly is itself an indication of the need for a more nuanced theoretical framework to distinguish among the many phenomena to which it is applied»

[9] Per ulteriori approfondimenti, cfr. https://psychology.ucdavis.edu/rainbow/html/prej_defn.html

[10] Tr. It. mia, cit., https://psychology.ucdavis.edu/rainbow/html/prej_corr.html

[11] https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/verona-minacce-albergatori-congresso-famiglie-109089/

[12] https://www.ilmattino.it/primopiano/politica/congresso_famiglie_verona_minacce_albergatori-4372331.html

[13] G. KUBY, La rivoluzione sessuale globale. Distruzione della libertà nel nome della libertà, Sugarco Edizizoni, 2012, p. 288

[14] Cfr. https://www.ilfoglio.it/bioetica-e-diritti/2019/10/25/news/le-femministe-cacciano-dall-universita-la-star-del-femminismo-agacinski-282981/

[15] Cfr. https://www.lefigaro.fr/actualite-france/sylviane-agacinski-annule-une-conference-sur-la-gpa-en-raison-de-menaces-20191024

[16] Cfr. la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) https://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf «Art.18 Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti»; «Art. 19 Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere».

 

[17] https://alleanzacattolica.org/considerazioni-su-alcune-proposte-di-legge-sull%C2%92omofobia/

[18] Posizione sostenuta anche da Michael Frauchiger, co-presidente del comitato svizzero “No ai diritti speciali!” (Sonderrecht NEIN!) dichiaratamente omosessuale, contrario all’introduzione di cambiamenti penali contro presunti reati di omofobia per due semplici ma fondamentali ragioni: la prima è che suddetta posizione pone gli stessi soggetti difesi in condizioni di disuguaglianza a “diritto speciale”, come lo definiscono o “trattamento speciale”, bisognoso di clausole ulteriori rispetto a quelle in vigore nel Paese contro forme di discriminazione e iniquità verso qualunque cittadino; la seconda è che si presta a forme di limitazione della tolleranza intesa quale habitus interiore, non passibile di forzature coercitive, in virtù dello stesso spirito democratico di confronto e condivisione, fermo restando la tutela anche in casi di trattamenti diseguali o violenza qualora fosse dimostrato il movente intransigente verso l’orientamento sessuale o identità di genere, così come accade per tutte le forme di discriminazione protette dalla legge; cfr. [18] https://sonderrecht-nein.ch/argumente/

[19] A. DA RE, Filosofia morale. Storia, teorie, argomenti, Bruno Mondadori, 2008, p. 108

[20] T. HOBBES, Leviatano, cit., cap. II in H. ARENDT, Verità e politica, Bollati Boringhieri, Torino 1995 e 2004, p. 33

[21] Cfr. I. KANT. Che cos’è l’illuminismo?, Editori Riuniti, Roma 1987; in H. ARENDT, Verità e politica, Bollati Boringhieri, Torino 1995 e 2004, p. 39

[22] G. ORWELL, 1984, Oscar Mondadori, Milano 2010, p. 237

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