APPROFONDIMENTI: voglia di rivoluzione

 

APPROFONDIMENTI: voglia di rivoluzione

Il fatto: la pagina Facebook di Gioventù Nazionale Roma ha condiviso un manifesto del Comandante Ernesto Che Guevara ucciso in Bolivia il 10 ottobre 1967.

Reazioni: “Mi fa rabbia!” risponde Giorgia Meloni (che stimo, unica donna in Italia alla guida di un partito) citando a memoria quattro eroi italiani che questi giovanotti ignorano.

Kaifa: il giornalismo perbenista borghese, che non vota a destra ma al massimo Berlusconi, si straccia le vesti cantando il vecchio ritornello che gli estremi si toccano formando un cerchio.

Social: Tam, tam dei pianisti, si apre il vaso di Pandora, dentro ci sono tutte le anime di ciò che resta di una storia immensa ed orgogliosa.

Potremmo chiederci, noi, non certo gli altri: “Quanto manca alla fine della notte?”

Considerazioni

Prometeo era un antropofilo titano in lotta contro Zeus, simbolo dello spirito ribelle all’imperium divino che piega gli uomini a un destino terribile: la morte.

Fu lui a creare l’uomo come nella Genesi, creta animata da un soffio vitale, fu lui a distribuire copiose qualità agli umani, rubò persino il fuoco per scaldarci, finendo così fiondato nel buio Tartaro.

C’è del Che nel mito della rivolta degli oppressi contro i divini padroni, una guerra, per noi, con paladini quali il nizzardo Garibaldi, Enrico Toti, Cesare Battisti, Nazario Sauro, Italo Balbo, cavalieri senza paura del nostro lungo Risorgimento, colla dell’orgoglio nazionale, poi ghigliottinato dal ’22 al ’45, lì solo teste da tagliare per respirare l’aria frizzantina della reconquista dem. Velina comunista propinata nelle sezioni, nei sindacati, sui palchi dei comizi, grimaldello per sedersi alla regia del potere, invitando le chiese bianco-rosse all’ecumenismo. Tempi lunghi per espugnare il castello, un lungo assedio, avanguardie dei proletari votate all’assedio con torrenti di parole, arma principe degli “intellettuali”, meretricio di scopo, con Zeus Partito che ti guarda, nulla gli sfugge.

Dissenti? Puzzi di fascismo, chi pronuncia un timido ma… a scuola, in fabbrica, col culo seduto a una scrivania, puzza di reazionario, flirta col revisionismo, perciò la Patria fu trasformata in Paese (gran cruccio di G. Ceronetti) diventò un’ammucchiata incollata dalla Liberazione. L’antifascismo si fece regime, nel cul-de-sac, c’era e c’è solo quello, anche gli ultimi arrivati invocano il certificato antifascista chiudendo ai vinti Colle Oppio.

Nel frattempo la classe operaia, non ha conquistato il paradiso di Petri ma la cantina, roba vecchia la lotta di classe riposta anche da Rifondazione, i numeri della società postindustriale dicono che la borghesia ha stravinto. La platea elettorale è la banda larga dei colletti bianchi, gli illuminati “aperti” al cinguettio del libero mercato, megafoni del pensiero corretto in marcia verso la valle del progresso, ben diversa da quella di lattuga dell’Eden di James Dean.

Zeus ha cambiato ingredienti gettando zucchero ai porci senza ali, affamati di libertà assoluta, senza catene, quel “diritto delle minoranze” fino all’io, amalgamato con la beciamelle di animalismo, ecologismo, gender, pacifismo, canne, aborto, eutanasia, raccolte Telethon per sentirsi buoni, 2 euro da smartphone per i terremotati. Non entreremo in questa nuova chiesa dei connessi a recitare il rosario dei misteri sciocchi dei suoi fedeli.

I fatti che ci interessano sono altri, dicono che la forbice del Grande Sarto è ben aperta, l’1% della popolazione possiede il 50% della ricchezza mondiale e il compasso si allarga, vae victis ! Le nuove povertà non dormono nei cartoni, romanticismo da clochards, salvezza dei samaritani, i border line sociali hanno un job precario, orari da schiavi, salari minimi, pensioni evaporate, contributi vuoti. Gli affamati di dignità sociale, sparano inutili CV, cercano tra amici, parenti, conoscenti, quel diritto al lavoro, base retorica repubblicana. Vogliono una stabilità imparata dai genitori non l’elemosina del welfare giallo-verde, non legano con spago le valigie di cartone, ma partono zainetto in spalla a cercare quel che il loro Paese gli nega. Potrebbero gridare con Brasillach: “Il mio paese mi fa male per la sua falsità da schiavi, /con i suoi carnefici di ieri e con quelli di oggi/ mi fa male col sangue che scorre,/ il mio paese mi fa male. Quando riuscirà a guarire?

Gli espulsi dalle fabbriche svendute al peggior offerente, quelli vomitati come un eccesso di cibo, i soprannumerari coi capelli grigi, ingoiano pillole di formazione prognosi della disoccupazione, finanziando i corvi. Sono cose arcinote, piaghe del nostro corpo malato, sappiamo che le medicine della farmacia BCE-FMI oltre ad essere mortali per le controindicazioni, ci renderanno anoressici in attesa del trapasso. Una pulizia sociale che non bada a spese pur di sostituire l’uomo con gli androidi, liberazione del Capitale dal salario, dai contratti, dagli scioperi, da ferie, maternità, contributi e quant’altro, l’era della cameriera robot Caterina del profetico film di A. Sordi sta arrivando, non ha suoceri, fa l’amore senza consenso.

Alla cancro del sistema si lega il necrologio dell’identità nazionale (El Che disse invece Patria o muerte!) cessione a saldi della sovranità in cambio della circolazione di merci, persone, quattrini, derivati tossici, euro regolamenti capestro dell’UE. Ai giovani sognatori di una possibile rivoluzione nazionale non bastano i pannolini caldi del Def giallo-verde, tanto meno quelli di una Destra titubante, barricata in casa in attesa d’un governo di centro col rimmel della fiamma, si batte il passo per dire presenti! senza correre i rischi dell’assalto. I giovani però sono puledri, vogliono la pista sgombra da compromessi, soffrono l’assenza di eroi che gridino: alla riscossa! I “rossibruni” (ultimo neologismo dei media), aspettando un Godot che non arriva, si stringono nel ricordo del guerrigliero dei due mondi Ernesto Rafael Guevara De la Serna visto come simbolo d’ una rivoluzione ideale, in mancanza della tigre si cavalca il mulo in Bolivia.

La sua immagine fissata da Korda, nel ‘60 ai funerali di alcuni operai, diventò icona feltrinelliana del mito, santino da appendere in camera, in sezione, portare sulla t-shirt, fu identificazione del ribelle contro la borghesia, fu però guerra farlocca combattuta in casa della stessa classe, per sfondare i valori della tradizione, consegnarsi al neopositivismo, alla prostituzione morale con stratosferici guadagni.

Saltiamo la tiritera del ’68, del cerchio rivoluzionario spezzato dai manganellatori missini, scoloriamo per un attimo la memoria tragica del terrorismo made in Italy, gli anni del rampantismo,  dei tramonti creduti impossibili (l’U.R.S.S.), tra implosioni-esplosioni di nuovi orizzonti, gli uomini sono diventati, a est e a ovest, cani da tartufi, raspano il terreno cercando tuberi dorati, cose, poi altre cose sempre più appetitose per rendere trimalciona la propria esistenza. Così dopo la morte di Dio c’è stata un’ecatombe, il progresso stupra quel che resta del pensiero divergente, a nulla servono i condom per non lasciarsi contaminare dalla sifilide del nichilismo.

Questo il quadro dell’evoluzione senza alcuna Apocalisse, la parusia nessuno la conosce e poi c’è quella frase profetica del Vangelo citata da Papa Benedeto XVI all’inizio del suo pontificato:”Il Figlio dell’uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla terra?” no comment visto lo stato di fatto delle chiese tutte, non solo quella di Roma.

Allora? Certo la nostra Patria è zeppa d’ eroi come ricorda il Palazzo della Civiltà, cu furono grandi combattenti col fuoco patrio nelle vene, quelli che si sono giocati anche l’ultimo frammento di cuore, ma adesso siamo un Paese beato che sembra non aver bisogno d’ eroi, citando Brecht.

La rivoluzione chi la fa? I morti ammazzati all’alba della vita son serviti a cosa? Alle commemorazioni.  Poi c’era stata Fiuggi a depurare reni e vesciche del popolo ribelle, il resto è storia ignobile di colonnelli in fuga dopo la diaspora dal PdL. Eppure Maria resiste, è là fuori del liceo a distribuire volantini, ha coraggio da vendere conservando il suo sorriso, è l’altra sponda, quella di battaglia, resiste sognando di passare dalla resistenza al grido Folgore! Ha voglia almeno d’una rivoluzione possibile coltivando un seme che ha cento anni.

Guevara non è un nostro eroe, che c’azzecca con la nostra storia, non inseguiva la terzera via, marxista puro sognava la rivoluzione permanente per estirpare la mala pianta di capitalismo e l’imperialismo americano, ma gli assediati della R.S.I. non   avevano legiferato la socializzazione delle imprese e contro chi impugnavano le armi? Tra gli eroi citati dalla Meloni non ho udito il nome di uno solo del rimosso ventennio, avrei gioito a sentire Nicola Bombacci o uno dei nostri giovani fiori morti ammazzati per l’Idea ai quali, cara GN romana, bisogna dirlo, anche el Che avrebbe sparato. Ma forse nessuno glieli insegna questi eroi archiviati, allora i ribelli raccolgono un papavero rosso scolorito, nell’attesa che venga un Comandante al quale recitare in piedi:

“O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,

la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambito premio è conquistato”.

P.S. Qualcuno, piccato, potrebbe chiedermi:”Ma tu chi sei, ce l’hai la tessera?” Rispondo come Odisseo: “Nessuno”.

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