Appunti politici sulla libertà

 

Appunti politici sulla libertà

Questo tempo di coercizione ci impone necessariamente una riflessione su quello di cui attualmente siamo stati privati: la libertà. La libertà dell’individuo, prima di essere una condizione giuridica, sociale, finanche mentale dell’uomo occidentale, è il paradigma fondante la società in cui viviamo. L’intero impianto filosofico del liberismo ha infatti come soggetto storico l’individuo e nient’altro che l’individuo, e con esso la sua libertà di fare e dire quello che vuole.

Questo ampio e vago “campo di esistenza” ha reso il liberismo un osso duro da vincere – in termini puramente politici sia chiaro – poiché se l’uomo viene educato alla cultura della libertà, peggio ancora al “culto” della libertà, quasi come fosse una fede, una missione, una condizione sine qua non della vita sulla Terra, diventa veramente difficile far breccia in quello che è di fatto un muro di convinzioni che si sedimentano nella mente di ognuno, com’è successo all’uomo europeo e occidentale, ormai totalmente annichilito.

Ma l’orizzonte della libertà individuale è troppo vasto perché vi si possa scorgere un limite, e allo stesso tempo troppo stretto per contenere le menzogne di questo mondo liquido. Un mondo costruito sulla libertà individuale da una parte, e sulla forza dell’interesse composto dall’altra, è un mondo che abbandona passo dopo passo le conquiste della civiltà umana, e offre alle future generazioni una prospettiva da “jungla sociale”, un’anarchia liberista dove tutto è lecito e dove l’unico potere esistente è quello del denaro, quindi del più forte e del più furbo (e non del migliore).

Ad un certo punto si capisce come in realtà, siamo dipendenti dalla libertà, poiché inseriti inconsciamente in un circolo vizioso, in un circuito quotidiano che impone uno stile di vita e una condotta non negoziabili.

Per paradosso, più la storia della nostra civiltà europea e mediterranea, oggi volgarmente occidentalizzata, si “annotta”, e più capiamo che i margini di libertà diminuiscono. Il controllo severo e totale del mondo “tecnoliquido” nel quale ci accingiamo ad entrare infatti, limitano nettamente le possibilità di vivere altrimenti. Sia chiaro che tali possibilità sono esistite ed esisteranno finché sarà possibile rifugiarsi lontano dalle suggestioni di questo mondo, il dramma è che questo è sempre meno possibile.

Oggi la situazione conseguente alla “pandemia” vera o presunta che sia, non staremo qua a discutere sul sesso degli angeli, ha imposto uno stravolgimento del paradigma fondamentale del liberismo. In questi giorni non è la libertà individuale quello che conta, ma l’interessa collettivo, la necessità della comunità nazionale. Questo tempo di coercizione e di limitazione della libertà ci costringe e a casa, e ci offre l’opportunità per riorganizzare le idee e ristabilire una corretta gerarchia di valori.

Oltre all’aspetta strettamente personale, questa condizione obbligata offre l’opportunità storica di superare tutta quella serie di convinzioni granitiche che pongono la libertà individuale come valore assoluto. Poiché se veramente ci mettessimo un attimo a riflettere, da soli con noi stessi, capiremmo che quello che ci manca di più in questo periodo non è la vita che c’era prima, non è la libertà. Ci mancano gli amici, gli affetti, le compagnie, ma non necessariamente la libertà “obbligatoria” di fare tardi la sera, di spostarsi di città in città o di Nazione in Nazione, di acquistare qualsiasi cosa vogliamo a qualunque ora del giorno e della notte ecc. Quello che ci manca è quello che ci mancava anche prima, la comunità umana, la comunità di popolo della quale facciamo parte.

Allora ancora un volta, che questa situazione passeggera sia il presupposto per un cambio di paradigma, sia l’opportunità per dare il colpo di grazia a questo sistema di sfruttamento organizzato che è il liberismo, e riscoprire la centralità della comunità, il valore dello stato organico, la predominanza dell’uomo sull’economia.

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