Circa Costanzo Preve: Lenin e il partito

 

Circa Costanzo Preve: Lenin e il partito

Un’impronta che Costanzo Preve ha voluto lasciare sul sentiero della riforma del marxismo inteso come azione filosofica ispirata a Marx è stato quello di connessione tra ideologia, azione e filosofia.

Sminuzzando la questione, per Preve il revisionismo, nato come dispositivo di insulto intellettuale a sinistra in seguito alla (effettivamente disastrosa) opera di Eduard Bernstein, aveva come compito esattamente quello di mettere in cantiere il marxismo e non di realizzarlo del tutto, essendo la “scienza filosofica” marxiana non un programma ma un orto, un terreno arabile.

 Argomenta Preve, il miglior revisionista di Marx fu pertanto Lenin, il quale ipostatizzando ed interpretando liberamente (senza travisare) alcune nozioni marxiane, realizzò ciò che, effettivamente, era il miglior risultato politico esplorabile in un dato momento storico. Lenin ha, per Preve, molti effetti positivi sulla storia del marxismo: infligge duri colpi alla sicumera dell’economicismo, si sporca le mani con una transizione politica reale e non cerchiobottista, fornisce un esempio di libero (ma diligente) studente di Marx.

 Da parte nostra ci interessa mettere in luce un aspetto principale del legame tra Lenin, Marx e la meditazione previana su questi temi: il valore non scontato del partito rivoluzionario e la dimostrazione empirica della preziosità dell’ideologia come vettore di attività umana. Secondo Preve un elemento di interesse (non di forza) di Lenin fu la sua teoria circa il Partito dei rivoluzionari di professione, nato come risposta spontanea alla disarticolazione di anarchici, populisti e socialisti non marxisti, particolarmente evidente in Russia. Il Partito Leniniano era sia avanguardia di pensiero sia politica, per massimizzare l’insiemistica politica che la Rivoluzione, da provocare, avrebbe offerto. Preve spiega e svolge la tesi per cui il Partito di Lenin altro non sarebbe che la risposta alla fiducia di Marx ed Engels che sarebbe stato un movimento spontaneo nato dalle varie guglie della cattedrale capitalistica; idea che implicava quel tanto di economicismo e passività da portare Lenin alla formulazione di una nuova opzione organizzativa.

 Nel panorama desertificato attuale, in cui i partiti sono sganciati da qualsiasi reale fonte di energia politica, usando lo strumento di Lenin diremo che il partito è “retroguardia” della società che dovrebbe guidare, ed incapace non solo di insiemizzare, ma anche di condensare. I partiti postborghesi (Lega Nord, Movimento 5 Stelle e gli altri) sono marxianamente i resti sotto le unghie del Novecento dopo la battaglia con sé stesso. Previanamente diremo che, se per ciò che concerne il partito borghese, che non deve rivoluzionare ma solo governare, non è nemmeno utile domandarsi quale sia la sua figura interpretativa (come invece il Partito di Lenin è la “Figura interpretativa” della sostituzione della borghesia al comando col proletariato), vedremo come anche le supposte opzioni anticapitalistiche attuali, in forma di movimento o di unione di movimenti, non siano “Figure Interpretative” se non di sé stesse. Questi non trasfigurano in un dispositivo politico un cambiamento, in realizzazione o da realizzare, ma soltanto alcuni desiderata: sono in tal senso piuttosto partiti carbonari, leghe o semplici gruppi di attivisti.

 A tal proposito la lezione che possiamo trarre dal ticket Lenin-Preve è che si pone l’esigenza di dare di nuovo un orizzonte di utilità al Partito, ripensandone attivamente le funzioni. Non già più per “cambiare la società” da dentro o da fuori, ma per partecipare davvero di quella “eccedenza veritativa” che per Preve si originava dall’ideologia. È necessario quindi tornare alla opzione leniniana e vagliarne la vitalità: è percorribile la via che parte dall’ideologia e va verso la prassi o siamo piuttosto in una fase lunare, ed è conveniente affilare gli strumenti ed aspettare tempi migliori?

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