Di Ruggiero Capone
Siamo tutti Julian Assange, siamo tutti a rischio schedatura e persecuzione. Certo il caso del cofondatore dell’organizzazione divulgativa WikiLeaks va inquadrato come un caso limite, comunque dimostra quanto la libertà di parola sia nel nostro Occidente ostaggio dei poteri. Questi ultimi usano intelligence, eserciti e polizie occidentali per salvaguardare gli interessi delle multinazionali energetiche, chimiche, di sicurezza, finanziarie, bancarie, farmaceutiche: ma tutto questo è ormai noto a tutti da sotto pandemia.
Influenzare l’opinione pubblica, informarla e casomai cercare di dirottare consenso politico (quindi voti) verso formazioni non gradite a chi finanzia la cosiddetta “politica istituzionale” è oggetto d’indagini delle polizie: per esempio la Digos indaga su tutti coloro che si riuniscono con finalità politiche e partitiche, considerando ogni nuova formazione come un gruppo eversivo. Questo succede perché l’opinione pubblica potrebbe ancora giocare nella nostra Europa un ruolo decisivo nella politica degli stati, influenzando il comportamento dei rappresentanti o casomai portando nei parlamenti gente non gradita al potere. Berlusconi sapeva bene che, grazie alla crescente importanza dei media, l’opinione pubblica era assurta ad una forma di potere difficilmente inquadrabile, che comunque si è aggiunto pian pianino al potere economico e militare. Del resto se così non fosse Forza Italia non sarebbe diventata il partito più votato dopo la Prima Repubblica, e nemmeno Grillo avrebbe potuto mettere su i “5 Stelle” senza una consistente opinione pubblica a proprio favore.
Detto questo, il rapporto tra comunicazione e potere è qualcosa di davvero perverso, ovviamente sottende diverse finalità: per esempio rafforzare il potere ed il dominio sui popoli, come abbiamo visto sotto pandemia, quando ci veniva detto di obbedire alle regole, di non dare ascolto alle “fake news” della stampa non istituzionale. Così ci siamo accorti che la grande stampa è sempre al soldo di chi colonizza popoli e territori, garantendo l’egemonia culturale ma anche geopolitica dei gruppi dominanti. E, grazie a media e classe dirigente venduta, le potenze economiche controllano i processi decisionali di colonie come l’Italia, e con costi parecchio più bassi rispetto all’uso di metodi muscolari: comunque quest’ultima opzione rimane sempre in agguato, come suggeriva Winston Churchill a proposito della futura gestione del Belpaese.
E, comunque voi la pensiate, dovete ammettere che i giornaloni, il cinema, l’industria discografica, l’editoria, i grandi network televisivi, i programmi tivù… non sono altro che strumenti di distrazione e narcotizzazione delle vostre coscienze: catturano il vostro tempo e la vostra attenzione, diluiscono il vostro odio verso il potere, e fanno tutto questo perché a servizio dei poteri colonizzatori.
Ecco che quando ci riuniamo per confutare la vulgata, per dissentire, diventiamo tutti come Julian Assange, ovvero non graditi al potere.
Veniamo fotografati e filmati dalla Digos, le nostre telefonate vengono intercettate, i nostri dati forniti al padrone, ovvero alle security delle multinazionali. E così si finisce negli elenchi delle persone attenzionate dalla sicurezza di grandi aziende private, come colossi energetici, finanziari, farmaceutici e informatici. Sono le stesse polizie che, invece di difendere i cittadini di uno stato sovrano, forniscono il “file” delle nostre esistenze alle security delle multinazionali: ci trattano come Assange.
L’esempio classico è la multinazionale Monsanto che, anni fa comprava scienziati, giornalisti e politici perché si parlasse bene dei suoi prodotti; poi la stessa ha iniziato a schedare i giornalisti “anti-sistema”, mettendo i propri dati in comunione con altre multinazionali, quindi stilando una “black list” dei nemici. Ovviamente la stampa italiana s’è ben guardata dal diramare notizie su queste pratiche delle grandi aziende: lo ha fatto il quotidiano francese Le Monde che, in collaborazione con France2, ha pubblicato l’elenco delle multinazionali che hanno schedato i “nemici del potere”. Giornalisti e personalità “anti-sistema” finiti nei dossieraggi di Monsanto e compari. Giornali francesi come Le Parisien hanno denunciato il fenomeno alle authority europee, quindi alla giustizia francese. Invece in Italia i media hanno fatto finta di nulla, salvo raccontare che i contadini sono dei terroristi quando ostacolano la Tap (Trans Adriatic Pipeline) che per passare chiede la distruzione di oliveti e raccolti d’ogni sorta.
Dalle carte delle procure francesi emerge che una società di comunicazione anglo-statunitense, la “Fleishman Hillard”, schederebbe per conto delle multinazionali migliaia di persone (politici, scienziati, giornalisti): lo scrive anche Le Parisien, che ha presentato ricorso all’authority Ue per la protezione dei dati. Sei giornalisti di Radio France risultano nell’elenco dei “non graditi” al potere delle multinazionali. Ma su questa vicenda l’Unione europea non sembra volersi esprimere. I lobbisti, che frequentano ambienti contigui a Parlamento europeo e Commissione, probabilmente hanno ricordato la generosità delle multinazionali verso parenti ed amici di commissari europei e deputati di lungo corso. Ecco perché tutto si è fermato al Qatargate, conosciuto anche con il nome di “Eurotangentopoli”. Il timore che saltassero fuori le mazzette pagate dalle multinazionali ai rappresentati europei non ha nemmeno sfiorato il potere finanziario. Tutto è stato opportunamente messo a tacere. Nell’immediato non s’escludono misure di polizia e giudiziarie verso gli schedati, tutti considerati terroristi come Julian Assange. Ancor più grave che la sicurezza delle multinazionali fornisca i nominativi anche alle varie “agenzie Usa” che caricano ancor più la dose, considerando i nemici delle multinazionali come nemici atlantici.