Coronavirus e bioterrorismo, la minaccia biologica
Il caso della pandemia di coronavirus proveniente dalla Cina scatena preoccupazioni, diffonde timori ancestrali e dà la stura a ogni ipotesi. L’allarme delle autorità locali è scattato con colpevole ritardo, non si sa con esattezza il numero delle persone colpite e il numero dei decessi. Qualcuno pensa addirittura a un episodio di guerra asimmetrica per via biochimica, altri propendono per una “fuga” del virus da un laboratorio. Comunque sia, il ritardo delle autorità cinesi resta irresponsabile, così come la scarsità di informazioni credibili. L’unica certezza è che ci viene nascosta almeno una parte della verità. I cinesi non avrebbero isolato un pezzo di nazione con decine di milioni di abitanti se i dati veri fossero quelli ufficiali.
In attesa di capirne di più, vale la pena alzare lo sguardo oltre la presente epidemia e tentare di capire di più su un tema oscuro: la guerra biologica e il bioterrorismo. Sappiamo che gli Stati vi investono somme ingenti: da sempre si è cercato di sconfiggere il nemico per via chimica. Avvelenamento di pozzi, tentativo di indurre pestilenze e altre pandemie fanno parte della storia di tante guerre in ogni tempo.
In due settimane, il governo cinese ha condiviso la sequenza del genoma del virus, il che consente ai laboratori di tutto il mondo di studiare il virus, sviluppare test per rilevarlo, trattamenti o vaccini. Ciò significa che l’espansione di conoscenze, procedure, tecnologie e materiali nel campo della microbiologia determina una vera e propria rivoluzione.
Da parte sua, il virus ha impiegato solo un mese per percorrere milioni di chilometri attraverso 27 paesi e ha dimostrato che viviamo sotto una costante minaccia biologica.
La scienza è riuscita a sequenziare i virus, ma anche a manipolarli, mutarli e svilupparli sinteticamente.
Una prudente moratoria ha colpito le ricerche sui coronavirus, per cui sono pochi i laboratori che hanno accesso al virus e probabilmente si sta perdendo tempo nella predisposizione di trattamenti e vaccini. Speriamo, con una punta di orgoglio nazionale, nelle scoperte annunciate dall’istituto Spallanzani. Ciò che rallenta alcune ricerche è il timore del bioterrorismo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha indicato ben 29 agenti biologici viventi utilizzabili a fini bioterroristici. La più grande minaccia sono i virus dell’influenza. L’OMS stima che una pandemia globale potrebbe causare 700.000 morti ogni anno.
Decessi e infezioni non sono l’unica preoccupazione: “Se viene introdotto un virus che non si trova in un paese sviluppato, può causare un disastro agricolo o zootecnico e paralizzare l’economia del paese”
Questi aspetti economici collaterali di eventuali attacchi biologici sono in cima alle preoccupazioni degli analisti e degli apparati riservati degli Stati. Continua il rapporto: “sebbene nei casi che si sono verificati non vi sia stato un elevato numero di morti, molti servizi sono stati paralizzati e si è avuto un importante effetto psicologico sulla popolazione”.
Oltre agli attacchi intenzionali, gli incidenti rappresentano un altro fattore di rischio. Indipendentemente dalla loro origine, pare evidente che questi pericoli richiedano una risposta coordinata e globale, il che semina un altro dubbio. E se la minaccia biologica e bioterroristica avesse tra i suoi obiettivi quello di instillare nell’opinione pubblica terrorizzata l’idea della necessità di un governo mondiale?
I protocolli dei microbiologi europei indicano il vaiolo, l’antrace, la peste o la tossina botulimica come le minacce che potranno trasformarsi in armi biologiche. La costante allerta diventa così una necessità dinanzi alla rivoluzione biotecnologica. Si estende infatti un “fai da te” biologico tra privati, gruppi, piccole imprese e istituzioni educative in cui si nascondono malintenzionati di ogni tipo. Le conseguenze potrebbero essere gravi.
Nel frattempo, non si sa se ridere o piangere, il politicamente corretto ha raggiunto il campo della medicina e della biologia. Infatti, le agenzie delle Nazioni Unite hanno deciso di rinominare il coronavirus cinese. Da oggi, deve essere chiamato Covid-19. Le preoccupazioni linguistiche ONU non cureranno un solo ammalato.
Nella speranza che il virus venga circoscritto e sia presto individuata un’efficace terapia, avrà almeno avuto il merito di destare l’allarme sui rischi immensi connessi alle tecnologie biologiche. Qualunque sia l’origine dell’epidemia attuale, è urgente che le comunità esigano dai governi e dalle istituzioni scientifiche la massima chiarezza e trasparenza ne va della nostra vita, individuale e comunitaria.
In caso contrario, non resterà che ricorrere al rimedio invocato nel 1575 da un illustre medico napoletano: “sapendo noi per certo che ella sia flagello et castigo di Dio, il principale rimedio per preservarsi et liberarsi dalla peste, si è ricorrere primieramente a soccorso divino “.