Cospito e mafia: facciamoci a capire


 

Cospito e mafia: facciamoci a capire

Forse é il caso di puntualizzare che l’inflizione del 41 bis – cioé del carcere duro, da scontare in questo caso per la durata di anni 4, salvo eventuale proroga – é stata decretata nei confronti dell’anarchico Alfredo Cospito quando al Governo, presieduto da Draghi, c’era la Cartabia, il genio che, al fine di alleggerire i carichi della Giustizia, resi insopportabili per la lentezza kafkiana delle procedure e per tutti quei carrelli colmi di carte che vanno continuamente su e giù per i corridoi dei tribunali (senza peraltro che nessuno gridi gelati), s’è inventata la procedibilità a querela per reati molto gravi come il furto, il sequestro di persona per un periodo limitato o i danni fisici subiti a seguito di percosse purchè non comportino una prognosi superiore a quaranta giorni: in poche parole, se il tuo usuraio, appartenente ad una congrega di delinquenti, ti gonfia di botte perché non riesci a sdebitarti, é meglio che tu faccia finta di niente come loro ti hanno ordinato, perché altrimenti finiranno per rincarare la dose.

La precisazione, su quando Cospito é stato condannato a subire il 41 bis, ancorché sembri superflua, é necessaria, invece, per mettere nel giusto rilievo l’indole propagandistica della ‘caciara’ montata dall’opposizione ‘democratica’ per far ricadere sull’attuale Governo di centro-destra l’accusa di essere costituzionalmente illiberale, ma lo é anche per imbastire una serie di riflessioni su come, per compiacere la ‘cupola’ di Bruxelles che controlla ogni singolo paragrafo del PNRR, il Governo Draghi abbia ridotto ai minimi termini l’intervento dello Stato sui delitti e sulle anomalie che concernono i rapporti tra le persone, e abbia, per contro, privilegiato il carattere elitario della Giustizia aumentando l’entità delle pene a carico di chiunque osi sfidare il Potere costituito.

Evidentemente, tale fattispecie suscita in coloro che lo detengono maggiore apprensione dell’orco nero aduso a smembrare le proprie vittime (per il quale l’ergastolo può essere revocato e commutato – roba da matti – in soli trent’anni se non c’é stata violenza sessuale) giacché si tratta di delitto a cui fanno da sfondo gli strati più bassi della piramide sociale, troppo lontani dalla torre d’avorio in cui alloggiano Lorsignori.

Sembra, inoltre, da doversi dedurre, sulla scorta dell’allegra latitanza nella quale il boss Messina Denaro ha vissuto per la bellezza di trent’anni, sotto gli occhi e il naso delle autorità di pubblica sicurezza, che il terrorismo, esaustivamente rappresentato dall’anarchico Alfredo Cospito per aver gambizzato l’amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare senza avere alcuna intenzione di ucciderlo, e per aver fatto esplodere, in prossimità di una scuola per carabinieri, due ordigni simili a grandi petardi che hanno fatto solo grande rumore, incuta nella classe politica che oggi sgoverna il Paese maggiore preoccupazione della Mafia che ha in più punti esondato infilandosi, attraverso mille rivoli, nelle viscere del Sistema: una setticemia diffusa, che può giustificare, con quello sciame di nomi che orbita intorno a troppi palazzi e a troppe ville – a cominciare da Dell’Utri, per finire a Antonio d’Alì, il sottosegretario agli Interni, in due diverse legislature, finito al gabbio per ‘concorso esterno in associazione mafiosa’ – il dubbio che la compenetrazione tra le due entità sia divenuta così profonda e tenace da richiedere l’intervento di un esorcista veramente bravo, un emulo di Amorth, munito di carta bianca, per separarle nettamente e definitivamente l’una dall’altra.

Qualche giorno fa ho commesso l’errore di scrivere in una forma lapidaria, come si usa pagaiando su Facebook, che comprendo le proteste degli anarchici, dei quali, fra l’altro, non posso condividere il retroterra ideologico lastricato di insopprimibili nonsensi: le carceri non vanno svuotate ma rese passabilmente abitabili per chi si é macchiato di reati minori e trasformati, invece, in un inferno in terra, come succedaneo della pena di morte (ormai giustamente ripudiata dalla coscienza popolare) per quanti compiono dei delitti abietti verso persone indifese, come pedofili assassini, grassatori, autori di stragi che coinvolgono persone innocenti, e che – per toccare solo di striscio un tema sul quale si sono riversati nei secoli fiumi d’inchiostro – l’assenza di un governo e di un ordine é il corto circuito nel quale incorre il nostro cervello quando é stanco di registrare i fallimenti della Politica o, molto più spesso, quando é semplicemente molto stanco.

Insomma, qualcuno mi ha attaccato per aver detto di comprendere le ragioni degli anarchici e qualcun altro, ha evitato di contraddirmi, perché non si usa tra amici, pubblicamente, ma comincio a pensare che due anni di lockdown – di quel corso per apprendisti schiavi che abbiamo dovuto sopportare, seduti in casa, immobili, davanti al televisore, come Alex De Large, il protagonista de l’Arancia Meccanica’ – abbiano in parte atrofizzato la nostra capacità di cogliere anche le più facili sottigliezze.

Una, ad esempio, é quella che non può sussistere il reato di strage, attribuito a Cospito – senza che ci siano stati dei feriti e dei morti (al più, un gesto dimostrativo al solo fine di farsi pubblicità), a meno che non si voglia enfatizzare a dismisura la portata di questo episodio per sminuire quella dell’attentato di Capaci. A distanza di più di quarant’anni dalla carica di tritolo sull’autostrada che mise fine alla vita del giudice Falcone e della sua scorta, é stata fatta scoppiare un’altra bomba. L’hanno confezionata, anche con l’assistenza dei giornali di regime, a bella posta per stimolare una percezione distorta della pericolosità della Mafia e, nel contempo, per inserire nella rastrelliera delle elite al potere l’arma finale per definizione, quella giuridica, con cui esse possono, appellandosi all’art. 41 bis, riformato on la legge 279 del 2002, avere buon gioco sulle opposizioni reali, quando siano accusate di aver delinquito ‘per finalità di eversione dell’ordine democratico, mediante il compimento di atti di violenza’.

Non sfugge peraltro all’osservatore smaliziato l’estrema maneggevolezza di termini e di concetti contenuti nella precitata espressione, laddove per un magistrato molto dotato di fantasia o, al contrario, troppo riguardoso per il significato letterale delle cose, ‘atti di violenza’ potrebbero essere quello di rovesciare un cassonetto durante una manifestazione o di deviare la traiettoria di un corteo per impedirgli di essere ancora più moscio della processione parrocchiale del Venerdì Santo, quindi, in teoria, di essere sanzionati col carcere duro per aver tentato di provocare l”eversione dell’ordine democratico’, che é, a pensarci bene, lo stesso capo di imputazione, parola più, parola meno, con cui i tribunali islamici hanno messo a morte alcuni giovani sorpresi ad erigere barricate nel corso delle proteste inscenate a Teheran e ad Isfahan contro la dittatura degli ayatollah, ma anche il testo, con la soppressione del termine ‘democratico, delle denunce con cui venivano accompagnati davanti al ‘Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato’ gli oppositori incarogniti del regime fascista.

Facciamoci a capire una volta per tutte (mi rivolgo ai soggetti a cui resta difficile procedere per distinguo e che alla prima curva cappottano): l’affronto più grande che gli anarchici possono aver subito, nel loro impari contradditorio con lo Stato, non consiste nell’essere spesso messi in lista d’attesa per la galera (é tutto scritto, come un testamento, nel loro DNA), ma nell’essere stati equiparati ‘ope legis’ alla Mafia, che é costituzionalmente negata per le scelte individualistiche, mentre loro, i migliori seguaci di Bakunin e di Proudhon, preferiscono andare avanti da soli, talora per procurare un indennizzo simbolico alla società ferita dalle intemperanze del Potere, che coincide con certa mafia. Chiedere – se fate sedute spiritiche – ad Umberto Primo.

Anche questo andava detto.

 

Immagine: https://www.ilfattoquotidiano.it/

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