Lo scorso 27 novembre la nota scrittrice e intellettuale ( sic!) Michela Murgia, esponente di spicco di quella sinistra da riviera che abbiamo, ahimè, imparato a conoscere in questi ultimi anni, ha aggiunto al proprio curriculum l’ennesima brutta figura: dopo aver creato il “fascistometro”, intelligente quanto arguto strumento attraverso cui misurare il grado di fascismo dell’italiano medio, la signora ha paragonato, in un post su facebook, ad oggi non più reperibile, gli uomini italiani ai figli dei mafiosi: “Nascere maschi in un sistema patriarcale e maschilista è un po’ come essere figli maschi di un boss mafioso. Non sai nemmeno cosa sia la mafia, ma da quel momento tutto quello che mangerai, berrai, vestirai verrà dall’attività mafiosa (…)”
Insomma, non importa cosa tu faccia o non faccia, se sei nato maschio per la Murgia sei colpevole a prescindere!
Tralasciando il fatto che era dai tempi di Eschilo che non sentivamo parlare di attribuzione metafisica della colpa, è stata la reazione delle fan della scrittrice, orgogliose sacerdotesse del verbo femminista, a sconvolgermi maggiormente.
Dopo essermi limitata a commentare negativamente l’inappropriato paragone, ho iniziato a ricevere valanghe di risposte trasudanti vera e propria misoginia, fra cui:
- “Probabilmente a dire quste cose ti senti più accettata dai maschi”
- “L’etichetta di donna forte però te la metti, eh? Ma esattamente, chi te l’ha data? No perché tieni pure in considerazione che per qualcuno potresti essere una pulce anche se ti senti un leone”
- “Tu sei la prova che il patriarcato non è esclusiva degli uomini ma anche delle donne stolte che lo avvalorano o lo minimizzano”
- Il non troppo velato augurio di essere picchiata dal mio fidanzato (“ il fatto che certe cose non ti siano ancora capitate non vuol dire che non ti capiteranno”)
Riassumendo: se sei una donna e non ti allinei al pensiero unico femminista lo fai per piacere agli uomini o perché sei una sciocca ancella del patriarcato. E, cosa fondamentale, non sei libera di emanciparti indipendentemente dalle regole del femminismo 3.0, le quali impongono a tutt* una determinata propaganda misandrica 24h su 24h: chi sei tu per definirti “forte e indipendente” senza il placet della signora Murgia et similia?
Con tutto il rispetto per chi realmente vive o ha vissuto sulla propria pelle il dramma (autentico) della mafia, non credo di sbagliare affermando che questo modus operandi possa definirsi, se non espressamente “mafioso”, per lo meno violento e ostile, svelando in tal modo l’altro grande obiettivo della velenosa retorica del femminismo moderno: le donne non allineate, quelle che rifiutano la propaganda liberale mascherata da rivendicazione di genere.