El Bloqueo

La Spina nel Fianco

1º marzo 1968 una data che ricorre spesso, (forse troppo) nei miei articoli, perché personalmente al pari del 23 marzo 1919, la ritengo una data fondamentale per la costruzione (o ricostruzione) di una vera identità nazionale.

Per chi non ha dimestichezza con le date, quel giorno si tenne la famosa (o famigerata) “battaglia di Valle Giulia”, dove giovani di destra e di sinistra, tentarono per poche ore di superare le vecchie dicotomie e di combattere insieme il “sistema”, inteso come sistema capitalistico, liberista, padronale, “vecchio”. Il sogno durò poco, ed al risveglio molti di quei giovani si ritrovarono immischiati nella cosiddetta “strategia della tensione”, gli uni contro gli atri armati. Teodoro Buontempo, militante della “Giovane Italia” descrive in “Fascisti Immaginari” quelle ore:

“Ricordo Valle Giulia, destra e sinistra quel giorno erano insieme,. La rivolta generazionale si sposava benissimo con le ns. idee. All’inizio non c’era nessuna tensione, all’nniversità di notte si giocava a pallone insieme:” 

La frangia di “destra” era rappresentata da circa 300 persone fra Avanguardia Nazionale, FUAN Caravella, Primula Goliardica più qualche “cane sciolto”.  L’accordo con i “compagni” era stato stipulato ore prima, loro non avrebbero alzato bandiere rosse, e i camerati non avrebbero alzato i loro vessilli. Anche gli slogan vennero concordati:  “Castro – Mao – Ho chi Minh”  per i compagni, “Europa – nazione – rivoluzione” per i camerati. Il resto purtroppo è storia, e storia tragica. Delle rivoluzioni proletarie di Mao e Ho chi Min (anni dopo esaltato anche da Beppe Niccolai per aver sconfitto gli Americani) resta ben poco, l’Europa sta lentamente scomparendo, schiacciata da quell’ideologia liberista che quei giovani volevano sconfiggere. Di quei motti resta la parola “rivoluzione”, che per i pochi di noi sopravvissuti (di entrambi gli schieramenti) resta il fine ultimo di ogni lotta politica, e la figura di Fidel Castro. Venerato da sinistra come il mito del rivoluzionario comunista, e visto da destra come un rivoluzionario sì, ma che si era servito di quell’ideologia, per fare “altro”, per liberare il suo popolo dall’influenza statunitense e dargli un assetto “nazionale” e “spirituale”. (Il comunismo cubano non ha mai osteggiato la fede, e non ha mai avuto una visione “internazionale). Lo spiega molto bene nel suo libro del 2017 “Cuba. Dio patria socialismo”, l’amico Andrea Virga. 

Il 26 di luglio 1959,  Fidel Alejandro Castro Ruz assieme al fratello Raúl, a Ernesto Che Guevara e Camilo Cienfuegos rovesciarono il regime del dittatore filo-americano Fulgencio Batista, ed instaurarono una “democrazia popolare apartitica”, di impronta socialista. 

Prima del 1959 a Cuba gli statunitensi controllavano il petrolio, le miniere, le centrali elettriche, la telefonia e un terzo della produzione agricola. Dopo la presa del potere da parte dei rivoluzionari venne varata la prima riforma agraria cubana, affidata all’INRA, Istituto Nazionale per la Riforma Agraria, che aveva il compito di ridistribuire la terra. La legge prevedeva la nazionalizzazione delle proprietà al di sopra dei 400 ettari e l’affidamento delle terre espropriate a cooperative agricole o a singoli coltivatori. Gli espropri colpirono prevalentemente cittadini e compagnie statunitensi. Castro con vari incarichi resterà di fatto al potere dell’isola sino all’anno della sua morte avvenuta il 25 novembre 2016. Gli Stati Uniti che avevano fatto di Cuba la “garçonnière”, del continente, promuovendo la produzione di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione, oltre che cercare di eliminare fisicamente Castro e rovesciare militarmente il suo governo applicheranno alla popolazione cubana “El bloqueo”, un embargo commerciale, economico e finanziario, obbligando l’Occidente a fare altrettanto. Dopo circa 60 anni, e dopo 7 anni dalla morte di Fidel, “El bloqueo” è sempre in vigore. 

Negli anni l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, (ONU) si è espressa svariate volte contro l’embargo, con una maggioranza sempre più ampia: dai 59 voti del 1992, si è passati a 179 nel 2004, 182 nel 2005, 184 nel 2007 e 185 nel 2008.  La posizione dell’Assemblea Generale è stata confermata con la risoluzione n. 69/5 del 28 ottobre del 2014, in cui vengono tra l’altro riaffermati il principio di sovranità degli stati, quello di non ingerenza negli affari interni di altro stato, ed infine la libertà di commercio e navigazione internazionale.

2 novembre 2023, per la trentunesima volta l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha approvato a New York con una valanga di voti una risoluzione che chiede la fine dell’embargo economico a Cuba.

Contro l’embargo si sono espressi 187 Paesi, con il solo voto contrario di Stati Uniti e Israele e l’astensione dell’Ucraina. Il rapporto a sostegno della risoluzione per la fine del blocco economico, su cui l’ONU si è espressa evidenzia che: “ai prezzi attuali, i danni accumulati per l’applicazione di questa politica unilaterale di Washington contro l’isola caraibica ammonta a oltre 159 miliardi di dollari”. Prima del voto, si è tenuto l’intervento del Ministro degli Esteri cubano Bruno R. Parrilla, che, promuovendo il testo della risoluzione, ha affermato che l’embargo:  “Viola i diritti di tutti gli uomini e le donne cubane. «A Cuba viene impedito di acquistare dalle aziende statunitensi e dalle sue filiali in paesi terzi attrezzature, tecnologie, dispositivi medici e prodotti farmaceutici finali”.

Le risoluzioni dell’ONU sono basate su principi di diritto internazionale, ma non sono vincolanti se non ottengono l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, in cui siedono cinque membri permanenti con diritto di veto fra cui ovviamente gli Stati Uniti. Ai tempi della presidenza Obama, furano fatte importanti aperture in merito alla rimozione dell’embargo, poi del tutto annullate dall’amministrazione del “sovranista” Trump, che addirittura reinserì Cuba nella lista degli ”stati canaglia” sponsor del terrorismo. Scelta confermata anche dal Presidente Biden. Anno dopo anno, diviene sempre più evidente che Usa, Israele (e Ucraina), si ritengano superiori alle determinazioni dei consessi internazionali. Basti pensare al fatto che da molti anni l’ONU ribadisce sistematicamente a Tel Aviv l’illegittimità dell’occupazione dei territori palestinesi. 

USA, Israele (e Ucraina), con i loro vassalli, si confermano i veri  “stati canaglia”, dell’umanità.


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