Emergenza razzismo: una totale invenzione

 

Emergenza razzismo: una totale invenzione

Negli ultimi tempi in Italia sembra essersi acuito il dibattito sulla questione del razzismo, soprattutto dopo la formazione dell’attuale governo giallo-verde. Non passa giorno in cui negli organi di stampa, ideologicamente allineati al mondialismo, non si legga di aggressioni, fisiche e verbali, pestaggi e discriminazioni ovviamente a sfondo “razziale” nei confronti degli immigrati, e puntualmente non si taccia sugli eventi opposti.

La questione è assai complessa, e credo sia necessario fare chiarezza, discutendo qui di seguito su una serie, purtroppo, di banalità.

Il razzismo per definizione, è quell’insieme di teorie scientificamente errate, secondo le quali esisterebbe una gerarchia di razze o etnie più o meno evolute, con capacità intellettuali e morali più o meno sviluppate, per motivi di natura non sociale e o culturale, bensì per motivi genetici. Esso è un fenomeno tutto moderno, creatosi corrispettivamente alle tensioni sociali della rivoluzione industriale, e alla necessità tutta capitalistica, di importare manodopera da paesi altri.

Oggi in Italia e in tutta Europa, assistiamo ad una situazione sociale a dir poco esplosiva, nella quale masse di disperati vengono importati soprattutto dall’Africa subsahariana, per essere poi sfruttati come moderni schiavi dal capitalismo più spietato, stipati nelle grandi periferie, essi non entrano mai in contatto con la cultura europea e spesso con la lingua. Dall’altra parte il popolo europeo, da anni vessato dalle politiche liberiste di atomizzazione della società, precarizzazione del lavoro, distruzione dello stato, e sofferente per la più grande forse crisi dei valori che questa civiltà abbia mai visto. Come un’equazione il risultato non può che essere matematico; l’unico orizzonte è la guerra tra poveri.

In questo contesto, la manipolazione ideologica la fa da padrona; le necessità economiche delle élite hanno fatto sì che costruisse una narrazione antirazzista d’accatto, per la cui logica dell’essere “anti”, siamo arrivati all’assurdo risultato di negare tutto ciò che è identità, culturale, etnica, storica, etichettando come “razzista” ogni considerazione riguardante le radici europee, la critica all’immigrazione, i problemi sociali derivati dalla convivenza forzata tra gruppi etno/culturali totalmente diversi. La maschera vile dell’umanitarismo e del dirittoumanismo copre il vero volto del potere, quello della necessità imperialista e dello sfruttamento, quello della importazione di nuovi schiavi.

Questo già basterebbe per capire come il termine razzismo di cui oggi si abusa, sia solo un espediente utilizzato dai “padroni del vapore”, e veicolato come al solito dagli intellettuali, che in ogni epoca si sono adoperati per difendere il potere costituito, per sostenere le logiche inumane del mercato e del Dio denaro.

Il popolo italiano non è razzista, l’eredità spirituale e civile di cui andiamo fieri, dell’Impero di Roma, ha abituato nei millenni il popolo italiano e quello europeo tutto, alla civile convivenza tra i popoli, tra le culture e tra le religioni. L’importazione dei nuovi schiavi (repetita iuvant) conseguente alla degradazione mercatistica imposta dal liberismo imperante, ha realizzato un malessere sociale esplosivo, che si è presto unito alla difficile e quasi impossibile integrazione di popoli etnicamente e culturalmente distanti anni luce dalla nostra civiltà. L’assenza di uno stato forte che sia veramente elemento di connessione ideale, giuridica ed educativa tra i diversi popoli sta facendo il resto. Ogni possibile fenomeno di “intolleranza” non è mai un fenomeno di intolleranza etnica e razziale, bensì un risultato del malessere sociale fin qui esposto.

Chi ama le differenze ne salvaguarda le peculiarità e le ricchezze, non sogna un’anonima società multiculturale, tempio moderno del consumismo, dell’individualismo e dello sfruttamento, senza radici e identità.

In seno a questo approccio, ci permettiamo di essere orgogliosamente difensori delle nostre radici mediterranee ed europee, in una dimensione organica che abbracci l’aspetto culturale, quello storico, tradizionale, spirituale, e infine quello etnico, senza timore di essere definiti fintamente “razzisti” dalla borghesia mondialista, che evidentemente ha per troppo tempo abitato le alte e ricche torri d’avorio, ed ha tristemente dimenticato il paese reale, e le necessità del popolo.

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