E’ di qualche giorno fa la notizia, proveniente dalla Francia, di un altro terrificante episodio di violenza perpetrato da uno straniero ai danni di una donna europea e se non fosse già aberrante uno stupro, lo sono ancora di più le motivazioni della difesa che hanno spinto i giudici ad assolvere con formula piena l’immigrato pakistano: non aveva i “codici culturali” per capire il reato.
Sembra incredibile, ma nell’epoca del femminismo 3.0, in cui ci si indigna per come un uomo si siede ( il cosiddetto manspreading), si accetta con serenità, nel silenzio più assordante, che un uomo usi violenza su una donna per motivi culturali.
Sembra che le femministe europee siano affette da dissonanza cognitiva: laddove la violenza sessuale non abbia come protagonista un giovane maschio bianco, magari politicamente orientato a destra, vige una colpevole e disgustosa omertà: il politicamente corretto vale più di una giovane vita spezzata dalla barbarie.
Come non ricordare, del resto, la colpevolizzazione prima e l’oblio successivamente che sono stati elargiti alle povere Pamela Mastropietro e Desiree Mariottini, colpevoli solo di essere state donne fragili vittime di quei poveri negretti tanto cari alla sinistra da riviera.
Diciamolo chiaramente: lo slogan sbandierato dai centri sociali all’indomani del massacro della piccola Desiree ( “le strade sicure le fanno le donne che le attraversano”) è una bestialità.
Noi donne europee non siamo al sicuro e non possiamo certamente chiedere aiuto a movimenti quali “non una di meno”, impregnati di misandria e autoreferenzialità, o ai loro referenti “culturali”, intellettuali di spessore come Angela Finocchiaro, secondo la quale “tutti gli uomini sono dei pezzi di merda” (quelli bianchi, va specificato).
La donna europea è sotto attacco: da una parte è considerata come elemento funzionale del liberismo, una volta destrutturata nella sua natura più intima e autentica, dall’altra è ritenuta bottino di guerra da giovani maschi provenienti da subculture che portano in dote un patrimonio ideale che non ci appartiene. A chi rivolgere un accorato appello se non agli europei, a quello stesso “etero-patriarcato bianco” così odiato dalla narrazione velenosa del femminismo ?
Uomini, rammentate il vostro antico retaggio, ridestatevi dal torpore cui il progressismo vi ha costretto e difendete il futuro dell’europa e delle sue donne!