Fondi UE spartiti dagli amici del PD

 

Fondi UE spartiti dagli amici del PD

L’Italia versa una media di oltre diciotto miliardi di euro annui all’Unione europea, soldi che contribuiscono al mantenimento delle istituzioni Ue ma anche a finanziare quel fondo perequativo che garantisce l’erogazione di aiuti e finanziamenti, sostegno alle emergenze e politiche di vario titolo. L’Italia non è la sola a rastrellare danaro nel proprio territorio per sostentare Bruxelles, Strasburgo e l’intera macchina burocratica europea: tutti i ventisette paesi membri contribuiscono in proporzione alla rispettiva ricchezza stimata nelle sedi Ue in base ai bilanci statali, alle patrimonializzazioni ed alle molteplici tipologie di risorse. Dei diciotto miliardi annui, ne ritornano in patria uno scarso sessanta per cento, e sotto forma di fondi europei a progetti di vario ordine e tipo. Quindi più di otto miliardi rimangono nelle casse europee. Per il momento ci si limita ad argomentare dei fondi che lo Stato italiano conferisce al soggetto Unione europea, perché la quota che il sistema bancario versa alla Bce richiederebbe una trattazione a parte e molto più lunga; anticipiamo che il funzionamento del sistema bancario europeo non è dissimile da quello dell’Ue, funziona come il pagamento del conto alla “romana” che si fa al ristorante: in pratica francesi, tedeschi ed olandesi ordinano caviale e champagne, mentre italiani, greci, spagnoli e portoghesi una semplice pizza, al momento di pagare il conto vige la regola che si divide alla “romana” e senza lamentarsi.

Emerge che gli otto miliardi che ritornano in Italia vengono erogati ai soliti noti dell’impresa e delle professioni, della cooperazione e del no-profit. In poche parole tornano in Patria per essere gestiti ed elargiti ad amici dei vari Caf riconducibili a Pd e dintorni, oppure per aiutare le tante Ong a formare lavorativamente i migranti provenienti da paesi extra-Ue (il compito che pare abbia svolto la cooperativa di moglie e suocera di Soumahoro). Ma anche per finanziare le scuole di formazione e lavoro iscritte negli albi ed elenchi delle Regioni: i cosiddetti Enti di Formazione sostenuti dal Fondo Sociale Europeo, che i numeri ci dicono non aver mai formato ed allocato fabbri, carrozzieri, meccanici, ceramisti, tornitori, fresatori; invece hanno favorito il modo dell’intrattenimento attraverso i corsi di teatro, canto e couturier, illudendo tanti ragazzi sempliciotti che possa aprirsi loro il mondo del piccolo e grande schermo. Insomma una fabbrica d’illusioni che ha permesso a pochi furbi la spartizione dei fondi europei alla formazione. E, mentre questo meccanismo drena annualmente sostanze dai contribuenti italiani, parallelamente c’è chi a Bruxelles ha sempre lavorato per far chiudere le botteghe artigiane del Belpaese. Un imprenditore veneto (artigiano metalmeccanico) ha così deciso di dare del ladro e tangentista a tutti gli eurodeputati del Pd degli ultimi vent’anni; rei secondo l’uomo d’aver intascato tangenti per far approvare le normative Ue che hanno portato a morte il “made in Italy”. Le parole dell’artigiano (intervistato da La7) pare abbiano creato imbarazzo tra politici e giornalisti in studio.

Per decenni politica e stampa italiana ci hanno raccontato che Bruxelles sarebbe sede d’una sorta di primato politico ed etico, e che lì verrebbero prese decisioni per il bene di tutta l’Europa. Gli euroscettici non hanno mai creduto a questi predicozzi, in considerazione del fatto che le norme Ue hanno di fatto disoccupato buona parte dei cittadini europei: nello specifico hanno favorito la moria dell’artigianato italiano. Oggi, alla luce dello scandalo che coinvolge per corruzione sessanta eurodeputati, è lecito chiedersi se quelle norme europee non siano davvero state partorite a fronte del pagamento di tangenti da parte di multinazionali. È certo il lavoro fatto nell’ultimo decennio dalle lobby regolarmente iscritte a Bruxelles nell’albo dei “portatori d’interessi”: hanno avvicinato eurodeputati e commissari, prospettando loro come migliorare la vita dei cittadini europei attraverso domotica, informatica, norme bancarie ed assicurative, chiusura di attività tradizionali, norme sanitarie e farmaceutiche. contatori intelligenti, green economy, auto e moto elettriche, obblighi di messa a norma Ue di case e botteghe. Gli eurodeputati, eletti dai cittadini, hanno eseguito alla perfezione le tappe nell’agenda dettata da multinazionali e “portatori d’interessi” (sia di grandi società che di stati extraUe). Ci hanno persino detto che tutto è in armonia con l’Agenda Onu 2030. Sorge il dubbio che i lobbisti potrebbero anche aver corrotto l’Onu perché redigesse un prontuario utile alle multinazionali energetiche, cibernetiche, farmaceutiche e finanziarie. La recente vicenda di Bruxelles ci dice che degli eurodeputati potrebbero aver preso soldi da privati per fare leggi non gradite ai cittadini.

I sessanta eurodeputati coinvolti nella storia di mazzette appartengono sia alle famiglie politiche dei Socialisti e Democratici che al Partito Popolare come ad altri raggruppamenti della sinistra ambientalista e tecnologica. Emergerebbe dalle indagini dei servizi segreti belgi che, le intelligence marocchina (Dged, il servizio segreto di Rabat) e come di paesi africani incontravano esponenti dell’Europarlamento per condizionare attraverso tangenti la strategia di Bruxelles e Strasburgo in materia d’immigrazione, le famose politiche utili alle Ong. Non è un caso che il ministro della Giustizia belga, Vincent Van Quickenborne, abbia parlato di un consolidato sistema di tangenti per influenzare le decisioni politiche europee da parte di potenze economiche. Van Quickenborne ha chiaramente alluso ad “innumerevoli ingerenze straniere in più settori”, lasciando intendere che si tratti sia di stati che di multinazionali.

Non solo c’è stata ingerenza di apparati esteri che hanno minacciato la sicurezza dell’Ue, ma anche di multinazionali che, dietro il pagamento di tangenti, hanno ottenuto vantaggi economici attraverso l’introduzione di regolamenti capestro per i cittadini europei: emerge nel paragrafo “interferenze nei processi decisionali” redatto dalla Sûreté de l’Etat (servizio segreto civile belga). Secondo fonti belghe, se è coinvolta la vicepresidente del Parlamento Ue (la greca Eva Kaili) significa che in Europa c’è marciume da decenni: la Kaili è emanazione della famiglia socialista greca Papandreou, che ha favorito la svendita di porti, aeroporti, isole, noli e villaggi turistici a società estere, trasformando i greci in un popolo di poveri e nullatenenti. Sorge il sospetto che il fallimento e la svendita della Grecia siano avvenute a seguito di tangenti pagate all’equipollente greco del Pd italiano.

Fino a ieri venivano accusati di complottismo tutti gli euroscettici che parlavano di “norme Ue partorite da accordi tra eurodeputati, multinazionali e stati esteri”. Oggi quei sospetti non sono più illazioni complottiste o “fake news”: grazie alle indagini dei magistrati belgi, che indagano sul sistema che ruotava (e ruota) attorno all’ex europarlamentare Pd Antonio Panzeri irradiandosi ad altri eletti, stanno emergendo i nomi di chi lavorava contro l’economia italiana ed europea. Ora gli euroscettici si domandano: “se i socialisti greci hanno preso tangenti per svendere la Grecia, ora potrebbe emergere che il Pd italiano abbia lavorato a svendere l’Italia intascato soldi per introdurre normative Ue che hanno desertificato le imprese e sacrificato le proprietà italiane?”. A questo punto necessiterebbe ridurre i soldi per Bruxelles al minimo indispensabile per il mantenimento dei servizi istituzionali, mantenendo nelle patrie quelle eccedenze che dovrebbero ritornare ai paesi membri sotto forma di “fondi Ue”. Ormai è minata la credibilità del sistema, soprattutto andrebbero risarciti i milioni di artigiani e contadini danneggiati dalle norme europee.

 

 

Immagine: https://www.pisatoday.it/

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