Francesca da Rimini e il bacio dell’alpino
Ricordo come fosse oggi – era l’ultima festa della matricola e stava per aprirsi la severa epopea del ’68 – che i palazzi di via Veneto amplificavano l’eco di un motivo in cui Rosina – dammela, dammela per favore! – era delicatamente invitata a compiere l’atto propedeutico della procreazione. Di solito, l’uomo non si faceva pregare: sarebbe stato un imperdonabile affronto per il gentil sesso, la brutale sconfessione dell’amor cortese celebrato dalle penne migliori della nostra storia nazionale. Non mi pare di aver visto, sfogliando i giornali dell’indomani, che si fosse levata qualche voce per eccepire sulla liceità di quella placida petizione, o che le stesse colleghe dell’Università si fossero messe in fila davanti all’ingresso dei commissariati per sporgere denuncia. D’altro canto, si sa, la Natura, nel pretendere da noi che si collabori per la salvaguardia della specie, si é consorziata con la tradizione e con gli statuti del comune buon senso, in forza dei quali quasi sempre avviene che tu gliela chiedi, e lei é libera di decidere se é un sì o un no: una fondamentale differenza – e ci mancherebbe – con le slot machine é che non si alza di scatto la bandierina di metallo con sopra scritto ‘riprova!’, con l’ovvia esortazione a riprovare da un’altra parte.
E’ così da millenni. Fa però un certo effetto che gli stessi ambienti che idolatrano la Gretina (a proposito che fine ha fatto?) abbiano intrapreso delle campagne per sensibilizzare la gente distratta al rispetto dei fiumi, che stanno diventando di plastica, e poi scatenano la guerra dei sessi – femmine contro maschi, omo contro etero – che non solo non é conforme al dettato della Natura ma ne costituisce la negazione. A Francesca da Rimini un Alpino di settant’anni, eccitato dall’innocente promiscuità della sua comitiva, fatta di persone abituate all’aria di montagna, con altra gente che respira al livello del mare, ha conferito il titolo di ‘bellissima’ perché é di coloro che hanno calzato sulla testa il cappello con la penna nera una speciale attitudine ad essere poco parsimoniosi coi propri connazionali, una volta tirandoli fuori da sotto le macerie del terremoto, un’altra offrendo ad una ragazza dall’estetica dozzinale che passa di lì la possibilità di sentirsi, almeno per un giorno, almeno per un momento, la controfigura di Sophia Loren. Domineddio, come a voler evocare le grandi scene di massa dell’Iliade del Monti, tutte le erinni all’unisono e in sincrono – non una di meno – sono uscite dalle loro tane denunciando a gran voce la corrività allo stupro da parte dei maschi ed invocando la sospensione per almeno due anni dei raduni degli Alpini. Per quasi una settimana non s’é parlato d’altro, al punto che qualcuno ha avuto addirittura l’impressione che la guerra in Ucraina fosse già terminata e che la ridondanza dell’argomento dipendesse dalla miracolosa sparizione di tutti i problemi, dalla riattivazione del mercato del lavoro al suicidio collettivo di tutti i principali esponenti del PD e del Movimento Cinque Stelle. Per quanto possa sembrare strano, data l’evanescenza dei fatti, intorno ai quali é stata montata tanta cagnara, il presidente dell’Associazione Nazionale degli Alpini, nel dichiararsi disgustato dalle fantasie elaborate dalla pletora delle erinni, ha assicurato che aprirà subito un’inchiesta e che punirà severamente l’Alpino responsabile del grave nocumento, psicologico e morale, patito da Francesca da Rimini. Strano, per modo di dire. In realtà tutto tiene. Le rapide procellose del ‘politicamente corretto’ possono mettere in seria difficoltà anche il capo dell’ANA che non vuole perdere il posto, e possono indurre il corsivista del Corsera, che ama raffigurarsi mentre dondola beato su di un’amaca di corda, a lasciarsi andare sulla corrente, perché altrimenti il padrone del giornale lo licenzia prendendolo a calci nel culo.
Ho comunque il timore che, a parte le polemiche del momento che si spengono subito rotolando nella direzione del grand hotel o di novella duemila, si abbia scarsa contezza dell’enormità dell’episodio e delle tacite conseguenze, l’una collegata all’altra – come i birilli stesi da un colpo da maestro sulla pista del bowling – che se ne possono ricavare. La prima, in ordine di scrittura, é che, coerentemente col suo stile, che é quello di scavare goccia a goccia la superficie del macigno e di sviluppare una propaganda reticolare, questo surrogato infame della vecchia Sinistra ha colto un’altra occasione per cercare di svellere la tradizione (della quale gli Alpini fanno parte, insieme ai Bersaglieri e al logo della Ferrari) dalla carne viva della società civile: già, perché così si determina una frattura nella sequenza generazionale e l’evaporazione dei valori identitari trasforma il Paese in una pappa indistinta che si offre senza reagire, come un corpo morto, alle manipolazioni lascive operate su di lei dalle elite, interne ed internazionali.
La seconda é che, sulla scia di tutte le prove esibite, sul terreno della cronaca e della Storia, della sua costituzionale avversione alle Forze Armate e di ciò che esse rappresentano – la difesa degli interessi del Paese – la progenie malata del vecchio PCI non si limita più a storcere la bocca, schifata (Laura Boldrini), mentre il 2 giugno sfilano sotto il palco delle cosiddette autorità i reparti della Folgore, o ad osservare i gabbiani che volano, con le mani in saccoccia, mentre risuona l’inno di Mameli (Roberto Fico, presidente per caso della Camera dei Deputati), ma fa molto di più: distrugge, prendendo a pretesto qualche sporadica goliardata, la reputazione dei ‘bocia’ e dei ‘veci’ di una delle più gloriose formazioni dell’esercito italiano, facendoli passare per un branco di depravati. A voler continuare su questa falsariga – facendo salti qua e là, che sono difficili da capire per gente abituata a compiere eleganti acrobazie col cervello, ma che rimangono incomprensibili per le menti meno allenate – sarebbe necessario spendere molto più di due parole per l’ineffabile pacifismo – retaggio della Sinistra storica, deterioratosi con l’abuso – che ha finito per infiltrarsi anche in alcuni settori delle Forze Armate, laddove ad esempio hanno introiettato l’idea che le nuove navi costruite per la MM fossero concepite ‘dual use’, per essere pronte a dare soccorso alle nostre genti colpite da calamità naturali o ad essere impiegate in battaglia, con l’unico risultato, assolutamente certo, che si riveleranno, nel caso, inidonee per entrambi gli scopi, o quella che gli stanziamenti per la Difesa debbano essere disposti solo in base ai programmi della NATO e non invece alla previsione di un possibile contenzioso nel quadrante che più ci compete, il Mediterraneo, magari col coinvolgimento di un Paese , la Turchia, che ha tutte le volte dimostrato di non farsi minimamente condizionare dall’appartenenza al Patto Atlantico, cavallo o regina sulla scacchiera, a seconda di cos’é meglio.
La terza tacita conseguenza é che la celebrazione in contemporanea (prendi due, paghi uno) di due riti correlati, da un lato la demonizzazione del maschio e l’esaltazione della dottrina gender, e dall’altro l’attacco frontale ad una rappresentanza in abiti borghesi delle nostre Forze Armate, dovrebbero (per la confusione generata dai guastatori della Sinistra infame, il condizionale é d’obbligo) aver legittimato il sospetto che qui si tratta di manovre a largo raggio il cui vero obiettivo, prospettato ai pupazzi di Bruxelles e di Roma dai chiosatori di Kalergi, é l’annientamento del Paese attraverso la ‘glaciazione’ demografica e l’adozione di misure consentanee alle invasioni barbariche, la riduzione dell’Italia a mera espressione geografica, il responso di Matternich.
Ora, é innegabile che la rinuncia di quattro gatti a filiare (il corpo é mio e me lo gestisco io) o la loro naturale inidoneità a mettere su una famiglia regolare, dia un contributo marginale alla rarefazione delle nascite, ma é altrettanto innegabile che tale fenomeno dipenda dalla stolida corrività di questa classe politica a premiare i clandestini che scendono dai barconi o i transfughi dalla guerra che arrivano dall’Ucraina (hanno toccato centomila) con uno ‘stato sociale’ molto più remunerativo di quello riservato agli autoctoni, flagellati dalle privazioni e dalle tasse, le più alte d’Europa, ai quali il futuro mette paura: come ne mette a me nel confrontare due istantanee, una, la famiglia italiana, un quadratino nero, la prova di aver effettuato uno scatto a vuoto, e l’altra, la solita maghrebina, che si nasconde il viso, un bambino avvolto nello scialle appeso al collo, un bambino preso per mano, e un altro ancora che ciuccia nel passeggino.
Ma la paura maggiore – per l’indubbia capacità raggiunta dai mandanti del ‘politicamente corretto’, di mettere in fuorigioco chiunque gridi al comblotto, con la ‘b’ del troglodita al posto della ‘p’, e chiunque tenti in qualche misura di ostacolarlo perché é un ‘fascista’ – é che ci sia in giro troppa rassegnazione, tra i vecchi che non hanno più la forza per reagire e i giovani che, inconsapevoli di ciò che gli accade intorno, non l’hanno mai avuta.
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