Gay Pride: orgogliosi di essere umiliati

 

Gay Pride: orgogliosi di essere umiliati

Nel 1932 usciva “Freaks”, film cult di Ted Browning, un grottesco e rocambolesco viaggio in bianco e nero nel mondo del circo e dei cosiddetti “fenomeni da baraccone”.

Per quanto il pensiero di rinchiudere altri esseri umani dietro una gabbia al fine di trarne un sadico divertimento susciti un più che giusto disgusto, sembra che la coscienza dell’uomo “libero” e “progressista” del terzo millennio non voglia condannare con altrettanta fermezza uno show oggettivamente degradante e lesivo della dignità umana: il gay pride.

 E’ possibile che per legittimare il proprio ruolo nella società si crei uno spettacolo ridicolo, squallido e artificioso che nulla ha a che spartire con il proprio orientamento sessuale? Ma facciamo un passo indietro: i gay pride nascono per commemorare i moti di Stonewall del 28 giugno 1969, data con cui si è scelto di identificare simbolicamente la nascita del movimento LGBT.

 Fermo restando che non ci sarebbe niente di particolarmente scabroso nel commemorare un momento storico indubbiamente importante per la comunità omosessuale (come se gli omosessuali non facessero parte della mia, ma tant’è), qual è il nesso fra questo e un individuo vestito di latex che ne trascina un altro al guinzaglio? Qual è il collegamento fra questo redivivo circo Barnum e Mishima? O Pasolini. E soprattutto: perché dovremmo portare dei bambini ad assistere a questo spettacolo disumanizzante, checché ne dica il nostro beneamato presidente Enrico Rossi, che nel mese di giugno ha caldamente invitato i genitori toscani a farlo? Esattamente cosa dovrei dire a mio figlio? “Guarda, lo vedi quello strano signore con il perizoma arcobaleno che lecca un calippo a forma di pene? Ecco, quello è un omosessuale e oggi sfila in questo modo per dimostrare che lui è orgoglioso di essere così e che non è diverso da noi”. Ricordano un po’ i serragli umani che andavano di moda durante la Belle Epoque, quelli con i bambini selvaggi provenienti dal Congo a cui qualche buona donna timorata di Dio e con il colletto inamidato tirava le noccioline.

 Appare dunque lapalissiano che non ci sia nulla di civile o di progressista in tutto questo: l’unico obiettivo è declinare l’essere umano secondo il variopinto e moderno ventaglio di preferenze e orientamenti sessuali al fine di ingrassare il mercato del sesso e rivendicare l’unico vero orgoglio, quello dell’Individuo, del consumatore apolide privo di qualsiasi riferimento culturale, ma soprattutto svincolato da qualsivoglia sentimento nei confronti dell’unica comunità in cui sia lecito riconoscersi: quella nazionale.

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