Generazione codice a barre

 

Generazione codice a barre

Il manifesto dell’associazione Provita con l’immagine di due giovani uomini che spingono un carrello da supermercato con all’interno un bimbo e la didascalia “due padri non fanno una madre” è stato rimosso. Secondo il sindaco romano Raggi, turba le coscienze e, regolamento comunale alla mano, è “lesivo del rispetto dei diritti e delle libertà individuali.” Nessun commento, basta la realtà.     

A noi sembra che il manifesto faccia centro nell’immagine del cucciolo di uomo. Ha il volto sofferente, sta dentro un carrello e sul petto ha un grande codice a barre, uno di quelli stampati sulle confezioni dei prodotti che passeranno al lettore magnetico di cassa. Il bimbo è, suo malgrado, il simbolo di una generazione nuova, compravendibile, l’umanità-merce, definita da un codice. Una regressione sconcertante.

L’unico paragone calzante è con il marchio, il numero 666 dell’Apocalisse di San Giovanni. Apocalisse significa rivelazione, e il marchio, dal greco charagma, indica qualcosa che viene impresso, scolpito. La Bestia “obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei” (Apocalisse 13:16-18).

Ci pare che il senso del nostro vivere odierno sia diventato questo: la trasformazione in oggetti, merci di consumo, generazioni con il codice a barre. L’uomo, il suo corpo, è diventato compravendibile, un bene di consumo come ogni altro.  Si può acquistare una parte o un pezzo staccato (traffico di organi), affittare l’utero in conto terzi, si può comprare un figlio. Poco importa se si è celibi, nubili, etero o omosessuali. Avere un figlio, dicono, è un diritto, esattamente come disfarsene se non gradito.

In questo periodo la cronaca si occupa del caso di Miguel Bosé, il cantante spagnolo, il cui divorzio (omo, ça va sans dire) fa un gran rumore di piatti rotti. Il suo ex, oltre all’argenteria e a qualche suppellettile, avrà due dei quattro bambini che vivranno in Spagna. Gli altri due andranno con l’altro padre in Messico. Nati con metodi artificiali, figli naturali di chissà chi, non solo non hanno conosciuto il calore di una madre, ma verranno separati per volontà dei genitori legali. Nulla di strano nel felice secolo XXI; li hanno scelti come un mobile o un gioiello, vanno divisi come il resto delle proprietà. Schifo suggerisce il giudizio morale, se ancora è permesso.

La sfera sessuale è quella in cui appare maggiormente la riduzione della persona a oggetto. Non più persone, ma atomi, unità di prodotto destinate a perdere ogni relazione una volta uscite dalla catena di montaggio. I fili genealogici vengono tagliati, insieme con legami culturali, prescrizioni morali.

Il solco è tracciato, il cattivo seme gettato ha dato i suoi frutti. Incede nel mondo l’uomo confezionato in serie, vissuto tecnicamente, pret-a-porter, sottovuoto come il cibo, prefabbricato come gli oggetti, adesso i figli, per chi si ostina a volerne. I modelli sono prodotti anche su ordinazione, firma elettronica per ricevuta alla consegna, pagamento con rid bancario. Altri codici a barre, lucette che si accendono al passaggio presso il sensore, chip. Il prodotto uomo è tracciato, manca la data di scadenza, ma ci stanno lavorando.

Eppure, qualcuno controlla, determina il codice a barre, attiva i sensori, tira i fili.

Nelle università, una volta templi del sapere, si invoca e si ottiene la censura per giganti della cultura, se esprimono concetti invisi al sistema di valori riconosciuti dal sensore del codice a barre, gli universali indiscutibili della post civiltà. Folle Aristotele ad asserire che nulla è più naturale dell’unione del maschio con la femmina, un falsario Spinoza, per il quale chi cerca l’uguaglianza tra diseguali cerca una cosa assurda. Un pazzo estremista Dante, che si permette di destinare le anime all’Inferno o in Paradiso sulla base del criterio morale cristiano. Da rielaborare il Vangelo che annuncia per gli empi pianto e stridor di denti, ludibrio per il vecchio Hegel, colpevole di definire la famiglia comunità etica naturale. 

In assenza di principi forti, comanda il conformismo del branco. Non più soggetto, prigioniero del carrello della spesa, l’individuo-codice aspira a essere e comportarsi “come tutti gli altri”.  L’astuzia seduttiva della postmodernità consumista è stata la capacità di convincere che il conformismo è una libera scelta individuale.

Sorprende il dilagare del pregiudizio anti autoritario in una società che, al contrario, domina, sorveglia, induce, impone.

La comunità era già sconfitta con l’estirpazione delle radici, il tenace istinto plebeo del fare ciò che aggrada. Da quando ogni movente umano è ridotto all’utilità immediata, allo scambio commerciale, alla domanda e all’offerta, bene, male, vizio, virtù, hanno perduto significato. L’Unico, l’uomo a barre è libero, anzi liberato.

Perduto il padre simbolo dell’autorità, garante della continuità, il potere, lavora adesso per decostruire la madre. Responsabilità del femminismo, con le sue gabbie regressive travestite da liberazione della donna, ma anche del mercato misura di tutto. Si estraggono ovociti dalla donna (povera, del Terzo e Quarto Mondo) ridotta a materiale in cui incubare embrioni. Una riduzione a pura materia.

La modernità europea e occidentale nasce e vive in opposizione radicale alla civiltà precedente. E’ antiromana, anticristiana e antigreca, rappresenta una rottura epocale di cui solo da pochi anni avvertiamo l’ampiezza. Il più brutale utilitarismo ha travolto come un terremoto ogni principio che si opponeva all’egemonia del mercante. Antropologicamente, snodi decisivi sono la decisione di non avere figli, ovvero di farla finita con il sangue e la civiltà ricevuta, e l’accettazione dell’eutanasia.   

Il culmine del liberalismo è la contemplazione del capitalismo. E’ un comunismo realizzato attraverso il monopolio. Rockefeller e Marx sono semplicemente due rappresentanti della stessa forza sociale. Hanno vinto loro. Una volta saliti sul carrello, ci hanno applicato il prezzo, impresso il marchio, assegnato il codice a barre. Siamo schiavi che ignorano o amano le proprie catene. Ed è subito sera.

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