I millennials, la generazione perduta – introduzione

 

I millennials, la generazione perduta – introduzione

I millennials, la generazione anagraficamente collocata tra gli anni ’90 e il nuovo millennio, schiacciata tra aspirazioni nuove e suggestioni antiche, alle spalle le macerie del Muro, davanti agli occhi la nebulosa postmoderna. Una generazione senza certezze, che vive e tocca con mano la più grande crisi dei valori che questo nostro mondo abbia mai conosciuto. Quale futuro dunque per i millennials? Quale futuro per tutti quei giovani che si perdono nell’asfissiante sopravvivenza di una quotidianità crudele, priva di riferimenti fisici e metafisici, culturali e umani, una quotidianità fatta di fughe, di abbrutimento, di esasperazione, di confusione?

Prima di parlare di futuro, è tuttavia necessario parlare del presente, analizzando sommariamente la condizione giovanile, esplicare e individuare tutti i punti di rottura, nei quali si inserisce la condizione di incertezza e spaesamento che caratterizza questa nostra generazione. Parlavamo prima in maniera enfatica di una generazione schiacciata tra le macerie del Muro e l’evo postmoderno, infatti la caduta del Muro di Berlino, assieme al rimasuglio filosofico del “sessantotto”, costituisce il mito fondativo della postmodernità; l’individuo come centro del mondo, la deriva tecnica, il trionfo della quantità, la vittoria di quella che viene definita “la parte giusta della storia”, la libertà individuale elevata a paradigma fondamentale dell’impianto filosofico postmoderno.

L’elevazione dell’individuo a unico e fondamentale soggetto storico, pone in essere non pochi problemi, i quali si ripercuotono nella forma mentis di tutti noi, in quanto figli di questo tempo. Laddove l’individuo prevale concettualmente sulla comunità, allora si assiste alla prevaricazione automatica anche di tutto l’impianto valoriale che questo aspetto porta con sé. Utilitarismo, affarismo, carrierismo, distruzione pressoché totale di ogni legame comunitario, famiglia, stato, società, concetti presi letteralmente a picconate dal liberismo imperante. Non dobbiamo sorprenderci quindi se oggi tutto quello che è solido, e che ha in sé le caratteristiche primordiali della comunità, viene attaccato senza esclusione di colpi dalle élite finanziare e da quelle culturali/intellettuali, poiché lo scopo ultimo del liberismo, è quello di sconnettere l’uomo da qualsiasi legame, renderlo individuo assoluto, slegato quindi da ogni presupposto comunitario che possa in qualche modo rallentare e ostacolare il suo fine ultimo, il consumo.

Lo sviluppo dialettico del capitalismo ha creato un mondo dove, al contrario dei millenni di storia passati, che hanno forgiato la civiltà umana, l’individuo è posto ad un livello superiore rispetto alla comunità tutta. I giovani in questo orizzonte di solitudine, vivono il peso dell’aspettativa di una vita protesa sempre in avanti verso l’io, verso la concretezza materialistica, verso la scalata sociale, il raggiungimento del benessere economico, la soddisfazione puerile della proprietà fine a sé stessa.

Questo è il primo grande sintomo della crisi che attraversa il mondo di oggi, essa investe l’intero tessuto sociale, ma si fa particolarmente aggressiva e spietata verso i giovani, i quali sembrano non avere più solidità alle quali aggrapparsi. È necessario e fondamentale ricostruire la società e lo stato, restituendo al mondo che sarà un impianto culturale solido e forte, con il quale combattere le follie individualistiche del liberalismo, l’ideologia imperante.

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