Il femminismo sistemico di Lilli Gruber
Il 26 ottobre Lilli Gruber, celeberrima giornalista dal curriculum invidiabile e conduttrice dell’altrettanto nota trasmissione di La7 “Otto e Mezzo”, è stata intervistata da Danda Santini per il settimanale Io Donna.
L’intervista è stata l’occasione per pubblicizzare il suo nuovo libro, “un pamphlet ricco di fatti, numeri, nomi, scritto per scuotere l’opinione pubblica”dal titolo Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone: gli uomini, secondo la signora Gruber, andrebbero “rieducati” (sic!) per abbattere le cosiddette “tre V” dell’universo maschile, ovvero volgarità, violenza e visibilità, risultato, a detta sua, “di una virilità impotente e aggressiva”.
Il messaggio è chiaro: donne, prendetevi il potere!
Ma quali donne? E soprattutto, quale potere? Perché alla Gruber non sembra interessare la condizione della donna media, stretta da una parte fra il sistema liberal-capitalistico che la vuole solo lavoratrice e consumatrice edonistica e dall’altra dalle proprie aspirazioni di moglie e di madre, ad oggi sempre più criminalizzate.
Ciò che interessa alla signora dei salotti televisivi è prendersi ciò che ritiene sia ad oggi appannaggio del sesso maschile, ovvero ruoli chiave in posti di potere strategici (il fondo monetario, la UE, i grandi partiti), non per aspirazione personale, sia mai, ma per cambiare in meglio il mondo, distrutto da anni di cattiva amministrazione maschile.
La Gruber cita quindi Ursula Von der Layen e Christine Lagarde, come se fossero delle fortunate eccezioni, ignorando, volutamente o meno, che sono almeno trent’anni che le donne hanno quel potere che lei brama tanto e non ci sembra che il mondo sia migliorato, anzi.
Faremo solo due esempi, che forse sono sfuggiti alla signora Gruber: Angela Merkel e Hillary Clinton.
La prima ha governato la Germania dal 2005 e de facto anche l’Unione Europea, quindi se c’è qualcuno a cui possiamo imputare le politiche di austerity che hanno portato, fra le altre cose, all’aumento della mortalità infantile in Grecia, una è sicuramente lei.
E non se la passa bene neanche la stessa Germania, la famosa “locomotiva europea”, ad oggi in forte rallentamento; la seconda, invece, durante il suo mandato come segretario di stato americano, è stata la responsabile del disastro libico, di cui attualmente stiamo ancora pagando le conseguenze in fatto di instabilità geopolitica e immigrazione.
E per rimanere in Italia, basti ricordare il caso dell’ex-presidente dell’Umbria in quota PD Catiuscia Marini, responsabile dello scandalo che ha coinvolto il sistema sanitario della regione che amministrava.
Insomma, non proprio un buon esempio di condotta femminile.
Concludendo, Lilli Gruber si conferma ancora una volta per quello che è: uno strumento del potere che ha come fine il mantenimento dello status quo; questo ci dimostra anche come il problema non sia il sesso di chi gestisce la cosa pubblica, ma il suo schieramento ideologico (in questo caso il liberal-capitalismo mascherato da progressismo di sinistra”).