Il Natale dell’assente

 

Il Natale dell’assente

In queste settimane assistiamo a un vero e proprio sequestro del Natale. La celebrazione, va ribadito per gli immemori, ha radici cristiane. Si deve a una nascita avvenuta in un remoto angolo della Palestina. Il bimbo avrebbe cambiato il mondo per due millenni, prima di diventare un fastidioso profeta archeologico.

Il Natale Neo è tutto fuorché la festa per la nascita di chi ha fondato la nostra civiltà e, incidentalmente, ha redento l’umanità. Il Neo Natale è il pretesto per le cose più sconcertanti. Proliferano le immagini augurali, candele che non fanno luce e frasi fatte grondanti buoni sentimenti. Già da settimane le città si son riempite di luci rutilanti che evocano qualsiasi cosa tranne l’annuncio cristiano.

Non ci sono stelle comete, pastori né altro che distingua questo tempo una volta sacro da una fiera qualunque, con autoscontri e tiro a segno.  Natale è stato sequestrato dal vero Onnipotente, il Mercato. Meglio coricarsi e risvegliarsi a cose fatte. 

Questo è il Natale al tempo dei nuovi dei, consumo, mercato, vacanza. Natale è la festa di un Assente, il bambino di Betlemme.

Avanziamo una proposta risolutiva: abolire il Santo Natale, per sostituirlo con una festa più alla moda. Potrebbe essere una vera e propria fiera del Mercato, da protrarre per settimane, in modo da permettere a tutti di svuotare la tredicesima al Luna Park dell’acquisto. Abrogato per legge il Natale, finiranno le ridicole polemiche sul presepe. Non dovremo più fingere che sia la festa della famiglia, altra istituzione scomparsa, retaggio del buio passato.

Scomparso dal calendario Natale, dovremo abolire anche Pasqua. A ben guardare, si tratta di una ricorrenza ancora più equivoca. Cade in date incerte, rievoca un evento che la sensibilità moderna deride. Un tizio, lo stesso del Natale, sarebbe risorto dopo essere stato crocifisso. Tutte favolette anti scientifiche, non la danno a bere al cittadino razionale, liberato e istruito del secolo XXI. In più, non si recherà più offesa al popolo ebraico, cui è stata attribuita per secoli la colpa collettiva della condanna del sedicente Redentore. E’ gente importante, meglio chiudere la questione e approfittare del consenso di una vecchia ditta in disarmo, la Chiesa Cristiana s.p.a., anch’essa incredula della resurrezione, in mancanza di telecamere.

Al posto della Bibbia e del Vangelo, verranno letti brani significativi degli autentici profeti: l’Indagine sulla Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith, i Principi di Economia Politica di David Ricardo. Nessuna Santa Messa, ma gite collettive nei centri commerciali, con parcheggio gratuito e concorsi a premi.

Babbo Natale non recherà più doni, ma girerà con il POS e rilascerà scontrini fiscali: una bella lezione etica agli evasori fiscali.

Natale è una festa cristiana e Gesù non è venuto al mondo per far da pretesto a regali e giorni di ferie. La nascita del Signore è una chiamata alla speranza per tutta l’umanità. Il tentativo, pienamente riuscito, di scristianizzarla e riempirla, oltreché di acquisti, anche di vecchietti barbuti di rosso vestiti rivela qualcosa di profondo e preoccupante: Natale è stato sottratto al cristianesimo. Gesù, il bambino di Nazareth redentore è il grande assente.

Eppure, è il tempo della memoria di una nascita, quella di chi ha redento il mondo e riempito di senso la vita di ciascuno. Questo si celebra, non le illusioni o le aspettative immediate. Dovrebbe essere il tempo della speranza che non si esaurisce. Natale esiste, in Italia, Europa e altrove, perché le nostre civiltà si possono comprendere solo a partire da radici e tradizioni che hanno oltre duemila anni e si rispecchiano negli effetti di quella nascita dimenticata. Rinunciarvi non è solo un’apostasia religiosa, ma gettare nell’immondizia l’intera identità nostra.

Nell’era dell’assenza, fa paura la chiusura al sacro. Buon Natale ha un senso, al posto dell’ambiguo buone feste. Quali feste, perché ci fermiamo, perché ci stringiamo la mano, se non in quanto ci unisce l’identità nata con il cristianesimo?

Non sappiamo neppure più chi è l’Assente di Natale. Ce lo hanno rubato e abbiamo collaborato al furto. Anzi, ci siamo liberati di un fardello.

Quante cose sono diventate incomprensibili all’uomo di oggi in ragione delle troppe assenze. Ci vergogniamo di ciò che siamo, non sappiamo chi eravamo, evitiamo di chiederci dove andremo. Il finale è senza speranza, una morte rapida.

Nel mondo frenetico in cui viviamo, dove alcuni corrono dallo psicanalista e altri si affidano all’oroscopo, occorre riaprire lo spirito al soprannaturale, alla meraviglia stupefacente di un bambino che nasce per noi, per salvare me, proprio me.

L’immagine di Maria con il Bambino in braccio, benedicente con serena maestà, rende l’uomo che la osserva più umano e più divino. Per questo duole l’Assente di Natale: è la mancanza non solo di Dio, ma della parte migliore di noi stessi. Non lasciamo spazio all’Assenza, riempiamola con il cuore e lo spirito. Meno panettoni, via babbo natale; spegniamo le luci artificiali e riaccendiamo quelle del cuore, recuperando la Presenza, ovvero la dimensione più profonda dell’uomo: il senso della trascendenza, il desiderio di Dio.

 

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