Il razzismo del colto progressista

 

Il razzismo del colto progressista

Gli intellettuali “de sinistra”, créme de la crème della nostra fortunata società, stupiscono ogni volta. Nell’ultima puntata di DiMartedì il siparietto tra Giovanni Floris e Corrado Augias è stato impagabile.

Il giovine Floris cela dietro il sorriso da bravo ragazzo un sinistro settarismo, ma il vecchio leone ha avuto la meglio. Augias si è esibito in una breve intemerata contro gli sventurati di destra. Nessun insulto: l’ex eurodeputato, firma prestigiosa di Repubblica, è un signore anziano – va per gli 85 – elegante e misurato. Parla con sussiego, non alza la voce. Ogni tanto, purtroppo, l’istinto prende la mano anche a lui.

Ha impartito su TV7, pascolo esclusivo della sinistra Made in Capalbio, un’applaudita lezione. Grazie a lui, sappiamo finalmente cos’è la destra e cos’è la sinistra. La sinistra è nel giusto in quanto “essere di destra è facile, perché essere di destra vuol dire andare incontro a quelle che sono le spinte istintive che tutti, o quasi, hanno “, pontifica Augias. “Quelle spinte istintive vengono invece moderate e indirizzate meglio dal ragionamento e dalla conoscenza degli argomenti e da un senso nobile di altruismo, tipico della sinistra.  Essere di sinistra è più difficile, perché gioca su un terreno in cui la conoscenza degli argomenti è fondamentale. Quello di destra dice a me gli immigrati fanno schifo e il suo discorso finisce lì.”

Ci saremmo aspettati di meglio dal professore. Potremmo cavarcela, se fossimo come la setta di cui fa parte, chiedendo di deferirlo per odio alla commissione Segre. Proviamo invece a confutare l’argomentazione dell’irato Corrado.

Il razzismo antropologico del colto progressista è raggelante. Siamo tutti uguali, ognuno ha diritto a libere opinioni, fuorché se è “di destra”.  Facile l’accusa di incoerenza. Il progressista è un totalitario che impone una società a taglia unica.

Per costoro, il linguaggio è un’arma letale, non uno strumento di comunicazione. Per questo hanno stabilito il diritto a zittire i nemici.

E’ semplicissimo contestare la validità delle categorie di destra e sinistra, oggi pressoché inservibili in un mondo in cui il conflitto è semmai tra alto e basso, élite e popolo, identità e globalismo. La distinzione conviene ai padroni del linguaggio, ovvero la sedicente sinistra. Destra è tutto ciò che non piace a loro. Estremizzando, può esserlo il maltempo, la foratura di un pneumatico in autostrada, la suocera petulante.

Non facciamoci impressionare: più credono di squalificare, più mostrano incapacità di rispondere alle tesi altrui. E’ toccato anche a Corrado Augias: buon segno. Informati lorsignori sul fatto che sappiamo, leggere, scrivere e far di conto, è agevole replicare nel merito. Essere di destra è facile? Ridicolo. A parte la discriminazione subita per oltre mezzo secolo dai malcapitati che osavano dichiararsi “destri”, è ben più comodo preferire i diritti ai doveri, l’uguaglianza alla distinzione, l’irresponsabilità alla responsabilità, la sottocultura del “tutto e subito” alla conquista faticosa. L’istinto, professor Augias, conduce a sinistra, se le categorie hanno senso, perché è immediato, parla alla pancia e non al cervello. In quanto all’altruismo, è virtù non associabile alla politica, a meno di non credere alle panzane collettiviste.

La destra accoglie la realtà. Governare una società non è rovesciarla ogni giorno come un calzino, ma dare continuità.  La presa d’atto, che ciascuno è diverso dall’altro, che vadano alternati fermezza e indulgenza, esclude il buonismo, la credenza ingenua che l’uomo sia naturalmente buono corrotto dalla società cattiva.

Di qua vige il senso dell’onore, sentimento verticale del rispetto di sé. Di là il culto dell’immagine, la sofisticazione di ciò che appare.  La conoscenza, la cultura non sono, perdonate il sintagma equivoco, “cosa vostra”. E se invece soffriste di suprematismo, arroganza, convinzione di appartenere ad un’aristocrazia eletta?

Ricordiamo le rimostranze di personalità della vostra parte contro il suffragio universale, quando il verdetto del popolo non vi piace. Sareste dunque per la disuguaglianza? Che ne è degli operai, dei diseredati, beniamini della vostra giovinezza? Siete sicuri che un diploma di laurea appeso in salotto sia sempre sinonimo di intelligenza e cultura?

Si chiama manicheismo, tutto il bene di qua, tutto il male di là. Non è realista, non è “ragionamento”, ma regressione. Per utilizzare i codici verbali da voi imposti, la parrocchia radical chic somiglia a una destra malriuscita. L’umile scrivano si permette una cattiveria, rammentando una considerazione attribuita a André Malraux, ex comunista che finì ministro con De Gaulle. “Ho conosciuto molti comunisti intelligenti e molti comunisti in buona fede. Non ne ho mai conosciuto uno intelligente e in buona fede”

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