Il sistema bancario dell’Ordine Templare – un modello da riscoprire

 

Il sistema bancario dell’Ordine Templare – un modello da riscoprire

Di solito, quando si parla di “Cavalieri Templari” (o più precisamente, Ordine dei poveri commilitoni di Cristo e del Tempio di Salomone) saltano in ballo temi di vario ordine e specie: da cospirazioni imbevute di suggestioni massoniche, alle fantasie dei romanzi di Dan Brown fino a giungere, passando per i Rosacroce,” a  riassunti pressapochistici (passando di quello che in effetti è stato uno degli ordini cavallereschi più importanti della Cristianità.

Senza volerci soffermare troppo su un resoconto legittimo della sostanziosa storia dell’Ordine Templare, trattiamo un aspetto non molto conosciuto dei Milites Christi (come amava definirli il dottore della Chiesa, San Bernardo di Clairvaux): l’occupazione bancaria.

 Fondato nel 1096 dal nobile francese Hugues de Payns, l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo del Tempio di Salomone (come riporta lo stesso statuto dell’Ordine) non nacque per radunare armigeri particolarmente infervorati e sfruttarli in maniera più vantaggiosa strategicamente in Terra Santa, come certi salotti intellettuali pensano, o vogliono far pensare. Anche se nel corso delle otto Crociate in Medio Oriente, i Templari acquisiranno un ruolo militare ed organizzativo sempre maggiore, possiamo considerarli a grandi linee, una gendarmeria cristiana dedita alla protezione dei pellegrini prima, e all’ordine pubblico nei regni crociati poi.

Il sostegno fornito ai pellegrini poteva consistere nello scortarlo nei luoghi sacri (essendo i sentieri stracolmi di banditi e predoni), al curarlo in caso di infermità come si evince dalla Regola stessa dell’Ordine, articolo LIII : <<Agli assistenti degli infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura, che quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e diligentemente, secondo le possibilità della casa sia loro amministrato, ad esempio, carne e volatili ed altro, fino quando siano restituiti alla sanità>> .

L’aumento di pellegrinaggi per la Terra Santa conseguito alla Prima Crociata, permise un incremento particolarmente rapido delle forze templari e pertanto delle relative mansioni.
I pellegrini cristiani infatti, consci di avere davanti un cammino più sicuro rispetto a quello di dieci anni prima, temevano comunque di essere privati delle loro sostanze, e trattandosi spesso di capi-famiglia con grosse famiglie alle spalle ciò costituiva un problema non di poco conto.

A questo si deve la formazione di una vera e propria “banca del pellegrino” da parte dei monaci-cavalieri, dove era possibile depositare il proprio denaro insieme a qualche carta recante informazioni personali di base, e ritirarli con dei veri e propri assegni in tutte le sedi dell’Ordine presenti in Europa ed Oltremare.

La dottrina cristiana ha sempre mal visto l’accumulo di denaro attuato dai “prestatori di denaro”, in quegli anni perfettamente accostabili alla figura di usurai, la cui inconciliabilità con il Cristianesimo fu ribadita formalmente nel concilio di Lione del 1271.

<< Tu trai denaro dalle lacrime, tu strozzi chi è rimasto nudo e percuoti chi ha fame! >> scriveva infatti, già in epoca tardo antica, il Dottore della Chiesa Basilio di Cesarea.

In un clima di diffidenza verso l’attività bancaria da parte dei regni cristiani (la quale andrà a mitigarsi più per necessità che per convinzione solo durante il ‘400,) risulta certamente interessante quello che è considerabile, a tutti gli effetti, il primo ed unico tentativo di una banca internazionale fedele ad una dottrina strettamente evangelica.

La banca templare infatti, oltre che a non presentare un vero e proprio “interesse” (riscosso al limite nel cambio monetario da regione a regione), favoriva un lungimirante sistema di garanzie, che permetteva ai debitori meno abbienti di evitare riscossioni rovinose.

Ed anche il reinvestimento dei pegni avuti in garanzia avveniva in maniera piuttosto oculata e lenta, cosa che li rendeva dei creditori ideali soprattutto per imprese a lungo termine.

Era inoltre possibile restituire solo il 60% della somma prestata, nel caso in cui non si disponesse del denaro per intero.

Ogni deposito era poi soggetto alle tassazioni del feudo in cui l’Ordine si trovava ad operare, cosa che garantiva una prospera fruizione del denaro pubblico, mantenendo allo stesso tempo le finanze del Tempio in positivo.

I reinvestimenti inoltre, oltre che essere indirizzati al sostentamento dell’Ordine e delle sue case, venivano impiegati per bonificare o irradiare aree agricole, favorendo così l’occupazione nelle aree più rurali.

 Quello templare, per quanto fondato su una solida impronta cattolica, fu pur sempre un sistema bancario ed in quanto tale limitato dalle sue contraddizioni ed i suoi utilitarismi.
Nondimeno è interessante notare che una delle prime banche della storia (almeno nell’accezione moderna del termine) si sia sviluppata in maniera così divergente rispetto alle eredi della modernità capitalista.

 E forse questa ormai remota testimonianza può portare con sé qualche spunto di riflessione: davvero l’economia etica è una puerile utopia degna solo degli astrusi sogni di qualche idealista? E soprattutto, l’istituzione bancaria deve essere per sua definizione una forma di usura legalizzata a danni di individui quando non interi popoli?

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