Il sogno: casa per casa, metro per metro
Dell’apparizione della Meloni al congresso nazionale della CGIL si possono dire molte cose, una all’opposto dell’altra. La liceità del giudizio dipende, comunque, da quali possono essere stati i segreti intendimenti del presidente del Consiglio – che nessuno di noi sa – nell’accogliere l’invito a prendere un caffè da Bertoldino Landini: se quello di ricambiare con una nota di gentile sarcasmo l’agguato che le avrebbero fatto i patiti di ‘Bella Ciao’, o quello di rendere omaggio – come lei ha detto, prendendo una cantonata – alla più grande organizzazione di lavoratori che esista in Italia.
Il cuore, sempre pronto a moltiplicare i battiti in presenza di un fatto nuovo avrebbe esultato nel sapere che lo scopo della signora Giorgia era quello di saggiare – la cinica intraprendenza del dottot Pavlov – la reazione del ‘nemico’ quando l’avesse vista materializzarsi sul palco, ma ha ‘frenato’ quando, a distanza di poche ore dalla trasferta di Rimini il capo del Governo ha telefonato a Fiorello facendo l’imitazione di se stessa e rafforzando, in chi, come me, fa esercizio in modo artigianale, di semiotica, il grave sospetto che si sia trattato anche in questo caso dell’ennesimo sconfinamento dell’Ambra Jovinelli, tutto cachinni e sberleffi, nel mondo della politica, quello che si occupa, almeno in teoria, di problemi e che impone giocoforza una postura compassata.
Quanto ai trascorsi della CGIL, sarei tentato di suggerire alla Meloni un ripasso, su testi diversi da quelli vidimati dalla ‘vulgata’, dai quali si evince che non sono stati soltanto rose e fiori, ma anche molte ombre, a far data dalla morte del socialista Bruno Buozzi per mano dei Tedeschi: una strana staffetta coi ‘partigiani’ nel togliere di mezzo i testimoni scomodi e le persone che avrebbero potuto minacciare il primato dei comunisti nel dopoguerra. Gli anni ’60 e ’70 sono, in definitiva, gli unici in cui, per sostenere dal basso la scalata delle Sinistre verso il potere, i tre sindacati confederali, guidati dalla CGIL, hanno dato prova di vitalità assumendo il controllo della piazza assieme ai lavoratori: il resto é stato scartoffie e cappuccino dal distributore automatico.
La biografia della CGIL, per quanti non se ne fossero ancora accorti, finisce lì, col crollo del muro di Berlino e con lo sfascio dell’Unione Sovietica, la soglia critica tra due epoche, al di qua della quale sono riapparsi i padroni che hanno fatto strame dello stato sociale e mandato a cuccia la CGIL: un paio di guaiti, come da copione, e un paio di salti festosi in direzione dell’osso, the end.
Almeno tre o quattro leve di giovani sono state bruciate dall’assenza di lavoro o dal lavoro senza tutele (mi sembra di averli già visti, questi poveri ragazzi, coi loro immensi zaini sulle spalle, che vanno da un punto all’altro della città per consegnare a domicilio pizze e supplì, ma era il film, brulicante di biciclette, ‘Miracolo a Milano’, ma non c’erano zaini molto più grandi di loro, e l’aria, il cielo, erano saturi di una promettente allegria); non si contano le vittime della ‘mala educacion’ – tradite da una famiglia snaturata e da una scuola messa sottosopra dalle ingerenze nefaste della Sinistra – chi con un laccio emostatico stretto intorno al braccio, e una siringa penzoloni, chi con l’incapacità di interpretare la segnaletica esistenziale, di qui o di lì fa lo stesso, in balia del destino .
Ciò che il nuovo Governo – dopo più di un decennio di gozzoviglio da parte del PD e di apartheid ai danni delle culture divergenti – dovrebbe fare, stando alle regole di ogni reale democrazia e alle caratteristiche del voto espresso nelle ultime tornate elettorali, é mettere in atto, dove sia giuridicamente possibile, uno ‘spoil system’ integrale, che depuri la pubblica amministrazione delle scorie che vi si sono accumulate per più di un decennio e restituisca ai ‘media’, specialmente alla RAI, la possibilità di spaziare su frequenze diverse da quelle utilizzate dagli organismi geneticamente modificati della vecchia Sinistra.
Tale misura, pur essendo assolutamente necessaria, anche nel breve termine, può tuttavia rivelarsi inadeguata a fronte dei guasti, profondi, subiti dalla società e dallo Stato, nel periodo in cui i governi a guida PD si strutturavano diventando ‘regime’. Qualche giorno fa osservavo in presa diretta, su ‘Local team’, gli sviluppi del confronto tra la tifoseria tedesca convenuta a Napoli per una partita di Champions’ e i poliziotti che la fronteggiavano per impedirle di dilagare in città, allorché ebbi la sensazione che le immagini, per un misterioso difetto di trasmissione, si rincorressero all’indietro: ma erano i poliziotti che arretravano in disordine sotto la furia dei crucchi.
Non ci sono più i poliziotti di una volta. La battuta, pedestre, é in realtà il preludio di un’improbabile digressione, per ragioni di spazio, su come questi dieci anni non siano serviti al PD solo a realizzare l’occupazione sistematica dei posti, soprattutto nei settori della Giustizia, del credito e dell’informazione, ma gli abbiano consentito un poco alla volta di avvelenare il Paese iniettandogli dosi sempre maggiori di ‘cultura altra’, antagonista della logica, delle regole e del buon senso.
Così é passato, assumendo la veste dell’ovvietà, il sillogismo stando al quale ‘l’insegnante che boccia, boccia se stesso’, la pedagogia appesa per i piedi ad un ponteggio aereo, come la buonanima a piazzale Loreto.
Così é potuto avvenire che un pederasta rabbioso vada in giro per i salotti affittati dalla TV di Stato abbracciato ad un glabro e mite amichetto: il ‘remake’, con dei personaggi autentici, in carne ed ossa, delle lezioni ricevute al liceo su quali fossero i prodromi incontrovertibili del declino di Roma.
Così, di seguito, con le borseggiatrici che sciamano, come tante piccole arpie sotto le volte della metro, riscuotendo la solidarietà del PD, che non ricorre invece per tutti gli altri ‘lavori’, ai quali corrispondono gli stipendi più bassi d’Europa.
Così, succede che, in nome di un solidarismo apparentemente dissennato e farlocco – non per un certo Kalergi, che dovette essersi circondato di apostoli svegli e, forse, neppure per questo papa che sembra essere schizzato fuori da una sceneggiatura di Sorrentino – l’establishment non solo sponsorizza l’invasione del Paese – fatta passare per un episodio, uno dei tanti, dell’eterno avvicendamento dei popoli sulla Terra – ma lascia che porzioni estese del territorio, come boschi e radure appartate, siano requisite dalla criminalità straniera (in prevalenza maghrebini e nigeriani) per introdurvi dei commerci illegali o, addirittura, per esercitarsi al tiro a segno con le armi da fuoco, lontano dagli sguardi indiscreti.
Il voto politico di settembre, suffragato in parte da quello amministrativo dello scorso febbraio (ma il distinguo, in buona sostanza, vale quasi solo per le statistiche) é apparso eloquente nel sentenziare che il 60 per cento degli italiani non crede nella possibilità che il sistema Italia si emendi attraverso la dialisi elettorale, e che, quindi, per far rifluire l’astensionismo entro percentuali compatibili con l’ordinamento democratico, é necessario che la Destra parlamentare si persuada che la competizione, nell’ottica di chi le ha tributato il consenso e di chi ha preferito restarsene a casa invece di recarsi alle urne, non é tra due soggetti che si contendono il potere, ma tra due soggetti, uno dei quali si oppone alla svendita del Paese e alla distruzione dello Stato perseguite dall’altro.
L’entità della posta, al di là delle contingenze che costituiscono il pane e il companatico dell’ordinaria amministrazione, é tale da confinare nelle pagine interne, fra i trafiletti senza storia di una Storia infinitamente più grande, le ruffianerie rivolte al popolo dell’altra sponda per esserne omologati, e il capo chino contro il “muro del pianto” per dimostrare non si sa che cosa.
Un sistema di potere – é notorio – può essere soppiantato e vinto solo da un altro sistema di potere. Per decine di anni, passando quasi senza accorgersene da quelli di un’ardente gioventù a quelli opachi della vecchiaia, l’uomo della Destra sociale (che non ha mai digerito né Berlusconi né Fini), si é dovuto accontentare di suonare il triangolo in fondo all’orchestra, l’inchiostro del poeta nero si é seccato prima ancora che egli cominciasse a scrivere il primo verso. È stata una specie di genocidio. Ed é dunque plausibile che egli abbia sognato di sostenere questo Governo, o di esserne sostenuto, nel cercare di riprendersi il tempo perduto: il combattimento casa per casa, metro per metro, come a Stalingrado, l’ordine di non fare prigionieri.
(Ho detto: ‘sognato’).