Silvia Romano, rapita in un villaggio del Kenya dai terroristi di Al-Shabaab, è tornata a casa, sta bene e finalmente ha potuto riabbracciare la sua famiglia dopo diciotto mesi di prigionia. Queste le note positive di questa vicenda, adesso veniamo a quelle negative.
Dalla vicenda si evidenziano due questioni fondamentali; la prima è che lo Stato italiano non ha lasciato sola una sua cittadina nel momento del bisogno, e questo è quantomeno importante, la seconda è che per non lasciare sola una sua cittadina, partita come cooperante, senza nessuna competenza, a “zonzo” per l’Africa come fosse un’avventura post-erasmus, lo Stato ha dovuto sborsare quattro milioni di euro ai carcerieri (così umani a quanto pare) di Al-Shabaab.
In questi giorni, dopo la notizia dell’arrivo in Italia di Silvia Romano “velata” in seguito alla spontanea conversione all’Islam, i social si sono scatenati contro la giovane cooperante. La maggior parte delle critiche che sono state fatte, a mio avviso non centrano il punto della questione. Il fatto che Silvia Romano abbia scelto spontaneamente, o indotta dalla condizione psicologica alla quale era soggetta, di convertirsi all’Islam, è allo stato attuale marginale. Anche il fatto che lo Stato abbia dovuto sborsare quattro milioni di euro è di fatto marginale. Il punto della questione, è che lo Stato italiano, abbia deliberatamente deciso che sia lecito finanziare il terrorismo, mettendo in pericolo migliaia se non milioni di uomini, donne e bambini, per liberare una ragazza partita per assecondare i suoi istinti avventurieri. Silvia Romano infatti non è un medico, non è un ingegnere, non è un agronomo, quindi non si capisce quale supporto potesse dare in Africa, territorio immenso e meraviglioso che manca terribilmente di tecnici, non di lavoratori. In questo contesto la sua presenza in territori a rischio è da considerarsi non di più che un’avventura appunto, costata non tanto i quattro milioni di euro, ma le migliaia di morti che questo finanziamento può provocare.
Al-Shabaab è una “filiale” di Al-Qaeda che opera in Somalia e in Kenya, di matrice quindi fondamentalista, ovvero Wahhabita, organizzazione terrorista tristemente famosa per l’attentato del 2 aprile 2015, quando un commando fece irruzione nel campus universitario di Garissa, in Kenya e prese in ostaggio gli studenti, uccidendone 147. Ma anche per l’attentato compiuto nell’ottobre del 2017 in Somalia, costato la vita a 587 persone.
Di azioni di questo tipo, lo Stato quindi sarà direttamente responsabile, poiché diretto finanziatore di Al-Shabaab. Responsabile non può certo essere la giovane Silvia, la quale non ha colpe, se non quella di essere cresciuta in un mondo distopico, atomizzato, disumano, in cui conta solo ciò che hai e non ciò che sei, come tutti noi, e al quale ognuno di noi risponde in maniera diversa, Certo è che questa vicenda deve riportare in auge il dibattito sul ruolo educativo dello Stato e sulle possibilità che lo Stato offre ai suoi cittadini, poiché sono certo che se vivessimo secondo l’ordine naturale delle cose, se lo Stato fosse organizzato secondo altri e più alti paradigmi, se la vita dei cittadini fosse armonizzata dalle istituzioni come natura impone, allora Silvia Romano e tanti altri come lei, non sarebbero partiti, non sarebbero andati a fare gli avventurieri, i giramondo, gli eterni cittadini del mondo, non avrebbero sentito la necessità di soddisfare i loro istinti borghesi.
Invece, grazie all’abbandono perpetuo in cui il fantoccio ancora chiamato Stato lascia i suoi giovani, abbiamo ancora una volta finanziato il terrorismo, il quale ringrazia e investe quelle somme per produrre altri piani di morte e distruzione, per programmare altre azioni che strapperanno la vita a persone innocenti, colpevoli di essere nate nella parte sbagliata del mondo.