Incroci pericolosi di un certo tipo

 

Incroci pericolosi di un certo tipo

Per ogni argomento e per come lo si vuole affrontare, bisogna avere l’abito giusto. Non puoi, ad esempio, discettare di filosofia se non ti ammanti di una compostezza ieratica e se non hai l’occhialetto fico. La forma decide tutto. A tal punto che se ora non premetto di essere una reincarnazione di Isaac Asimov e un doppione postumo di George Orwell, sia pure in ventiquattresimo, ciò che si leggerà qui di seguito verrà classificato come peggio non si potrebbe, come una divagazione senza tema, il corrispettivo, sotto forma di scrittura, di un flatus vocis.

Allora, mi asterrò, ad ogni singola riga, dal riproporre lo stesso avviso. Io sono Isaac Asimov. Incidentalmente, anche George Orwell. Ma non é necessario che declini le mie generalità ogni volta che mi metto nei panni dell’uno o dell’altro: lo si capisce all’impronta.

Il racconto comincia con la mafia di San Gallo, un gruppo di chierici di alto rango che ebbe nel ’93 l’idea di dar vita ad una Bilderberg tutto per loro. Erano, e sono, così potenti da essere riusciti a far dimettere Benedetto XVI perché al suo posto arrivasse ad altro pontefice: quello programmato per distruggere la dottrina cristiana , uno degli ingredienti più importanti del mastice che tiene insieme la cultura dell’Occidente. A lui imposero il nome di Francesco, per alimentare l’equivoco, che é come l’aria, l’acqua e il sangue per i gesuiti.

In uno dei momenti morti del conflitto che nel lontano 1219 opponeva in Egitto i crociati alle armate dell’Islam, Francesco, infatti, attraversò le linee e si fece scortare fin dentro la tenda del sultano, posseduto dalla lirica pretesa di convertirlo.

Qui, a dire il vero, le labbra si protendono, come culo di gallina, nella disperata sollecitazione di un bacio, mentre si prendono schiaffi in faccia: tutt’altro film, non ci azzecca nulla.

Anche la povertà é declinata sovvertendo la sintassi del Santo. Lì si sentiva il tenero bisogno di offrire un mantello a chi stava morendo di freddo: il gesto racchiudeva la dolorosa contraddizione di un sistema politico – quello feudale – che, strutturato in compartimenti stagni, non avrebbe potuto sopperire alla privazione e al bisogno se non attraverso la carità che era, e continua ad essere, un affare privato.

Qui, invece, sotto Francesco Primo la povertà é un progetto. E’ una specie di religione. E’ il punto in cui si completa e muore la traiettoria curva del cristianesimo . E’ il Quarto Stato con moglie e figli al seguito che torna indietro dando le spalle a Pelizza da Volpedo. E’ Prato, dove c’é un giaciglio accanto al telaio (o il telaio accanto al giaciglio: é uguale) perché ti abitui a lavorare anche quando stai dormendo e finisca per credere che se togli tempo al lavoro, per dedicarti ad altre occupazioni, anche a quella più semplice e speculare rispetto al mangiare, stai commettendo un delitto.

La povertà é di tutte le note che furono estromesse dallo spartito del ‘900: quindi anche del lavoro che non c’é più, perché é stato fatto sparire dai maghi dell’Alta Finanza Internazionale; dei precetti sgranati da una povera Gretina che ti ordina di razionare il respiro perché altrimenti sciogli i ghiacciai; del disagio che senti allorchè fai mente locale sulla famiglia che hai costruito di concerto con una donna mentre c’é chi, molto più abile e più progredito di te, c’é riuscito con un altro uomo.

Sotto Natale, per la prima volta, quest’anno, mi porrò il problema se sia proprio necessario metterci la Madonna, che si é pure scheggiata, o sia meglio sostituirla con quel pastorello dall’aria triste che ho sinora relegato in fondo al Presepe: il dubbio potrebbe essermi stati insinuato  proprio da questo strano pontefice che si é piazzato, da solo, al centro di mormorazioni assai gravi. Non solo, cioé,  il  golpe ordito e portato a termine nelle stanze segrete del Vaticano, tra l’11 febbraio e il 13 marzo del 2013,  ma anche quel suo strusciarsi sempre contro i potenti che prendono quota, e quella sua evidente ritrosia nell’apparire troppo espansivo verso coloro che vanno giù a capofitto nel borsino del mainstream. 

Trattandosi di un gesuita, quindi di soggetto appartenente ad una speciale categoria di preti che ama colludere col Potere, talora per appropriarsene, si fa da più parti notare come ogni sua esternazione appaia immancabilmente dettata dal Casalino Maggiore, quegli che indica ai notabili della Terra la strada da seguire, da dietro le quinte del NWO.

Se la premiata ditta Orwell&Asimov riprendesse il vizio di scrivere,  invece di doverlo fare io indegnamente al suo posto, direbbe che non é un problema di batterie che si stanno esaurendo, quello per il quale il papa a transitor di tanto in tanto cincischia, si blocca, riparte, parlando di cose strane dalla sua finestra in piazza San Pietro, ma che c’é tutt’intorno a lui un quadro omogeneo: in quella luna piatta e indolente che scivola tra due nubi su di una città catatonica, su chi muore di paura per la paura di morire, su di un popolo che sembra essersi infilato in una busta verde di cellophane nell’attesa che qualcuno – segnatamente, un Conte o un Mattarella –  non tiri su tutta la zip e ci applichi anche un lucchetto.

Certo, il Covid 19. Ricapitolando: origine, Cina, il turbocapitalismo di Stato incrociato con l’ottusa disciplina delle dittature rosse, il peggiore degli intrugli da quando ci si é messi insieme su questa Terra, un obbrobrio. Bene, lì – non si sa bene e non si saprebbe mai – se per colpa del Governo locale o per quella degli ingegneri del NWO che hanno sponsorizzato il modello cinese, con tutti i suoi uomini declassati a fuchi  e con tutto il suo apparato produttivo a ciclo continuo che recupera anche la merda trasformandola in cibo,  una bomba atomica miniaturizzata, un virus letale, ‘sfugge al controllo’ e s’impadronisce del pianeta.  Il destino vuole che inizialmente, nel distretto di Wuhan, dove si é verificato l”incidente’, muoiano delle persone, ma che il contagio venga subito circoscritto mentre dilaga altrove riportando l’economia dei Paesi colpiti all’epoca del baratto, della piantina di prezzemolo coltivata per necessita’ sul balcone.

Asimov, richiesto di un parere, parlerebbe di un atto di guerra: tanto più che adesso in Cina se la spassano, che il virus  – nell’essere capace di reintrodurre la fame anche nell’Occidente evoluto – ha dimostrato di essere un’arma graziosamente selettiva, perché disbosca l’umanità privandola della  zavorra degli anziani, che mangiano e bevono a sbafo.

Un asse perfetto che riunisce e armonizza le posizioni, tra di loro apparentemente indifferenti e avulse, di Bergoglio, di Xi Jinping, di Bruxelles. Puranco di Giuseppi Conte, che sul quadrante internazionale, da burattino qual é, conta meno di niente. Mi astengo, a tale riguardo, dal domandarmi se Asimov ed Orwell la penserebbero allo stesso modo, perché é troppo poca cosa, non ci faccio una bella figura.

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