Ipercapnia dell’ethos di un popolo

 

Ipercapnia dell’ethos di un popolo

La quarantena prosegue, sebbene sotto mutate forme. Ormai nessuno più tiene il conto dei giorni di questa nuova realtà sperimentale nella quale ci siamo ritrovati, un po’ per casualità e un po’ per mano d’uomo. Tutti abbiamo imparato il nuovo mantra del distanziamento sociale, quintessenza della negazione del bene proprio della persona, che è essere sociale e che senza la socialità non può realizzare integralmente la propria felicità. Dalla società delle immagini, nella quale il linguaggio si è impoverito fino all’inverosimile, riducendosi ad emoji e faccine, e dove ogni centimetro del corpo viene esposto al pubblico dei social network nel disperato tentativo di mendicare amore e verità del sé, ci stanno portando con una certa velocità alla società della negazione del volto, che è l’emblema del riconoscimento della persona, dell’altro, luogo dell’identificazione del sé nel mondo e della scoperta della propria trascendenza esistenziale.

In questo fluire senza sosta, privo di riferimenti solidi, il nuovo clero della tecnoscienza ci ha imposto le mascherine, imponendoci una abnegazione della propria unicità somatica, così da renderci ancora di più individui, e non persone, spingendoci a divenire maggiormente esseri isolati, insicuri della concretezza della propria dimensione esistenziale, nel dubbio incessante della legittimità della propria libertà, ormai bandita in nome del dato degli esperti di una qualche task force, sbucata come un fungo di campo dopo una pioggia autunnale.

Peccato che l’uso della mascherina abbia una discreta quantità di controindicazioni fra le quali spicca l’ipercapnia, termine medico che indica l’aumento nel sangue della concentrazione di anidride carbonica che, ricordiamo, è un prodotto di scarto dei processi metabolici cellulari. Ora, la scienza ci spiega che l’ipercapnia ha una serie di effetti dannosissimi per l’organismo, in particolare a livello cerebrale, riducendone le funzioni del cervello, aumentandone la pressione sanguigna e il flusso ematico, con conseguenze di vario genere. Ciò non è molto diverso, se ci pensate, da quanto sta avvenendo sotto il profilo sociale durante questa perdurante “emergenza sanitaria”:  la mascherina sul viso è il simbolo emblematico di una condizione istupidimento collettivo, narcotizzati a suon di d.p.c.m ed ordinanze, privati dell’ossigeno della libertà di pensiero con la schiera dei talk show e della stampa di regime che impongono una sola versione dei fatti, nella sempre più agguerrita caccia alle streghe dei dissidenti del pensiero unico e di quanti promuovono, e difendono, i diritti fondamentale della persona, oltre a quelli della più elementare etica politica.

È così che l’ethos del nostro popolo, da millenni faro di civiltà e cultura su tutto il pianeta, si ritrova ad essere asfissiato dal proprio respiro, dalla sottomissione ad un nuovo ordine delle cose imposto, piuttosto che dare valore alla propria libertà ribellandosi al nemico e ristabilendo il governo della Verità e del Bene. Eppure, quanti sono convinti di essere, in realtà, paladini della felicità generale, facendosi apostoli dell’omologazione intellettuale e poliziotti dello status quo neonato. Siamo giunti al di là delle dicotomie delle strutture sociali, politiche, economiche, sta vincendo con trionfo tutto quello contro il quale i nostri avi hanno combattuto fino a dare la vita. L’ipercapnia delle tradizioni, dei valori, della storia, del progresso, e più ancora della Verità oggettiva, del Bene comune, della felicità ultima ed autentica è il sintomo diagnostico dell’eutanasia di un popolo, del suo ethos, della sua inestimabile ricchezza, la quale si vede gettata nel mare tecnoliquido della post-modernità come un rifiuto pericoloso.

Non c’è più tempo. L’illusione della bella vita presto cadrà, la normalità come l’abbiamo erroneamente voluta intendere si paleserà in tutta la usa mostruosità, e nessuno striscione #andràtuttobene servirà a qualcosa di fronte alla drammatica precipitazione degli eventi. Il piccolo resto chiamato e preparato a resistere, sarà l’unica speranza.

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