“A Davos non si riuniscono mica per pettinare bambole e smacchiare giaguari?” potrebbe domandarsi in modo retorico un passato leader del Pd. Infatti dalle parole di professori, manager e giornalisti (non certo di chi scrive, anni fa allontanato dalla Svizzera nei giorni del summit come “non gradito”) emerge che i chiodi fissi dei “filantropi finanziatori” sarebbero “ridurre la platea dei fruitori di beni e servizi” ed imporre ai popoli la “transizione ecologica”. A ridurre drasticamente la platea dei “fruitori di beni e servizi” hanno provveduto in parte le politiche fiscali, bancarie, monetarie, pandemiche e la guerra tra Usa e Russia. Certamente la riduzione della platea sarebbe indispensabile ad avviare, nella pratica quotidiana, la “transizione ecologica”: questo predicano. Ma veniamo ad esempi pratici, perché questi programmi li stiamo subendo, anche se in troppi linciano il dito e s’incantano a guardare la Luna. L’Unione Europea ha così introdotto l’obbligo d’emettere nel trasporto pubblico il “biglietto climatico”, che di fatto vincola le aziende partecipate da enti locali e stati a ridurre al minimo i vettori, a scongiurarne l’uso continuo e massivo e, soprattutto, a caricare ulteriormente sull’utenza i costi ambientali della mobilità sul territorio.
Una misura che riguarda soprattutto autobus, treni regionali e metropolitane: l’Ue considera la mobilità come la seconda voce di spesa sociale europea dopo sanità e alloggio. Di fatto l’Ue accusa lo spostamento dei cittadini come responsabile di oltre il venticinque per cento delle emissioni inquinanti (gas serra) in Europa. Lo stesso studio presentato a Bruxelles era stato prima al centro di un dibattito a Davos: negli atti si sosterrebbe che più del settanta per cento del fattore inquinante è antropico, ovvero correlabile a lavoro umano, spostamento umano e fruizione di beni e servizi pubblici e privati. Ne deriva che il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha studiato i dossier di Davos ed ha lavorato alla loro risultanza pratica in Europa: ovviamente da Sindaco sta cercando di attuare sia la riduzione della “platea dei fruitori di beni e servizi” che la “transizione ecologica”. Misure che ovviamente prevedono un robusto percorso d’esclusione sociale per disoccupati, precari e cittadini sul filo dell’indigenza. Ovviamente il progetto prevede il dimezzamento del trasporto privato abbinato ad un contingentamento dei vettori pubblici: meno autobus e metro ma con più qualità ed efficienza, che verrebbero pagate con una maggiorazione sul prezzo del biglietto. Obiettivo di tutte le restrizioni è convincere le persone a spostarsi di meno con la propria auto come col treno ed altri i mezzi pubblici: secondo i “filantropi” riducendo il traffico umano si ridurrebbe l’inquinamento cittadino. Ecco come il sistema di trasporto pubblico integrato, economico ed accessibile fa ormai parte del passato: il futuro parrebbe assicurare migliore mobilità per chi si muove per lavoro o viaggia perché ha disponibilità economica, di contro per gli esclusi sociali si profila un vero e proprio confinamento.
Difficile sarà anche accedere all’erogazione dell’imminente “biglietto climatico” (anche detto multimodale) che potrà essere acquistato solo online o tramite l’Applicazione su smartphone o iphone, non permettendo più l’acquisto in biglietteria per i più economicamente svantaggiati o tecnologicamente impreparati: così l’esclusività dell’uso dei mezzi pubblici dovrebbe a Roma collimare con la nuova Ztl, che taglierà i meno abbienti dall’uso del veicolo privato. Le un tempo categorie a cui dovevano essere garantiti gli spostamenti (come studenti, famiglie, anziani, disoccupati, persone con disabilità, ecc. ecc.) probabilmente rinunceranno al mezzo di locomozione privato ed avranno sempre più difficoltà ad usufruire del trasporto pubblico. Buona scusa per scongiurare la mobilità degli esclusi economici è racchiusa proprio nel progetto “città in quindici minuti”, che permetterà alle amministrazioni di dire a queste tipologie di cittadini “che si sposta a fare, ha dei costi e produce inquinamento, rimanga nella sua zona, troverà tutto nel circondario”. Principale deterrente alla mobilità si dimostreranno i costi, infatti in concomitanza con l’allargamento della Zona a traffico limitato sino al limite del Grande Raccordo Anulare, l’amministrazione capitolina regolerà a standard europei i prezzi dei biglietti di bus, metro e tram: vale a dire due euro per cento minuti in autobus e tre euro per la singola corsa in metro. Le due misure, nuova Ztl ed aumento del prezzo dei biglietti del trasporto pubblico, garantiranno una sorta di strettoia al movimento di oltre il trenta per cento dei romani, permettendo alla giunta di pianificare la sperimentazione della “città in 15 minuti”: ovvero acquartierare i cittadini (l’esperimento parte dal rione Testaccio). Per Davos ed Ue ridurre viaggi e spostamenti in auto come in aereo, bus e treno sarebbe “fondamentale per ridurre le emissioni di gas serra, garantendo un risparmio economico per le famiglie”: in parole povere “statevene a casa”, soprattutto se siete precari, disoccupati o persone con pensioni irrisorie. Con questo clima ben si comprende come possa solo essere improponibile chiedere al governo la riduzione dell’Iva sul trasporto pubblico, come di assicurare investimenti significativi sulla rete ferroviaria e sul trasporto pubblico locale, garantendo copertura a chi vive nelle zone più periferiche. Ma il piano d’esclusione sociale fa il paio nel caso di Roma con la trasformazione antropologica e commerciale del centro: infatti la Giunta Gualtieri, oltre ad aver portato la ZTL sino al Raccordo anulare (quasi confine della città) ha anche cantierizzato entro fine estate la trasformazione in zona pedonale dell’intero centro di Roma, il che coincide con la pedonalizzazione del vecchio perimetro a traffico limitato. Una preclusione del centro che potrebbe estendersi a taxi e mezzi pubblici non adibiti al trasporto di categorie protette. Così milioni di romani potranno avere solo accesso pedonale dal Colosseo fino a via Veneto e dal Lungotevere fino a Porta Pia. Un programma colossale che, secondo gli esperti, porterebbe alla chiusura di oltre il settanta per cento delle storiche attività commerciali. La reazione economica vedrebbe sul mercato gran parte degli immobili che insistono nel centro della Capitale: ovviamente verrebbero acquistati dagli stessi gruppi stranieri che hanno imposto al Sindaco questo stravolgimento di Roma. A Milano non va certo meglio, lì Sala ha cantierizzato la riduzione delle carreggiate. La domanda che un po’ tutti si pongono è se circa cinque milioni di cittadini desiderino tutto questo, e cosa possano fare per far cessare gli “esperimenti sociali” per il bene dell’ambiente.
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