L’illegittima indifesa

 

L’illegittima indifesa

Si è riaperto il dibattito sulla legittima difesa. Da un lato un progetto di legge leghista secondo cui la difesa è sempre legittima, dall’altra la reazione stizzita dell’ANM, Associazione Nazionale Magistrati, che ha espresso con la consueta veemenza irrituale la propria contrarietà alla nuova formulazione giuridica della legittima difesa. Non assumiamo interamente il punto di vista di Salvini, poiché difendere se stessi, la propria famiglia, è senz’altro giusto e lecito, ma non deve significare legittimare ogni reazione.

La materia è estremamente complessa e merita una riflessione un po’ più ampia di un alterco sovreccitato, animato purtroppo da fatti drammatici, sentenze talora sconcertanti a favore dei delinquenti. I buonisti in servizio permanente effettivo evitino il solito comico argomento dell’Italia ridotta a Far West, giacché le armi le possiedono e le usano bande di criminali di ogni risma non gli uomini della strada. Dall’altro lato, il pericolo è quello di affidare ai singoli i compiti che spettano allo Stato, il grande assente.

Indifesa è la maggioranza stragrande degli uomini e delle donne normali. Illegittimo, benché non illegale, è il comportamento delle istituzioni. Distorto se non invertito è il rapporto tra diritto, istituzioni, senso comune e violenza. Il principio irrinunciabile è quello di stare dalla parte delle vittime, non con la retorica ma nei fatti. Chi entra in casa mia deve sapere che sta rischiando concretamente una condanna penale che espierà per intero in un carcere. I fatti narrano esattamente il contrario.

Pagare il fio di comportamenti criminali è raro, le pene sono fin troppo pesanti nella lettera, ma miti nella sostanza.

Da almeno mezzo secolo qualsiasi accenno al concetto di ordine provoca fastidio, dunque il problema “è a monte”. A monte c’è un rapporto distorto con la violenza. Sullo sfondo, mostra la corda il monopolio dell’uso della forza attribuito allo Stato. Indebolito dalla prevalenza dei potentati privati, screditato culturalmente dall’estensione illimitata dell’idea di libertà, lo Stato non riesce più a esercitare con il giusto equilibrio di forza, il delicato monopolio che possiede. Per di più, varie correnti ideologiche ne contestano i fondamenti: da un lato, l’inimicizia per lo Stato del liberalismo; dall’altro, il pregiudizio della sinistra contro l’ordine “borghese”, che induce a simpatizzare per chi infrange leggi proclamate ingiuste.

La miscela dei due atteggiamenti è esplosiva: garantismo esasperato per i reati dei “colletti bianchi” fanno il paio con la malcelata indulgenza verso rapinatori, ladri proclamate vittime del sistema. In mezzo l’inerme figura della persona per bene, vittima di imbrogli, prevaricazioni, furti, rapine, insicurezza diffusa.

Manca la legalità, ovvero un impianto normativo concretamente dalla parte degli onesti e dei miti, ma fa cortocircuito la legittimità, ovvero la società non è più d’accordo su ciò che è bene e ciò che è male. Il risultato è che spadroneggiano i delinquenti. Se c’è un punto su cui concordiamo con il modo di pensare progressista è che la pericolosità sociale dei delinquenti in giacca e cravatta non è inferiore a quello dei mascalzoni armati. Ne sono prova il crollo del ponte Morandi e la corruzione.

La legittima difesa nei confronti dei soprusi del potere deve stare nelle leggi e nella volontà di applicarle senza sconti. La protezione dai criminali comuni passa da un’ulteriore attitudine, quella di esercitare senza timori il monopolio della forza legittima. Le cose non vanno così e da questa disfunzione drammatica sorge la domanda di farsi giustizia da soli.

Noi non crediamo affatto che commercianti, imprenditori aggrediti nel lavoro quotidiano, padri e madri di famiglia attaccati negli affetti e nel focolare, cittadini rapinati, donne assalite sessualmente abbiano il desiderio diffuso di uccidere. Se però la paura prevale è insensato gridare al Far West prossimo venturo anziché fermare quello presente e reale alimentato da chi le armi se le procura senza fatica e le usa. Meglio sarebbe affrontare alla radice il problema della sicurezza piuttosto che negarlo. Una popolazione sicura, ragionevolmente convinta di non correre pericoli, rassicurata dalla forza e dall’azione della legge, non chiede il porto d’armi, non invoca la legittima difesa né sollecita pene abnormi.

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