La coincidenza degli opposti e le polarità rovesciate

 

La coincidenza degli opposti e le polarità rovesciate

Vi ricordate di Giorgio Gaber che si chiedeva, pensoso e frastornato, cosa fosse la Destra e cosa la Sinistra? Ogni epoca ha le sue cassandre, ma anche chi scioglie in un quesito, buttato lì, con apparente sciatteria, la tragedia di una questione irrisolta. Forse è proprio in quegli anni che dal tramonto della Prima Repubblica e dall’alba della Seconda, che comincia a delinearsi l’ecatombe degli opposti, la soppressione ope legis di tutte le differenze, considerate esiziali per la salute dell’ordinamento democratico, che, come tutti sanno, eredita dalla Rivoluzione francese il principio sacro dell’uguaglianza.

C’é voluta tutta l’ostinazione della vecchia Sinistra, e della nuova che si è imparentata con le élite, per dimostrare, attraverso le leggi e i regolamenti decantati dai media, che l’uguaglianza é tutt’altra cosa di un’affascinante astrazione. 

Intanto, va detto che l’avvocaticchio Conte può essere passato come una meteora a Palazzo Chigi, ma tanto gli é bastato, transitando d’amblée dal gialloverde al giallorosso, per dimostrare che Destra e Sinistra sono solo delle convenzioni lessicali, e che, nel migliore dei casi, il loro posto nello spettro elettromagnetico si riduce all’ultravioletto e all’infrarosso, a due sottili linee di colore, quelle che in politica normalmente vengono percepite solo dagli eretici e dai reietti.

La campagna contro le differenze, per una società che fosse senza vette né depressioni, quindi più facilmente manipolabile dal Potere, conobbe la massima intensità negli anni 70, quelli in cui il partito comunista, assieme al pieno dei voti raggiunse l’ultimo stadio delle sue perversioni ideologiche. Uno psichiatra comunista fece chiudere i manicomi, col pretesto di qualche orinale fuori posto e degli abusi di qualche infermiere, dimodoché i diversamente sani e i diversamente pazzi potessero ritrovarsi insieme e scomparissero le barriere che sino ad allora avevano consentito ai diversamente pazzi (in ciascuno di noi c’é sempre una molecola d’insania che ci fa compagnia sin dalla nascita) di cautelarsi dalle imprevedibili gesta dei matti.

Nell’intento di rimuovere le transenne che dividevano i carnefici dalle loro vittime, utilizzarono nei tribunali proprio l’attitudine di questa molecola –  che si  annida come l’herpes nei più remoti recessi della nostra psiche, per poi divampare all’improvviso, magari sotto l’effetto di una banale provocazione – per offrire agli assassini la possibilità di attenuare la gravità del delitto con la scusa di averlo commesso quando non erano nel  pieno possesso delle proprie facoltà mentali e della propria emotività: come se per il tagliatore di gole non sia così facile attribuire, davanti al giudice, la responsabilità del suo gesto ad una ‘voce’ che lo sollecitava dal di dentro, o non ci sia, tra coloro che hanno accoppato la suocera, uno che non sostenga di averlo fatto mentre era fuori di sé.

Non sono un esperto di Diritto, e quindi mi trattengo dal mettere piede su di un terreno che non è il mio, ma quest’insistenza nel cercare delle giustificazioni a discarico del reo e la patente proclività a lesinare sugli indennizzi, psicologici e legali, per la persona offesa, non sembrano essere avulse da un disegno politico – quello in atto da diversi decenni – che tende a privare la società delle sue coordinate essenziali e a diffondere tra la gente la rassegnazione a vivere in un contesto dalle regole rovesciate dove il Bene non si distingue dal Male, e dove, a voler pretendere il ripristino della normalità – che ci si scandalizzi per il ladro che sta fuori, a piede libero, mentre è in carcere colui che gli ha procurato la ‘bua’ nel tentativo di bloccarlo, o che ci si lamenti del fatto che si dia uno stipendio ai clandestini quando ci sono gli italiani poveri che  rovistano nell’immondizia – il rischio che si corre, nel migliore dei casi, è quello di essere  dati in pasto alla pubblica disapprovazione come retrogradi e come “fascisti”.

 La formula “coincidentia oppositorum”, escogitata da Nicolò Cusano per significare che  l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo collimano nella luce di Dio (quasi un’ispirata predizione del piccolo e del grande che si sarebbero  fusi nel rotondo bagliore della bomba atomica) non si ravvisa, qui, solo nell’annullamento dello scarto  tra savi e pazzi o nel rimaneggiamento della distanza tra l’autore del delitto e colui che ne è vittima (che forse non prelude all’atto di cancellarla, benché gli sia parecchio vicino) ma   si intravede da tutta una serie di situazioni, concepite dai burattinai e demandate ai burattini, che rendono assolutamente plausibile l’ipotesi che la loro correlazione, mai così stretta come adesso, sia funzionale all’allentamento dei legami che l’individuo contrae coi propri simili nel farsi Società e Stato: il processo inverso –  che avviene per gradi,  quasi sottotraccia, e può giungere a compimento, dopo una lunga decantazione, in modo traumatico, scatenando per contrasto  un golpe o una rivoluzione – s’instaura quando il ribaltamento della segnaletica nel firmamento dei valori culturali, morali e politici di una grande comunità diviene così massivo da insinuarle un’ostile indifferenza verso lo Stato, percepito come un ente inutile, e talmente esteso da farle dimenticare  di essere stata o di essere ancora una Nazione.

Questo processo é cominciato, inavvertito e silente, tanti anni fa, con la riforma della  Scuola, portata avanti legge su legge, circolare su circolare, prima per ridurre lo iato tra    le eccellenze e i somari (lo fecero, nei primi due gradi dell’istruzione, eliminando i voti e  ‘forzando’ la valutazione nel frullatore lessicale dei ‘giudizi’, dove abbondano le congiunzioni e le locuzioni concessive, benché’, ciò posto, tuttavia, al solo scopo di promuovere quanti più alunni possibile e di dimostrare surrettiziamente l’efficienza del servizio scolastico), poi, infine, per abrogare, senza più né sanzioni né premi, la differenza tra i due estremi: un rito che viene celebrato da vecchia data con la fucilazione in effigie del ‘primo della classe’ (ve lo ricordate, almeno i più anziani?) e con l’esposizione dei tabulati, alla fine di ogni anno, da cui si evince che sono stati tutti promossi. Tutti. Todos caballeros. Una notte nera, per dirla prosaicamente con Hegel, in cui tutte le vacche sono nere. Ma non attecchisce minimamente il sospetto che ad ogni cambio di generazione l’alunno mediocre, divenuto insegnante, darà lezione ad alunni che saranno giocoforza più mediocri di lui, e così di seguito fin tanto che il Paese, continuando ad avvitarsi su se stesso, non sarà diventato ciò che era già per Metternich, una mera espressione geografica, e non si sarà ridotto a percuotere con una bacchetta il triangolo, ultimo delle ultime file, di una grande orchestra che suona Beethoven.   

Ciò che si mormora, sotto voce, per scongiurare il rischio di essere smistati nel girone dei visionari, é che questo Paese sia stato scelto dalle élite internazionali come cavia per una serie di esperimenti di ingegneria sociale e di illusionismo politico, volti a stabilire quale sia la reazione dei cittadini a tutte le iniziative  che vengono prese con  studiata regolarità per sottrargli un poco alla volta la capacità di riconoscersi nello Stato, o a scoprire fin dove reggono i fattori coesivi che li hanno finora riuniti in una comunità se li si priva dei punti di riferimento e delle certezze assiomatiche. L’impressione è che la stessa regia decreti l’annullamento della sfilata militare del 2 giugno con la scusa del Covid, mentre autorizza il clamore eruttivo del Gay Pride, culi e tette al vento e crocifissi spezzati, l’esatto contrario della maschia compostezza che caratterizzava un tempo la Festa della Repubblica, e che abbia insinuato nella mente di diverse persone, emancipatesi dalla tirannide delle regole, di tutte le regole (nessuna esclusa), l’esaltante convincimento che si possa scegliere – a seconda di come ci si svegli il mattino o subordinatamente alla disponibilità dei bagni pubblici in caso di urgenza –  di essere di volta in volta  maschio o femmina: le polarità, validate da madre natura, che vengono sacrificate ad un’ideologia delirante, che massifica e spiana tutto e tutti, perché vi attecchiscano meglio le spore avvelenate del Pensiero Unico.

Potrei concludere questo articolo confessando che non mi sarei mai aspettato che l’Orietta Berti, con quell’aria da crocerossina imbranata, si consorziasse con i rumori da sentina dei Maneskin: gli opposti che coincidono all’interno di una storia di minimo cabotaggio. Ma sarebbe un modo sbagliato per finire, come lo sarebbe quello di trarre da tutte queste premesse una conclusione troppo severa, da retrocopertina di un libro di Isaac Asimov. Insomma, che questo strano fenomeno, la coincidenza e la soppressione degli opposti, si presenti, in proporzioni così vistose, proprio nel Paese dove l’essere cittadini regolari è molto meno conveniente che esservi entrati da clandestini, dove il patriottismo viene censurato come colpa grave, dove inoltre la democrazia consiste soprattutto nell’elegante declinazione di un metodo mafioso, è una cosa della quale farebbero bene ad occuparsi un po’ tutti, dal sociologo all’antropologo, agli esegeti del Caos. Una cosa seria.

 

Immagine: https://www.meteoweb.eu/

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