La musica è finita

 

La musica è finita

Ci risiamo: la fiera del qualunquismo vocale e di contenuti riemerge da macerie invisibili e disastri economici. Neanche l’annichilimento generale ci risparmierà dal subire torture acustico-ripetitive e arcobaleno, così come la dittatura dei tempi impone. Lo zuccherino è quindi pronto: il festival della canzone italiana, approderà anche quest’anno nel tempio fiorito dell’Ariston.  Un teatro in funzione? Per carità la kermesse si svolgerà in tutta sicurezza. Termine- kermesse- preso in prestito dal mondo religioso, col significato originario di messa in onore del Patrono. Il mondo laico si sostituisce a quello sacro, vestendosi di luci e rituali annuali. Intoccabili poiché facenti parte del calendario profano di un popolo. In tal senso l’appuntamento sanremese pare sia inviolabile. Poiché rendez-vous che vuole rinsaldare un legame d’appartenenza tra gli addormentati utenti – sopiti di fronte al dio led che risucchia ogni coscienza – unendo ogni parte di questa devastata e meravigliosa penisola. Eppure eravamo un popolo di santi, poeti e navigatori.  Molto altro siamo stati e potremmo essere.

Ciò nonostante il festival dell’“italietta” buonista, paciosa e ‘gender-corretta’, come un nauseabondo diffusore di aromi a profusione dolciastra, avvilupperà divani impolverati e prosciugherà ogni tristezza. Lacrime d’amore e mesta e corretta rivolta contro le ingiustizie. Mai sopra le righe ma mai su spartito poiché la musica è ben altro ed è finita, in ogni senso. Eppure era ed è arte divina che ci trae in alto, verso il cielo. Pura trascendenza; ponte tra il mondo terreno e il mondo divino. Questo era: forma altissima di ispirazione e ringraziamento: arte delle Muse. È grazie ad una vibrazione acustica che il creato ha preso forma e si è abbellito.  Prima vi era solo il vuoto silenzioso inudibile del non creato. Il suono è principio iniziatore, Verbo da cui tutto ebbe inizio. È ordine matematico d’armoniosa forma. Il suono cosmicizza (Cosmo-cosmesi- abbellire) e rende il Tutto pieno di grazia e bellezza. 

La musica prodotta negli ultimi anni, salvo qualche rara eccezione, non anela più al bello, all’alto. Ora il mondo si è imbruttito nella forma e quindi nella sostanza. Non una casualità, ma un progetto messo in ‘Agenda’ da decenni.  Nel brutto siamo controllabili poiché voliamo e guardiamo in basso; abbiamo ali spezzate ma cibo per sopravvivere e molteplici effimere distrazioni per volicchiare mai oltre l’ostacolo, seppur rasente il terreno. Ed ecco che le note sono ridotte, così come le parole nella lingua scritta, parlata e cantata. Un gioco di specchi quindi che ha il sapore di un vuoto senza suono, senza armonia. Eppure alzando gli occhi al cielo, potremmo non udire/udendo ‘la musica delle sfere’, la bellezza sconvolgente e dirompente del creato. Purtroppo siamo sotto un incantesimo globale e locale che ci impone di ascoltare banalità prodotte in serie. Il neoliberismo ha colpito anche la musica divenuta prodotto di consumo! La fiacchezza prolifera in canzonette che definire orecchiabili è complimento. Saremo costretti a tale tortura poiché per qualche giorno se ne parlerà ossessivamente in quanto festa laica che sostituisce la mancanza di credo e bellezza. Avremmo potuto anche tollerare tale rituale della tv generalista se ci fosse stata un’alternativa o se fosse ancora possibile attuarla e se le maestrie (quelle vere) del teatro avessero ancora di che lavorare. Ora l’appuntamento sanremese è quanto mai inaccettabile, anzi offensivo. 

Tutto ciò si riassume nella pochezza di uno slogan   che sancisce la retorica zuccherosa del buonismo contro ogni decenza: ‘perché Sanremo è Sanremo’. Ebbene questo specchio d’insieme di un paese perso che si auto-osserva nei vocalizzi tutti uguali e nelle parole ritmate, ci mostra il livello miserrimo in cui ci hanno traghettato. Eppure possiamo sperare che tale triste circo, tale dilagante stonatura generalizzata ci faccia notare quanto in basso ci hanno condotto e sperare che suddetta posizione ci induca nuovamente a guardare in alto, lasciandoci ispirare ancora una volta dalla bellezza, poiché il suono è vibrazione e Luce! Il nulla è invece inudibile, ferisce il cuore per il vuoto senza senso che produce. Così è stato all’inizio dei tempi e così è ancora. Il nulla è la pelle del pressappochismo che sul palco dei fiori, nelle sale delle conferenze stampa e nel coro dei giornalisti da strapazzo, regna sovrano. È il tempo del caos. Vi è quindi un’equivalenza simbolica tra tenebre e disarmonia come vi è tra suono (vibrazione) e luce, tant’è che in sanscrito – lingua madre – svar-svara significa sia suono che luce. Senza tale connessione non c’è ordine né definizione, solo la banalità gonfiata ad arte del nulla; vuoto a rendere poiché dimenticabile e fruibile nell’immediato. Un abuso e consumo di brutture musicali che raffigurano una triste caduta in scarpate sempre più scoscese. No, non sono solo canzonette, ma specchio di un mondo senza armonia e luce. Scriveva W. Shakespeare ne “Il mercante di Venezia”: «L’uomo che non ha musica nel cuore   ed è insensibile ai melodiosi accordi è adatto a tradimenti, inganni e rapine; i moti del suo animo sono spenti come la notte, e i suoi appetiti sono tenebrosi come Erebo: non fidarti di lui. Ascolta la musica».

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