La reliquia di Leonardo

 

La reliquia di Leonardo

Leonardo da Vinci “un genio francese” è la gaffe d’ un conduttore di France 2, un’ignoranza pelosa ripresa, incredibile, anche dall’ammiraglia RAI del TG 1 con l’aggiunta, bontà loro, di italo-francese. Prostituzione intellettuale volta a dar via ogni tesoro nazionale pur di ricucire l’amicizia coi cugini transalpini che è un falso storico, quell’amicizia, si potrebbe urlare alla Sgarbi: studiate capre, studiate! L’ultima stilettata è il taglio netto delle cattedre d’Italiano nella scuola transalpina.

Comunque il 2 maggio 1519 il figlio primogenito e illegittimo di Ser Piero da Vinci, notaio, si spegneva nel castello reale di Amboise nella Loira forse a seguito di un ictus, le roi Francesco I accorse affranto al capezzale del “primo pittore, architetto e ingegnere del re” come ci ricorda uno svenevole dipinto di J. A. D. Ingres datato 1818. Corrono i 500 anni dalla sua dipartita e la grandeur francese monta la panna dell’evento mentre la modesta Italietta se ne frega, anzi corre scodinzolando sulla Loira a rendere un grigio omaggio al sepolcro di Leonardo custode delle sue presunte spoglie.

L’occasione della ricorrenza è ghiotta per lucidare l’orgoglio dei galletti, il loro mecenatismo per la cultura e rilanciare l’immagine d’ un Paese visto da Eldorado per gli artisti fin dal XVI sec.con la Scuola di Fontainebleau, fortemente voluta dallo stesso Francesco I circondatosi di artisti italiani  manieristi (Medardo Rosso, Francesco Primaticcio ed altri). Leonardo certamente non avrebbe indossato il gilet giallo; morto nel 1516 il suo protettore Giuliano de’ Medici, colse al volo l’offerta del monarca francese per sbarcare il lunario e coltivare i propri studi a tutto campo, portando seco quel ritratto, mai finito, di Monna Lisa Gherardini (la Gioconda).  

L’ultima chicca però è esposta a Vinci, una reliquia laica, 19 capelli del genio di Anchiano (frazione di Vinci) custoditi in un quadro-teca, fissati da un nastro nero con la dicitura accanto Les Cheveux de Leonardo da Vinci come ad attestarne l’autenticità. La provenienza dei preziosi resti è la cappella di Saint Hubert nel castello di Amboise, dove riposerebbero le spoglie di Leonardo, nessuna prova certa a riguardo, dato che il suo sepolcro fu più volte violato al tempo delle sanguinose zuffe tra cattolici e Ugonotti. Un tal monsieur Arsène Houssaye, prolifico scrittore caduto nell’oblio, fu incaricato nel 1863 di ricercare la tomba di Leonardo tra i ruderi del castello, cosa che asserì d’aver rintracciata grazie a dei frammenti lapidei sotto i quali c’erano ossa e cranio, presumibilmente, del genio vinciano. Quell’ispettore museale però tenne per se due “ricordini”, una ciocchetta di capelli ed un anello di bronzo attribuibili, per lui, a Lionardo. Si sa che le reliquie vere o presunte fanno mercato così quei resti, nel 1925, furono venduti a Mr Harold K. Shigley, collezionista americano di cimeli, da un pronipote di Houssaye.

Di collezionista in collezionista a stelle e strisce, le vestigia tornarono in Italia nel 2016, studiate, analizzate ora son messe in bella vista al Museo leonardiano di Vinci, in attesa, pensate un po’, che dai crini leonardeschi, coll’esame del DNA, si possa stabilirne l’autenticità comparandoli ai campioni di discendenti ancora in vita del genio. E’ una fake per il Direttore degli Uffizi fiorentini Eike Schmidt che definisce il gossip della reliquia “una cosa sciocca […] che non vale nemmeno la pena d’essere analizzata nel dettaglio” circostanziandone i motivi. Una volta spente le luci della ribalta il bel Leonardo tornerà cittadino toscano, figlio d’un menagramo notaro, tre mogli su quattro lo lasciarono vedovo, con 12 tra fratellastri e sorellastre che mai sentiva se non per questioni ereditarie, uomo d’ingegno assai parco d’ opere finite, distratto com’era da continui mosconi d’ interessi, girovago di corti, un pò illetterato (non conosceva il greco, usava la scrittura speculare), empirista per vocazione e formazione, ma incarnazione, unica, del genio universale.

La sua reliquia autentica sta nel mistero d’aver soffiato la vita nei suoi dipinti, un miracolo di creazione ex nihilo d’ esseri sempre viventi usando la scienza della pittura “la quale è prima nella mente del suo speculatore, e non po’ pervenire alla sua perfezzione senza la manuale operazione”. E’ quella goccia del divino saper ideare e fare, trasferito sulla tela, a rammentarci d’esser fatti a immagine e somiglianza di Dio.

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