Lampedusa, bel suol d’amore


 

Lampedusa, bel suol d’amore

Parlo per me. Ci sono cose che non si riescono a capire neppure se ci si applica per tutta la vita. Una di queste cose è come abbiano fatto il pitbull e il bassotto a discendere dal medesimo capostipite. Ad uno basta essere guardato di sguincio per sprigionare tutto il suo temperamento assassino. L’altro giace, soffice e inoffensivo, nel grembo della donna che ha posato per Claude Monet.

Ho, alla mia età, la presunzione di credere che l’insuccesso di tutte le mie speculazioni al riguardo, per quanto siano in parte tributarie dall’averle realizzate nei ritagli di tempo, fra tante fatue incombenze, tragga origine dall’errore commesso, a monte, dagli scienziati preposti alla ricostruzione dell’albero genealogico delle specie, ma sono, altresì, distolto dall’accampare delle certezze dal fatto che tutti gli uomini discendono da Adamo ed Eva, sebbene, ancora più dei cani, siano dissimili nell’aspetto, nell’indole, nelle consuetudini, nell’odore, nel modo di stare insieme.

Eppure, nonostante l’analogia coi cani sia di un’evidenza solare, si insiste col proclamare ai quattro venti l’uguaglianza fra gli uomini, perpetuando un equivoco che risale ai sanculotti, ai quali pareva che la fraternità, che è il valore aggiunto di ogni rapporto caratterizzato dal rispetto reciproco, e la libertà – che è la condizione rivendicata da ogni creatura vivente –  non giustificassero, da sole, i massacri compiuti per realizzare la rivoluzione francese.

Il principio dell’uguaglianza – una suggestione creata in laboratorio perché ne generasse mille altre, a cascata, senza peraltro avere alcun riscontro se non sul quaderno a quadretti dei poveri illusi  e sul frontespizio delle aule dei tribunali italiani ( all’interno dei quali, per la verità, i delinquenti vengono quasi sempre equiparati agli onesti e chi dispone di soldi per comprarsi un buon avvocato scopre invariabilmente di essere assai più uguale degli altri), nel progredire attraverso i secoli è stato poi preso in carico dagli architetti col gonnellino del NWO, che se ne sono avvalsi per redigere il progetto di una società piatta, statica, indifferenziata, felice di essere guardata da un unico occhio e di essere irreggimentata nel triangolo equilatero del profitto: un destino al quale ci si abitua sin da piccoli, tra i banchi di una scuola che protegge i somari avvolgendoli nell’ovatta di uno psicologismo totalitario, e prescrive invece per il ‘primo della classe’, non appena lui si rivela, la fucilazione alla schiena. 

 L’isola di Lampedusa – che è stata scelta, per la sua posizione geografica, da lorsignori come banco di prova di come sia facile alienare una porzione di territorio alla sovranità di un Paese, e di come, inoltre, questo Paese vi si rassegni di buon grado perché  ha fatto da vecchia data atto di sottomissione al padronato internazionale – è  un carnaio nero (carne con osso e senza osso), è l’urlo di Munch, è l’angolo formato dall’intersezione di due muri che puzza di piscio d’annata, è lo straccetto di placenta ancora sporco di sangue che finisce sotto una tempesta rutilante di piedi nudi , ma non si sa dove si siano cacciati il neonato e la madre.

 Però, ciò che più mi ha impressionato di questo spettacolo, dato in televisione e offerto a tutti i popoli del pianeta (forse perché imparino) è – stento a dirlo – il tono e il contenuto di una telefonata fatta dal questore di Agrigento al capo di un piccolo drappello di dimostranti, isolani doc, ai quali si intima (asfidanken, achtung!)  di sgomberare al più presto, perché altrimenti sono dolori: il ribaltamento di due emisferi, la scrittura capovolta da destra a sinistra, ma con tanti errori di grammatica e di sintassi, il guanto di seta per gli invasori e il pugno di ferro per coloro che li subiscono, il tutto schiacciato all’interno di una strana cornice ideologica che impone il distinguo tra un’invasione armata  ed un’invasione che non lo è, come se il valore da attribuire a tale fenomeno non dipendesse soltanto da quale sia il comportamento dei soggetti che stanno da questa parte: se offrendo le terga, che è stata la reazione di tutti i nostri Governi , o praticando l’ostruzionismo, come si fa, e si è fatto, in casi simili, in ogni altro Paese di questo mondo. Persino la descrizione delle cause che la stanno determinando è artatamente ingannevole.

Intanto perché oggi, in Africa, ci sono  meno guerre di quante ce ne fossero negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso per l’insorgenza su vasta scala dei movimenti di liberazione dal colonialismo europeo (dal Kenia all’Algeria) e per i terribili contraccolpi sugli Ibo  (oltre un milione di morti, soprattutto per fame, tra i bambini, come conseguenza della secessione del Biafra dalla Nigeria), ma non consta che si fosse verificato un esodo di massa verso l’Europa e l’Italia in concomitanza con tali eventi. Poi, perché la sceneggiatura  dei barconi pieni zeppi di omini neri che sfilano , silenziosi come processionarie, nei porti  di  Lampedusa e di Porto Empedocle, oltre a  non collimare con la leggenda dei poveri diavoli che fuggono dalla guerra, suscita nella migliore delle ipotesi, l’impressione che si tratti di una rivisitazione di Petrolini, laddove il famoso comico romano asseriva di essere stato rovinato dalla ‘guera’, quella con una ‘r’ sola, mentre, nella peggiore, fa balenare il sospetto che l’Africa ci abbia scambiato per una discarica, col tacito assenso del resto dell’Europa, infeudata ai poteri forti, perché, tanto, almeno per adesso, la cosa non li riguarda.

Potrei aggiungere – visto che la ‘guera’ è il termine intorno al quale ruota tutta la discussione – che quand’anche fosse vero che questa moltitudine, composta quasi esclusivamente da uomini, fuggisse dalla guerra, per essi varrebbe ciò che a Roma si dice  di coloro che si ritirano dalla lotta, e che qui non posso ripetere per non apparire ciò che sono, orgogliosamente inelegante: comunque dei soggetti poco raccomandabili. Fa specie, allora, che, trovandosi alle prese con questo teatro dell’assurdo, alla maniera di Ionesco, la Meloni abbia preso la decisione di farne parte, riportando nella stalla il cavallo del blocco navale che le aveva fatto vincere le elezioni. L’immaginazione e il ragionamento pendono per l’eventualità che ella abbia dovuto cedere ad un ricatto della Commissione europea (stai attenta che ti nascondiamo i soldi del pnrr) o che abbia scoperto, consultando i trattati di Lisbona, di Maastricht, o di qualche altra convenzione a noi ignota, che il blocco navale, pur tecnicamente attuabile, non rientri tra le soluzioni consentite dai demiurghi del NWO che hanno la loro filiale a Bruxelles. Ma è pur vero che nessuna regola è ammissibile quando procuri ingiustamente un danno a coloro che per errore le avessero sottoscritte, e ciò basta e avanza per disobbedire. Funziona così.

 

 

Immagine: https://siviaggia.it/

 

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