Lo stile della Nazione Europea

 

Lo stile della Nazione Europea

Se parliamo di patria, allora è doveroso parlare di stile. Lo stile della patria è l’insieme dei miti fondativi sui quali si eleva l’edificio maestoso della civiltà europea, quel modo d’essere, di pensare e di vivere che solo a noi appartiene, e che è frutto della eterna missione civilizzatrice che la stirpe europea sempre ha condotto. Una missione comune che discende da una storia comune, e che conduce ad un comune destino.

La storia d’Europa è volontà di potenza. Dagli albori della civiltà fino all’ultima guerra civile europea (1939-1945), la storia del nostro popolo è la storia di uomini protesi verso il cielo, ovvero verso la grandezza. I più grandi eroi sono europei, le scoperte più sensazionali, le invenzioni più straordinarie sono opera degli europei, possiamo vantare i più grandi artisti, i migliori condottieri, i naviganti più coraggiosi. Tutto questo è stile, è forma mentis che discende direttamente dal sangue della stirpe indoaria, e diviene mito fondativo appunto di un comune sentire.

L’Europa come civiltà è nata a Salamina nel 480 a.C., quando i greci comandati da Temistocle respingono la flotta di Serse. La Grecia antica rappresentava l’Europa, con la sua filosofia, le sue istituzioni e le sue strutture sociali. I greci probabilmente non lo sapevano, ma in quel frangente la difesa della propria terra rappresentava la difesa della civiltà europea. Molte volte nel corso della storia, un popolo piuttosto che un altro ha rappresentato l’Europa e ha difeso il “limes” della civiltà a cui apparteniamo. Prima la Grecia, poi Roma, e ancora i Franchi, il Sacro Romano Impero, la Spagna e via dicendo. Il senso della storia d’Europa non sta tanto nelle sue conquiste, ma nella difesa delle sue frontiere, cioè le frontiere del diritto, della scienza, della fede, della filosofia, dello spirito.

Prendendo spunto dall’opera di Jean Thiriart – L’Europa: un impero di 400 milioni di uomini, possiamo tracciare un percorso ideale il quale dimostri come la stirpe europea sia stata forgiata con il sangue in tutte le prove che essa ha dovuto sostenere per elevarsi rispetto alle altre civiltà.

“Salamina, 480 a.C.: Temistocle distrugge la flotta di Serse presso Atene.

Platea, 479 a.C.: I capi militari greci, Pausania e Aristide, sconfiggono il generale persiano Mardonio.

Granico, 334 a.C.: Vittoria di Alessandro il Macedone, in Asia minore, su Dario III il cui esercito era, in numero, infinitamente superiore.

Arbela, 331 a.C.: Arbela, oggi Erbis nell’Iraq, vede la grande vittoria greca di Alessandro che, partito dall’Egitto, dopo aver attraversato il deserto di Siria, passa l’Eufrate e il Tigri e schiaccia i Persiani.

Cartagine, 146 a.C.: Roma ha preso, di fronte all’Europa, il posto della Grecia. Dopo le lunghe ed estenuanti guerre puniche, l’anno 146 vede finalmente Asdrubale capitolare e Scipione Emiliano ordinare la distruzione di Cartagine.

Campi Catalunici, 451 d.C.: Dopo i secoli dedicati al riordinamento, dopo la Pax Romana, uno dei momenti più belli della nostra Storia, noi attraversiamo, nel v secolo, dei momenti difficili. Tuttavia, ci riprendiamo e nella pianura di Champagne, nelle terre dei catalauni, in Belgio, a circa 20 Km. dall’odierna città di Troyes, al campo Mauriacus, Attila alla testa dei suoi unni viene sconfitto e ricacciato. Gli unni si trovavano allora a 160 Km. da Parigi. Ezio, capo dell’esercito romano e alleato dei Burgundi, è a capo di una coalizione formata dai Visigoti di Spagna capeggiati da Teodorico e dai Franchi Salii comandati da Merovingio.

Poitiers, 732 d.C.: Abderamo, capo dei saraceni di Spagna, passa i Pirenei ed occupa Bordeaux. Risale verso Nord in direzione di Parigi e viene arrestato a soli 300 Km. da questa, a Poitiers, da Carlo Martello Duca dei Franchi, figlio di Pipino di Herstal. Per la prima volta, un cronista dell’epoca scriverà che nella battaglia di Poitiers “hanno vinto gli europei”.

Gerusalemme, 1099 d.C.: Principale protagonista della I Crociata, Goffredo di Buglione, nato a Baisy nel Brabant vallone, duca della Bassa Lorena, alla testa dei Cavalieri provenienti dalle terre comprese tra la Mosa e la Mosella, sconfigge l’armata egiziana ad Ascalon in Siria, ed entra vittorioso a Gerusalemme nel 1099.

Granada, 1492 d.C.: Il 2 gennaio, i Re Cattolici entrano solennemente nell’Alhambra di Granada.

Vienna, 1529 d.C.: Vienna, in Austria, nel cuore dell’Europa. I turchi sono sotto le sue mura nel 1529 dopo aver occupato, con la guida di Solimano II, Belgrado nel 1521, Rodi nel 1522, una grande parte dell’Ungheria nel 1526. Ferdinando d’Austria, fratello di Carlo V, sconfigge i turchi e li ricaccia.

Lepanto, 1571 d.C.: Siamo questa volta sul mare e sono di nuovo i turchi ad essere battuti a Lepanto nel golfo di Corinto in Grecia. Don Juan d’Austria vi comandava la flotta della Lega Santa promossa dalla Spagna, da Venezia e dal Papa. Sebastiano Venier e Agostino Barbarigo, celebri marinai veneziani, vi combatterono da eroi. Miguel de Cervantes vi fu gravemente ferito.

SanGottardo, 1664 d.C.: Piccolo borgo ungherese, nel Comitato di Vas sul Raab, vede i numerosissimi turchi – erano circa 100.000 – battuti da un esercito europeo di 25.000 uomini comandati dal Montecuccoli.

Inizia allora il brillante periodo d’espansione per l’Europa quasi ininterrotto fino all’ultima guerra civile europea del 1939-45, anni tragici per il nostro Continente. I Russi a Vienna, i Russi a Berlino. Che importa! Abbiamo visto gli Unni e gli Arabi a pochi passi da Parigi, abbiamo visto i Turchi alle porte di Vienna. Ogni volta l’Europa ha stretto i pugni, ha ingaggiato la lotta e si è risollevata. Non vi è un sol popolo d’Europa che non abbia versato sangue per la sua salvezza. Ognuno a suo turno, talvolta alcuni riuniti e coalizzati, hanno rappresentato, al momento opportuno, l’Europa in armi. I Polacchi morti per difendere Vienna, gli Italiani morti in Grecia durante la battaglia di Lepanto e, prima di loro, gli Spagnoli che hanno ricoperto con le loro ossa la lunga strada da Oviedo a Granada, tutti sono morti per permettere la nascita della Nazione Europea.”

Un passato glorioso che non deve essere solo vanto e nostalgia da museo, non ci interessano i sentimenti nazionali legati al ricordo, all’eredità, all’abitudine. La Patria nostra non è soltanto venerazione, ma elevazione ed espansione. Il comune passato che in questo testo abbiamo tentato di sintetizzare, deve essere il punto di partenza e non di arrivo, le eroiche gesta dei nostri avi devono infondere in noi la consapevolezza non tanto di quel comune passato già scritto come parole su pietra, ma di un comune avvenire da costruire mattone dopo mattone.

Per questo, ancora una volta è necessario abbandonare i frazionismi, i piccoli nazionalismi ottocenteschi, e allo stesso tempo è necessario demolire la “cosa di Bruxelles”, il trono degli usurpatori della sovranità europea, il tempio di coloro che hanno fatto dell’Europa uno spazio di mercato e non una Nazione, coloro che hanno interrotto (soltanto momentaneamente speriamo) il cammino maestoso di un popolo che vanta venticinque secoli di storia.

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