Mary Poppins ed altri cartoons
Non c’é, credo, niente di più drammatico, nella pratica giornalistica, di un titolo scelto per far sorridere, che annunci un articolo che fa piangere.
L’equivoco é tibutario del fatto che il PD – il partito nato mettendo insieme il pomodoro e la marmellata, come piace agli americani – ha ora un capo che assomiglia molto a Mary Poppins, la tata che nel film si era aggrappata ad un ombrellino per scendere, attraverso il camino, nella casa di una famiglia devastata da due piccole pesti.
Non che le modalità dell’avvento di Elly Schlein siano molto diverse da quelle descritte nel film della Disney, giacché anche quelle del voto grazie al quale ella si é insediata nella segreteria del PD, hanno un son so che di magico, essendosi trattato di consultazione aperta ai non iscritti, una specie di casa senza porte e senza finestre, della serie che oggi va tanto per la maggiore, di una ‘res publica’ in cui é fatto divieto di rivendicare la proprietà, sia che un ‘membro della comunità ROM’ ti infili, sulla metro, due dita nella tasca posteriore dei pantaloni per derubarti del portafoglio, sia che prenda posseso del tuo appartamento mentre sei al lavoro e ti costringa a trovare rifugio da un parente pietoso.
Il clone di Mary Poppins rappresenta, quasi in maniera didascalica, lo stato dell’arte di un partito la cui identità consiste nel non averne nessuna, all’insegna di una fluidità torrenziale, ma di essere stato programmato, mettendo insieme dei pezzi presi da donatori diversi, da un emulo di Frankestein, perché faccia fallire l’Italia col terrorismo giudiziario e con quello delle minoranze federate, nei riguardi del quale la maggioranza dei cittadini, priva di rappresentanza politica e tagliata fuori dall’accesso ai mass media (una specie di palude, su cui regna una buia rassegnazione) , non può fare nulla.
Intanto, Elly Schlein: non Maria Rossi, un nome e un cognome che avrebbero richiamato alla mente le ristrettezze della provincia, e quelle tre nazionalità, quasi quattro, per le radici rimaste incagliate nel sottosuolo dell’Ucraina – la replica di un vecchio sketch di Verdone in cui l’attore tira fuori dal borsello un’infinità di tessere per dimostrare di essere equipaggiato per qualunque evenienza – che le conferiscono, esse sì, la patente di cittadina del mondo, quanto di meglio (o di peggio: dipende dai punti di vista) ci si sarebbe potuto aspettare da una formazione che ha da tempo immemore ripudiato ogni menomo contatto con ciò che significhi ‘Italia’, per accasarsi qui come filiale dell’Anglosfera.
Non poteva mancare – ce ne saremmo adontati – il riferimento di Mary Poppins, ovvero di Elly Schlein, alle proprie inclinazioni sessuali, che da duplici, possono all’occorrenza diventare anche triplici, (ancorché per lei solo in teoria) in ottemperanza a tutte le istruzioni contenute nel libretto del ‘Pensiero Unico’ che non ammettono neppure il concetto stesso del ‘limite’ se non come retaggio di una mentalità ‘fascista’ e come ostacolo all’esercizio della più apprezzata di tutte le libertà, che é quella di dare scandalo e di distruggere quanto ancora rimane della nostra civiltà invisa alle oligarchie planetarie.
Da alcuni frammenti del programma televisivo di Fazio (mi si perdoni la pedestre battuta: ineluttabilmente fazioso) estrapolo il capolavoro dialettico della Schlein, quello stando alla quale ogni uomo e ogni donna (la precisazione é d’obbligo, puta caso i due soggetti facessero confusione scambiandosi di ruolo l’un l’altro) debbono ‘appartenere solo a se stessi’.
La sbarra del passaggio a livello che si alza di scatto sull’individualismo totalitario.
La fine della Storia, intesa come trama disegnata da tante parabole convergenti.
L’ometto sorpreso mentre, seduto sulla tazza del cesso, in un cubicolo costruito in mezzo al deserto, si stringe a sè per tutta la lunghezza delle sue piccole braccia, perché ha paura e tedio del mondo.
Una moltitudine di persone che non amano condividere delle regole – il cemento di ogni comunità – né sottostarvi, in nome di una libertà aleatoria, gonfia di materia marrone.
L’atto del ‘fare’, legato all’obbligo di realizzare degli obiettivi o a quello di scongiurare gli eventi indesiderati, che traligna nel ‘far finta di fare’: del parlamentare, eletto tra i famigli e i famigliari del capobastone, che cerca nello smartphone il messaggio dell’amante mentre si discute in aula di misure importanti per la Nazione; del leader del Sindacato – la maschera del Bertoldino felice incolllata sul viso e l’immancabile presenza in ogni manifestazione in cui garriscano degli stracci rossi – il quale fa finta di ignorare che il suo sindacato é morto perché é morto il lavoro, e che lui non può aver subito, metaforicamente parlando, una sorte diversa; di tutti gli insegnanti che si sottraggono senza pudore all’obbligo di di insegnare perchè, tanto, alla fine ci sarà una promozione plebescitaria, e di tutti gli studenti che si rifiutano di studiare perché alla fine saranno tutti promossi (alla faccia del merito!), gli uni avvinghiati agli altri in una stretta definitiva come il calco della moglie e quello del marito estratti dagli scavi archeologici di Pompei.
Sempre, mettendo insieme i pezzi di quell’intervista (ne avrei ricavato un irrecuperabile pregiudizio – per la mia salute mentale – se l’avessi registrata per intero), e facendomi in parte influenzare, per ‘sentire’ meglio il contesto, dalla vista degli squadristi del PD che organizzano dei riti orgiastici sulla spiaggia di Cutro, ho sentito la reincarnazione di Mary Poppins – appena uscita dalla pizza del film custodita in qualche deposito, ma orba dell’ombrellino, che non s’apre più – parlare di giustizia, non in senso lato, ma di una sua specificazione particolare, quella ‘climatica’, di cui ho cercato inutilmenete traccia su Vikipedia e sulla Treccani, semmai mi fosse sfuggito l’ultimo aggiornamento del ‘sinistrese’, e la fantasia, intorpidita dal progredire dell’età, non mi avesse consentito di ampliarne il significato estendendolo ai fenomeni atmosferici – scopertamente ‘fascisti’ -che penalizzano una regione mentre ne favoriscono un’altra.
E’ ormai chiaro che la potenza delle parole dipende non solo dalla frequenza con cui vengono pronunciate (scritte, un po’ meno, perché si assottiglia quasi ogni giorno il numero delle persone capaci di leggerle e di riconoscerne la funzione nell’ambito di una frase) ma anche dalla loro proclività a fermarsi nel vestibolo dell’orecchio, dove, senza raggiungere il cervello, danno vita a delle frantasmagoriche suggestioni, completamente scisse dalla realtà.
Il fatto che Mary Poppins II abbia vinto le primarie del PD, a seguito di uno strano giuoco di bussolotti, e abbia apposto il proprio nome sulla ‘Walk of Fame’ dell’Italietta democratica, accanto a quelli di Gramsci e di Berlinguer, lungi dal rivestire importanza solo per coloro che l’hanno votata, é la riprova, peraltro non richiesta, di quanto si sia abbassato in questi ultimi quindici o vent’anni il livello della politica italiana , ridotta a replicare, nel suo piccolo, le determinazioni prese a Washington e a Bruxelles, e di quanto, inoltre, in queste secche abbia trovato il suo habitat ideale anche la Destra giunta appena adesso al Governo, se – a parte certe prese di posizione su questioni cruciali, come la NATO e la guerra in Ucraina che la fanno percepire come una brutta copia della Sinistra – non riesce a redimersi dalle brutte abitudini, come quella di girare intorno ai problemi o di trattarli con l’insostenibile leggerezza incorporata nei ‘cartoons’.
Mary Poppins, allora. Ma anche Arturo, Zoe, e il Cavaliere’ plastinato, che sfilano a bordo delle loro macchine d’ordinanza – tutte scure e coi vetri abbrunati, come navicelle spaziali, sotto una pioggia di peluche – nel comune della Calabria su cui si é tragicamente concluso il millesimo atto dell’invasione: tutto ciò prima di ritrovarsi – troppo poco edotti intorno all’unico inconveniente legato alla condizione del ‘politico’, che é quello di dover fare tutt’uno del proprio privato e del pubblico – in un elegante locale dove, per festeggiare il compleanno di Arturo, si é anche stonato al karaoke ‘la canzone di Marinella’, la storia, proprio quella lì, di una giovane donna derelitta, morta annegata.
Che la politica stessa é un ‘cartoon’, che va per conto suo, almeno qui in Italia o con maggiore evidenza che altrove, senza minimamente rispecchiare l’opinione e i sentimenti dei cittadini, é dimostrato, fra l’altro, dalla piega assunta dalla ‘querelle’ sull’immigrazione clandestina, che si é arricchita di un nuovo elemento, il gruppo russo ‘Wagner’, accusato dal ministro Crosetto di fomentare il fenomeno per cercare di infliggere all’Italia , sul piano della tenuta economica e sociale, quasi più danni di un bombardamento atomico.
Wagner, o non Wagner, tutto finisce in un vortice di parole, come succede nei dintorni di Mary Poppins, quasi a volerci dare ragione per quando diciamo che l’illusoria democrazia italiana é un aeroplano con due ali che svolgono la stessa, identica funzione: solo che una sta a sinistra, e l’altra sta a destra.
Immagine: https://naufraghi.ch/