Medz Yeghern, il “grande crimine”

 

Medz Yeghern, il “grande crimine”

Il 10 aprile scorso, scatto di reni del nostro Parlamento, ha approvato, a larga maggioranza, una mozione trasversale che impegnava il Governo giallo-verde al riconoscimento ufficiale dell’eccidio armeno dandone risalto internazionale. Gli astenuti pilateschi? I Forza botulino.

Il Metz Yeghern (il grande crimine o grande male) fu il primo sterminio etnico del XX secolo, soffocato da assoluto, colpevole silenzio se un nobile prussiano, l’ufficiale Armin Theophil Wegner, non l’avesse documentato con scatti fotografici e lettere indirizzate ad amici prima, poi persino all’inquilino della Casa Bianca. Basterebbe lo stralcio di una sua missiva ad una suora, pubblicato sul Corriere della Sera, per inorridire: ”ragazzini e ragazzine di ogni età, abbandonati, ridotti come animali, affamati, senza cibo o pane, privi del minimo aiuto umano, stretti l’uno all’altro e tremanti per il freddo della notte che trattenevano nelle loro mani congelate un pezzo di legno nel vano tentativo di riscaldarsi. Piangevano a dirotto. I loro capelli gialli di urina scendevano sulla fronte, sui loro visi c’era uno strano fango di lacrime e sporcizia. I loro occhi di fanciulli erano come impenetrabili, scavati dal dolore e benché guardassero muti davanti a sé, sembravano portare sul volto il più amaro rimprovero verso il mondo. Era come se il destino avesse collocato all’ingresso di questo deserto tutti gli orrori della terra”. Nella vita privata Wegner difese con fermezza i propri ideali di pace, libertà ed umanesimo, perorò inutilmente la causa degli ebrei contro la persecuzione nazista, vissuta sulla propria pelle, infatti Lola Landau, sua prima moglie, era ebrea, riuscì a fuggire in Palestina con la figlia sfuggendo alla deportazione, lui invece per le sue idee, fu arrestato, torturato e chiuso in campo di concentramento.  Trasferitosi in Italia, Wegner sposò in seconde nozze una ceramista polacca, Irene Kowaliska, anch’essa d’origine ebraica che gli diede un figlio. Ma nel ’38 si ritrovò a battagliare contro le leggi razziali, allora prese carta e penna indirizzando una lettera di supplica al Duce che accolse le sue ragioni impartendo l’ordine di lasciare in pace la famiglia dello scrittore.

Il Medz Yeghern fu perpetrato a cavallo della prima guerra mondiale (1914-1918). Il partito dei Giovani Turchi, l’Ittihad ve Terraki, preso il potere nel 1908, pianificò e attuò il genocidio della comunità armena, enclave di antica fede cristiana in un Paese mussulmano, operando con l’O.S. un’organizzazione speciale a carattere paramilitare appoggiata dai tedeschi.

Perirono due terzi degli armeni presenti nell’Impero Ottomano, da 1.000.000 a 1.500.000 di persone, 600.000 quelle sopravvissute. I bambini scampati allo sterminio vennero strappati alle famiglie e “rieducati” all’Islam, innumerevoli le donne violentate e “messe a disposizione” degli harem.
Logicamente storici e istituzioni turche hanno negato e negano l’olocausto,  ancor oggi lanciano virulenti strali diplomatici contro quei Paesi che osano riconoscere il genocidio, gli ultimi indirizzati proprio all’Italia che da par suo ha democristianamente annacquato quello scatto di reni del Parlamento col  silenzio sugli organi d’informazione.

Ora attenzione! Gli armeni presero a convertirsi alla Buona Novella già a partire dal I sec. con la predicazione evangelica di Bartolomeo e Taddeo, e l’Armenia fu il primo Stato al mondo a riconoscere, nel 301 col sovrano Tiridate III, il cristianesimo quale religione di Stato. 

Oggi il tentativo di genocidio dei cristiani continua, a macchia di leopardo, fino al massacro recentissimo nello Sri Lanka, ma il tutto viene appena “sopportato” dall’Occidente laico-progressista che snobba ogni religione credendo d’aver estirpato Dio dalla storia.  Eppure i dati del 2018 parlano di 3.066 cristiani uccisi per la loro fede, il doppio rispetto all’anno precedente, 15.504 edifici di cristiani attaccati con violenza, 1 cristiano su 11 perseguitato, da chi? Con assoluta maggioranza dall’Islam. Questi martiri senza fanfare d’un passato negato e del presente tacitato dai media mercenari, questi “adoratori della Pasqua” come li ha definiti un indegno Nobel per la Pace, dimostrano che Dio, il nostro Dio, non è morto con buona pace di Nietzsche e di Guccini.

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