Mondo liquido, l’uomo in bottiglia

 

Mondo liquido, l’uomo in bottiglia

Cosa si intende esattamente per società liquida?  La crisi del concetto di comunità ha fatto emergere un individualismo programmatico, in cui nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno” (Umberto Eco). Il vicino è sempre qualcuno dal quale guardarsi, un concorrente se non un nemico. Questo soggettivismo ha minato la modernità, l’ha resa fragile, immersa in una condizione in cui, aboliti i punti di riferimento, tutto perde consistenza. La solidità di ieri è vista come un pericolo o una gabbia. Tutto diventa liquido poiché nulla appare più vero, buono, giusto. Le uniche soluzioni per individui senza punti di riferimento diventano l’apparire ad ogni costo, il consumo, la novità, il movimento fine a se stesso.

Il liquido, lasciato a sé stesso, tende a scorrere in mille rivoli, cambiare direzione ad ogni ostacolo. L’esito è la dissoluzione in milioni di gocce. Il consumismo liquido mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma li rende subito obsoleti, e gli individui-goccia passano da un consumo all’altro. Nel mondo liquido-moderno la solidità delle cose, così come la solidità dei rapporti umani, tende a essere considerata una minaccia.

La prospettiva di trovarsi invischiati per l’intera vita in qualcosa di definitivo, non rinegoziabile, appare spaventosa (rapporti sentimentali, idee, famiglia, luoghi, la stessa personalità individuale). Il mondo liquido produce una società frantumata, in cui se io ho risolto i miei problemi soggettivi, non mi importa più degli altri. Di contro, i miei guai sono solo miei, per l’indifferenza liquida altrui. Essere moderni, cioè liquidi, significa essere incapaci di restare fermi.

La cultura di oggi è fatta di offerte di mercato, non di norme. Anche qui trionfo del liquido. Nel mondo liquido il capitalismo vince senza competitori perché le fonti del profitto si sono estese dallo sfruttamento della manodopera allo sfruttamento dei consumatori, gli esseri liquidi per eccellenza, che devono continuamente modificare se stessi, gusti, aspettative, per stare al passo, inseguire la moda, svalutando continuamente “ieri” e “prima”.  La comunità è solida, poiché ad essa apparteniamo interiormente, moralmente, la società è liquida in quanto è solo un contratto che può essere stracciato, di durata limitata; impegna solo per i termini sottoscritti e contiene clausole di rescissione.

Il mondo liquido è per natura un corsa verso il nulla che trascina con sé la civiltà. Il contratto è liquido, l’impegno è solido. Fornisce uno scopo indica una meta, costruisce civiltà La civiltà ha bisogno di ideali, valori, cultura unificante, terreno solido. Non vi è civiltà senza una solida appartenenza. A un popolo, un’idea, una credenza religiosa, un destino, un luogo, a una persona amata. Non esiste un popolo “liquido”.

Liquefatto, il mondo diventa irriconoscibile, una babilonia confusionaria in cui ognuno va per conto suo, teme gli altri, parla lingue reciprocamente incomprensibili. Il pessimo programma è allargato alla vita intera: vivere in Italia o in Mongolia non fa differenza, né che il proprio paese perda la sua lingua, cultura, o sia invaso da stranieri. Fa lo stesso essere uomo o donna, essere attratti sessualmente da persone dello stesso sesso o dell’altro, esprimersi in italiano o in inglese. Liquido è tutto, le gocce si frantumano a caso.

Quel che conta è la corsa, il viaggio, nessuna meta, ogni mezzo è buono. Importante non avere alcun fine o averne uno per ciascun giorno. E’ imperativo cambiare, spogliarsi e rivestirsi continuamente di nuovi abiti. L’ideale è la mescolanza. Dicono che le mescolanze accrescono, ma solo se vi è uno scopo di civiltà, non il mescolamento fine a se stesso.

L’uomo liquido è un essere in bottiglia: per andare da qualche parte deve essere raccolto in un recipiente, diventare contenuto. Perde autonomia; se il recipiente si rompe, il liquido si disperde. Se manca il tappo, il destino è l’evaporazione. Persino un ciottolo è più stabile dell’uomo liquido, intrappolato nel recipiente sotto pena di dispersione e in balia di chi impugna la bottiglia. Non resta che abbandonare la condizione di fluidi alla mercé dei padroni di bottiglie, recipienti e condutture, e tornare solidi.

Non è difficile. Un comandante degli Chouans, i combattenti antirivoluzionari della Vandea, disse che la sua Patria non erano i principi astratti, i diritti universali dei giacobini, ma la terra che calpestava e sentiva sotto i piedi. Concreta, reale, come ogni principio in cui si crede. Duratura, perché conservare e tramandare, è un istinto potente dell’uomo “solido”. L’acqua non si afferra, scivola, non è mai la stessa. L’uomo ha bisogno di fermarsi, costruire una solida casa, difenderla con fermezza, consegnarla ai figli e levare lo sguardo in alto. Bisogna uscire dalla bottiglia e dalla pozzanghera, farla finita con la condizione liquida. Tornare stabili, solidi, fare comunità, appartenere, possedere un’identità. Il principio appartenenza sconfigge il mondo liquido, fa saltare il tappo della bottiglia in cui ci hanno rinchiusi goccia a goccia. 

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