Prima di appisolarmi, appena svegliato

 

Prima di appisolarmi, appena svegliato

Non é una raccomandazione tratta dal bugiardino. E’ lo stato in cui di solito ci si trova a pensare e a porci le domande alle quali – da completamente svegli – non sappiamo mai dare la risposta giusta: uno stato particolare, quello generato dalla ragione, usurata dalle abitudini, a cui sottentra il mezzo sogno, patria dei più dolorosi struggimenti ma anche di tutte le intuizioni che rivoluzionano il mondo: Newton scoprì la legge dei gravi mentre dormicchiava ai piedi di un albero, e Archimede coniò il principio che prende il suo nome osservando lo sciabordio dell’acqua, dopo essersi calato, intero, nella vasca da bagno.

Non mi vergogno di ammettere di essermi chiesto più volte, in questo stato, quale combinato disposto, fatto di leggi, di regolamenti e di statuti, obblighi le pere ad assumere quella forma – escluso che lo facciano soltanto per distinguersi dalle mele – e quale sia il compito assegnato al pero nell’economia del creato, dando per scontato che ne abbia uno, perché la natura non é come casa mia, dove tutto é caso e caos.

La banalità é fatta di stratificazioni profonde, anche quando mi ci immergo dentro e sfruguglio la sibilla per cercare di sapere per quale misterioso motivo duecentomila persone  incendiavano una banca  a Parigi, per significare la propria voglia di opporsi agli abusi del turbocapitalismo, mentre, pressoché nelle stesse ore, si formavano a Napoli degli assembramenti – ma con tanti moccolotti e con tanti fiori – per celebrare, con le modalità del Bluetooth, in contatto con Buenos Aires, i funerali di Maradona.

Mettetevi comodi: la spiegazione secondo cui Maradona é stato un giocatore del Napoli, non solo non é convincente, é banale, a differenza della questione che ho sollevato, che lo é solo apparentemente. Perché l’anno é fatto di trecentosessantacinque giorni, e se ne può sempre fissare uno per ritrovarsi insieme in piazza, a prescindere da Maradona. Perché non consta che Napoli sia stata risparmiata dai tentacoli della recessione economica targata Covid 19, tanto più che ne soffre dai tempi dello sciuscià, e che la situazione deve essersi ulteriormente aggravata con l’utile concorso della camorra, dei De Luca e dei De Magistris, ma anche di un certo individualismo – indissolubilmente legato agli archetipi della cultura partenopea – che predilige    gli espedienti e le scorciatoie a scapito delle soluzioni programmate.

Perché – e chiudo la martingala – l’essere presi a manganellate per rivendicare il proprio diritto ad essere indennizzato dalla perdita del lavoro o per denunciare lo sfascio della Sanità regionale, é un rischio assai più comprensibile e, per molti versi, più nobile di quello che si corre – e inopinatamente non si é corso – per omaggiare un santino. La rievocazione spagnolesca della morte non può essere messa sullo stesso piano, morale e politico, delle battaglie che si sostengono per sventare le minacce alla libertà e alla vita.

Si dà il caso che – approfittando di tutti i vantaggi offertimi dal dormiveglia e archiviato l’episodio di Napoli tra quelli che di solito si collocano troppo in basso o troppo in alto, come i tagli addizionali del pentagramma – mi sono anche chiesto  come mai in Italia sia sempre ferragosto e in Francia sia sempre maggio, a far data dal ’68, quando il Governo mette mano, con fare fraudolento, alla riforma delle pensioni, oppure tenta di siringare le radici e il tronco della Costituzione buttandoci dentro le tossine di una metamorfosi autoritaria.

Allora, Daniel Cohn-Bendit,’il rosso’, portò l’Università di Nanterre sulle barricate. I gonfaloni delle CGT e quelli del PCF di Marchais, sventolarono fiacchi sul margine, giacché i loro leader, sebbene fossero irretiti dal paternalismo gollista, in qualche misura ne erano conniventi: é ciò che succede allorché – costretta quasi ad esistere da una delle condizioni essenziali della dialettica democratica – l’Opposizione tende, anche senza accorgersene, a conglobarsi con i detentori del potere, a trasformarsi in un’articolazione del sistema.

In Francia – ormai da diversi mesi – le piazze sono requisite da tutta una serie di soggetti che non hanno proprio niente da spartire con l’Opposizione parlamentare. La violenza delle manifestazioni, alle quali partecipano gli orfani della vecchia Sinistra e quelli della vecchia Destra, appare inversamente proporzionale rispetto alla latitanza e al silenzio degli eletti nelle due Assemblee.

Per quanto concerne la predetta inclinazione, da parte delle forze all’opposizione, a fornicare con le élite al Governo e a compiere atti ripetuti di consociativismo (vedasi, ad esempio, l’idillio più recente sbocciato tra Brunetta e Di Maio) allo scopo di sanare surrettiziamente le fratture e i conflitti che insorgono nella società civile, non mi sembra che esistano differenze sostanziali tra Italia e Francia.

Ciò che le rende diverse é il modo in cui reagisce l’opinione pubblica nel porsi il problema di come sopperire ai danni causati da tale andazzo, specie ora che si é in piena emergenza, come in guerra, e il Covid 19, coadiuvato dai politicanti d’accatto, lancia un’Opa sanguinosa sul presente e sul futuro dei cittadini. Lì la replica, riveduta e corretta, del Maggio del ’68. Qui – dove la tenuta delle istituzioni é ancora più incerta che all’ombra della torre Eiffel, per aver consegnato le chiavi del Paese ad un branco di sprovveduti – si fanno i turni, oggi i disoccupati con gli occhi neri, domani i disoccupati con un occhio solo, dopodomani i disoccupati con gli occhi azzurri, come se la crisi, fitta e pervasiva, non scendesse giù su tutti, a pioggia, una nota canzone dei Rokes. Per di più, occorre mantenere scrupolosamente le distanze, essere autorizzati, in fila per quattro col resto di due, bbbboni, state bbbboni, fate i bravi! Il brivido della trasgressione che si prova baciando sulla guancia una vecchia battona ancora in servizio sotto gli archi della stazione.

Credo che tanta quiete vada spiegata e analizzata a fondo. La gioventù bruciata dalle televisioni di Berlusconi? Gli effluvi letali della Play Station? Il fallace convincimento che le cose si rimetteranno a posto da sole? Basterebbe togliere il punto interrogativo, ma non sarebbero, comunque, delle risposte esaustive, c’é qualcosa che non torna, un qualcos’altro che sfugge, a meno che non si voglia scomodare l’antropologo, ma aspettiamo un altro pò.

Ci saranno ancora mille altre occasioni per pensarci su, prima di appisolarmi, o appena svegliato.

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