Questione d’affari

 

 

Questione d’affari

Si può ipotizzare e supporre sia esperienza comune di chi riconosce il male del pensiero unico avere avuto la sensazione che le cose stiano per cambiare, che le consapevolezze idonee per non essere complici della politica disumanizzante in corso siano sufficientemente diffuse. La cultura, quel seno dal quale succhiamo valori e pensieri, speranze e direzioni, scelte e possibilità, ha forse ora più che mai la fecondità per contrastare i mostri generati dall’avvento del Great reset e del capitalismo di controllo.

A volte sembra d’essere prossimi a vedere realizzati quei cambiamenti di paradigma che ci stanno a cuore. L’ambiente non più argomento di facciata e irreggimentazione, la Terra come organismo, la questione demografica come problema primario, le politiche dedicate all’homo sentiens, non più oeconomicus, il cibo e i sentimenti come fonte di salute e/o malattia, la medicina profonda e non di superficie, in grado di arrivare all’origine dei problemi, invece che dedicarsi ai sintomi e a ingrassare le pance già piene dell’industria delle malattie, la questione di genere lasciata alla libera scelta individuale, e non eletta a ideologia politica. Eccetera.

Oggi più che mai, sembra vicino il momento in cui al Pil, come referente del benessere di una nazione, verrà sostituito un criterio politico che avrà nell’uomo e nei suoi bisogni fondanti il criterio di ricerca e scelta, in cui il benessere sarà legato all’armonia e si avvieranno processi culturali idonei a crescere uomini compiuti, in grado di riconoscere se stessi, di ridurre le dipendenze fisiche e ideologiche, le malattie, consapevoli di cosa possa la volontà.

Oggi più che mai, sembra che l’ambiente possa definitivamente assurgere a problema capitale, e non semplice corollario di governi che non vogliono fare la figura dei cattivi, che vogliono sottrarsi alla responsabilità di averci portati al massacro della natura.

Oggi più che mai, il rischio della consapevolezza di essere semplicemente un’espressione della natura, cioè della vita, necessaria al cambio di paradigma politico e culturale, si sta estendendo a fasce sempre più ampie di persone.

Oggi più che mai, qualcuno accenna al problema demografico mondiale. Non nei riduttivi termini produttivo-economici e di controllo sociale, entro i quali normalmente viene citato a sostegno dei problemi di crescita economica e del Great reset, ma in quelli dove si riconosce l’implicito degrado presente nell’equazione capitalismo-sfruttamento-ingiustizia-grandi numeri. Il problema demografico riguarda infatti il concetto di crescita infinita, incompatibile con tutto, in particolare con una Terra finita. In un lago, le ninfee raddoppiano ogni giorno. Se impiegano dieci giorni a coprire l’intera superficie, quanti giorni saranno necessari per coprirne la metà ancora sgombra? Indipendentemente dal punto in cui siamo – che non è certo ai primi giorni –, la questione demografica, come qualunque altra, se vista con la devastante lente della crescita infinita, soggiace alla logica delle ninfee.

Non occuparsi della questione demografica in termini di cambio di regime potrebbe essere esiziale per buona parte di noi. Big Pharma, geniale industria commerciale, maestra nel mantenere alto il mercato dei propri clienti, non può per sua natura interna cessare di investire in malattie. Produrre e diffondere pillole decimanti e contagianti virus dal costoso antidoto sono il suo decorso ordinario, come il torrente obbligato a scendere a valle. Sempre per il bene comune, sia chiaro.

Oggi più che mai, è possibile, oltreché necessario, spostare la questione del genere dal diritto al rispetto. Chiunque potrebbe consumare la sua vita secondo il proprio ordine, senza bisogno di leggi che separano l’uomo dalla sua origine, gettandolo e lasciandolo nell’incantesimo di credersi autonomo e svincolato dalla verità carnale della natura, nella convinzione che il diritto possa prendere il suo posto sull’altare della conoscenza.

Ma oggi più che mai, a vedere la realizzazione di quanto accennato manca comunque ancora molto.

Oggi più che mai, le persone credono che il torrente possa andare in su. Oggi più che mai, è necessario che la consapevolezza di Ahrimane e il suo potere escano da sotto il tappeto dove gli uomini d’affari hanno sapientemente deciso di occultarli.

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