Per l’incipit di questo breve articolo ondeggio tra due istantanee. Quella che ritrae, in piena pandemia, un innocuo cittadino che fa jogging sulla spiaggia deserta, braccato dall’elicottero. E quella dell’uomo anziano che, interpellato dall’ospite sul perché, a distanza di tanto tempo dalle nozze, continui a chiamare “amore” e “tesoro” la moglie, questi risponde che in realtà non si ricorda più come ella faccia di nome. Le due immagini, nell’intrecciarsi, raccontano, a parere mio, mirabilmente, in che modo il potere politico – anzi, quel poco che ne rimane – si eserciti sul Paese: sotto forma di un’entità materiale del tutto estranea alle vicissitudini della massa, che se ne accorge solo quando essa assume nei suoi confronti una postura ostile, come, appunto, é richiamato nel flash dell’elicottero che piomba sul reprobo incartandolo nelle note di Wagner prese a prestito da “Apocalypse Now”, oppure – ma una cosa può sussistere senza alcun pregiudizio per l’altra – con la rappresentazione, attraverso mille espedienti, di un rapporto che sopravvive nell’immaginario collettivo, come lo stanco rituale di un’epoca, ormai irrimediabilmente lontana, in cui si faceva la fila davanti ai seggi per votare qualcuno, o ci si avvicinava alle urne dopo aver suggellato con dei colpi di pistola (fattispecie assai rara, da queste parti) o con dei sanpietrini (fattispecie data ormai 100 ad uno da tutti gli allibratori ) o con delle bestemmie amplificate dall’emiciclo delle piazze (anche qui un’usanza che si va lentamente spegnendo), la propria avversione ad un progetto che reputavamo controproducente o sbagliato.
La defezione di alcuni esponenti di “Forza Italia”, passati con un’incantevole piroetta al nemico, e l’osceno parossismo provocato dall’immediatezza della data fissata per le elezioni (un turbinio estemporaneo, che nega ogni riguardo per le vecchie tassonomie, destra e sinistra, risalenti all’epoca in cui si faceva addirittura la differenza tra un bianco e un nero, o tra un maschio e una femmina, il disordine “controllato” dei dischi di grasso che si distaccano e si confondono di continuo sulla superficie del consommé) hanno dimostrato, senza che ce ne fosse estremo bisogno:
1) che i programmi dei partiti, obbligati, peraltro, ad apparentarsi da un sistema elettorale allestito apposta per tagliar corto sulle opposizioni reali e sui soggetti che non si sono sottoposti a sfilettatura ideologica, sono il presupposto formale per la loro partecipazione alla lotteria del voto, ma che il modo in cui essi sono stati “pensati” risente solo ed esclusivamente dal calcolo fatto su quale esca (mollica o formaggio) si adatti meglio ai gusti delle categorie sociali selezionate per abboccare;
2) che, coerentemente con tutti gli indizi che rivelano un sempre più pronunciato appiattimento della colonia italiana sugli statuti emessi dal centro dell’Impero, il dualismo tra Destra e Sinistra, alimentato dalle invettive, ed estraneo a qualsiasi straccio di logica, fa piuttosto pensare ad una scimmia che contenda ferocemente all’altra la disponibilità dello specchio in cui si vede riflessa, stante, fra l’altro, che hanno fatto, e fanno le stesse identiche cose, il viaggio a Canossa/Washington, di Giorgio Napolitano, nella primavera del ’78 (mentre Moro era prigioniero delle cosiddette Brigate Rosse) per spiegare agli amerikani che il PCI non era più il partito dei comunisti – puah, che schifo! – ma che era ormai pronto a prendersi delle responsabilità di Governo sotto l’usbergo della NATO, e, proprio l’altro ieri, il pellegrinaggio negli USA della pasionaria della Garbatella, al secolo Giorgia Meloni, la quale, a rapporto col padrone, ha candidamente dichiarato di non avere nulla da spartire coi fascisti e col Fascismo, gentaglia;
3) che la percentuale degli astensionisti – che ha già superato di parecchie spanne il livello di guardia, oltre il quale questo ordinamento, “la Repubblica democratica”, dovrebbe aver già dichiarato forfait ed essersi offerta per l’ispezione ad altre forze che non siano quelle che l’hanno fatta fallire, aumenta ad ogni tornata elettorale perché anche il più sprovveduto degli Italiani ha scoperto che i partiti sono delle associazioni private il cui unico fine é quello di speculare sulle suggestioni legate all’uso mantrico del termine “democrazia”, e che l’antagonismo ostentato da chi é organico al “sistema” stando all’opposizione o sgomitando per arrivarci – quei nani, più di sette, che risalgono le valli dai loro cubicoli scavati sul fondo della società e del Paese – non preserva dal rischio di consolidare lo “status quo” giacché il confronto avviene sul terreno scelto dal banco, e non consta che questa circostanza lo abbia mai danneggiato.
Il voto, insomma, non determina nessun vincolo (Brunetta e Calenda docent) tra la persona che lo esprime e quelle, costituite in partito, che ne sono destinatarie. È alea, gesto gratuito, la stessa allucinante temperie che s’instaura, nella barzelletta di Proietti, tra la moglie e il marito quando hanno dimenticato, per quale misterioso motivo si trovano lì, uno accanto all’altro, e non sanno più per che cosa. Tanto più – ditemi poi se questa non sia dittatura, tra le più sfacciate che si possano immaginare – che l’astensionismo – fatta salvo il coinvolgimento matematico dei “clientes” che debbono ogni volta armarsi e partire a difesa dell’apparato, palafrenieri e ragazzi-spazzola – può arrivare al novantacinque per cento, o giù di lì, senza che si levi da qualche parte, segnatamente dal colle più alto o da qualche autorità certificata dai vertici di Bruxelles (un altro, illustre interprete di questa tragica pantomima), il segnale che tutto é finito e che la ditta “Illusioni & Truffe” chiude irrevocabilmente i battenti.
Il vero problema – parlo da studioso di Storia, mettendo le mani avanti per cautelarmi dall’accusa di custodire al centro del petto un cuore da sovversivo – é che per risorgere dai Di Maio e da tutti i Joker che si nascondono puntualmente dietro l’ombra di Pulcinella, è, che una volta appurata la funzionalità del voto alla sopravvivenza del regime, rimangono da percorrere solo due strade. Una, é un pronunciamento militare che si caratterizzi come pronto soccorso nei confronti del Paese e della Nazione trascinati verso l’abisso, poi si vedrà.
La seconda é che tutte le piazze d’Italia si riempiano simultaneamente nella gloriosa parodia di Tienanmen, ma ho qualche dubbio su chi nel caso si metterebbe in prima linea, se gli esponenti delle ultime generazioni col cervello arrostito dalla propaganda del mainstream, o i vecchietti, come me, con una collezione di acciacchi.
Ci sarebbe, ad essere più precisi, un’altra via, il suicidio collettivo, come sul Masada o nella foresta di Jonestown, ma a dirla tutta, é una soluzione per la quale personalmente non mi sento molto portato.