Scuola: maddeché?

 

Scuola: maddeché?

(Necrologio, parte prima)

Ciò che più mi sorprende nel registrare i lazzi e i frizzi che piovono sull’Azzolina é scoprire che c’é ancora troppa gente in giro disposta a credere che esista la Scuola, e che questo continuo avvicendamento di scappati di casa, con la qualifica di ministro, a viale Trastevere, sia solo frutto del caso. Si sbagliano.

La Scuola, come luogo deputato ad accogliere degli educatori e dei soggetti da educare, cominciò a morire nel lontano 1963, allorché, affetto da un’inguaribile perversione ideologica, il legislatore catto-socialista realizzò che il Latino e il Disegno geometrico tracciato con l’inchiostro di china erano roba per ricchi, e che fosse necessario favorire l’accesso delle masse alla pubblica istruzione attraverso il drastico ridimensionamento dell’offerta formativa: era come se, per garantire l’assistenza sanitaria per tutti, si fosse deciso di abbassare il livello delle prestazioni negli ospedali, la logica conclusione di un procedimento illogico, che si rivolgeva contro se stesso, il più tragico dei testa-coda sull’Anulare. L’eliminazione dell’Avviamento professionale – che era la scorciatoia a suo tempo creata per coloro che non volevano saperne di continuare gli studi, dopo la licenza elementare, e che volevano immettersi subito nel mercato del lavoro – contribuì a peggiorare la qualità della scuola media, i cui programmi furono ‘facilitati’ nella previsione del numero, abnorme, di bocciature che si sarebbero verificate se fossero rimasti quelli in vigore prima della riforma.

La scuola del ciufolo (altrimenti detto flauto) seppellì la scuola dell’Iliade, dell’analisi del periodo, dei temi, che quando andavi fuori, prendevi quattro: non consta che siano nati tanti Morricone e tanti Gazzelloni da allora. Per combattere il nozionismo, furono sacrificate le nozioni: una strage, fosse comuni, peggio che Pol Pot.                Coerentemente con tali misure, ne furono adottate delle altre, un pò alla volta – uno stillicidio durato diversi decenni – il cui unico obiettivo era quello di soffocare la funzione più propriamente ‘educativa’ della scuola, centrata sul comportamento degli alunni, e di dotare le famiglie di strumenti legali atti a vanificare il suo esercizio da parte degli insegnanti. L”ascensore sociale’ che aveva consentito al figlio del lustrascarpe di diventare ingegnere, si fermò di colpo: tipica aberrazione, di un sistema, che nel perseguire delle finalità apparentemente ‘democratiche’, in realtà galoppava spedito dalla parte opposta.       L’assenza di sanzioni per le condotte scorrette e di premi per quelle che non lo sono,  é incompatibile col concetto stesso di ‘educazione’: é tributaria di una malintesa interpretazione di certi sunti di pedagogia, risente delle orge dottrinarie della vecchia Sinistra, divenuta paracarro delle elite. La conseguenza di questo terrificante corto circuito é quasi palmare: la si trova nel surrogato del ‘Coma 22’, secondo cui ‘é promosso chi é stupido, però s’impegna, ma anche  colui che non fa nulla, però é intelligente’ (cioé tutti), e nel combinato disposto di varie prescrizioni di legge che funzionano come un percorso obbligato in fondo al quale campeggia il cartello ‘l’insegnante che boccia, boccia se stesso‘, sempre che non sia stato fatto desistere da un simile proposito da mille altri motivi, di ordine giuridico, psicologico e finanziario (la paura, ad esempio, di doverne rispondere ad un magistrato).   

I decreti delegati del ’73, inflissero un altro colpo, forse decisivo, alla scuola, con l’ irruzione – ALE’  AO’ –  delle famiglie all’interno di un meccanismo già fragile: il dogma della ‘partecipazione’ continuamente richiamato nei vangeli della Sinistra, trovava qui facile riscontro, ma con l’unico risultato che l’insegnante, messo in croce sia dai brutti che dai cattivi, iniziò ad avere qualche dubbio sull’importanza del proprio ruolo e a prendere in seria considerazione la possibilità di calarsi in quello molto più comodo del travet. mEcco, da dove la Scuola ha preso a scendere sempre più veloce, sullo scivolo di una storia che non é più quella di un fallimento in itinere, ma quello di una morte annunciata.

Mettetevelo bene in testa: la Scuola non esiste più. È morta da un sacco di tempo. E’ da un sacco di tempo che puzza.

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