Senza alcuna pietà


 

Senza alcuna pietà

Nelle rare occasioni in cui mi é capitato di dovermi congratulare con la puerpera, non le ho mai decantato, squittendo, la bellezza del pupo, e questo per la semplice ragione che i neonati mi sono sempre apparsi come degli incroci tra una scimmietta e un ragno, i tratti somatici condensati in una specie di QR, di quelli che campeggiano sul retro delle bollette della luce. Il tempo, con tutti i venti che ci soffiano dentro, e con tutte le persone che vi si incontrano, fornirà poi a ciascuno di noi un lasciapassare per entrare nei distretti misteriosi della fisiognomica, laddove, a dispetto dei patiti del rigore scientifico e a maggior gloria di Cesare Lombroso, il cretino assumerà la maschera del cretino e un reticolo di segni stampati sul volto la darà all’assassino.

Benché si rischi con tale premessa di subire una sprezzante confutazione, sarei curioso di sapere se, sulla base dell’impronta facciale che si sintetizza in un ghigno mefistofelico, ci sia qualcuno capace di domandarsi se il sindaco di Roma potrebbe fare cose diverse dall’accanirsi con dei provvedimenti insensati sui propri concittadini, e se la Schlein, con quell’aria da Heidi trasognata – orfana, per di più, delle caprette che fanno ciao – e con tutte le stupidaggini che dice, abbia le ‘phisique du role’ per dissotterrare il vecchio partito comunista, sempre ammesso e non concesso che sappia trovare la direzione giusta dopo la centrifuga delle categorie sociali attivata dal crollo del muro di Berlino dell’89, o voglia invece limitarsi a cavalcare l’onda corta dei diritti incivili (tipo LGBT, ciccì e coco’) e degli slogan sparati a raffica quasi tutti i giorni per sopperire al vuoto pneumatico delle idealità politiche, prima di arenarsi come un’alga morta sull’ospitale battigia della cronaca e della Storia.

A coloro ai quali osteggiano per partito preso l’approccio empirico a certe questioni di alta politica faccio graziosamente notare che per più di vent’anni, da quando i Dem hanno preso e mantenuto il potere in questo Paese, il relativismo – cioé la tendenza ad escludere l’esistenza di verità oggettive e a ricondurle sotto l’egida dei singoli punti di vista – e lo psicologismo – che si caratterizza come inclinazione a giudicare azioni ed omissioni secondo criteri legati non solo all’identità di ogni individuo ma anche alle precipue condizioni di tempo e di luogo in cui egli le compie – l’hanno fatta da padroni penetrando per osmosi in tutti gli angoli della società e dello Stato. Nell’apparato giudiziario, dove le attenuanti, anche per i reati più gravi, invocate dagli emuli di Cagliostro laureati in psicologia, rendono problematica l’adozione delle contromisure legali appannaggio della Giustizia, e minacciano ulteriormente l’incolumità delle vittime quando esse siano state costrette a difendersi da un’aggressione, in mancanza di una tutela preventiva da parte delle Istituzioni.

Nella Scuola, dove un ipotetico ‘quattro’ in pagella, scaturito dalla valutazione scientifica del rendimento dell’alunno in una determinata materia, diviene d’incanto una sufficienza piena a seguito della pressione sull’insegnante della pletora degli ‘esperti’, a parere dei quali il profitto scadente può essere dipeso da una molteplicità di fattori, da quello più immediato – la ‘cotta’ presa per il compagno o per la compagna di banco – a quello più remoto, che di solito consiste nell’abitare a TorPignattara, che é troppo lontana dal paradiso dei Parioli. Nei ‘media’ che, coinvolti nel collasso dei valori morali, chiamano per nome i peggiori primattori della cronaca nera, come se si trattasse del vicino di casa a cui normalmente si chiede di verificare se hanno ancora una testa d’aglio nella dispensa: Alessandro, Omar, Erika, Benno, assolvono così, con l’ottusa premeditazione di certa stampa, il compito di ricomporre surrettiziamente lo scarto che divide il bene dal male, il brutto dal bello, in ottemperanza alle mode introdotte ‘illo tempore’ dai poteri forti per scardinare il sistema valoriale su cui si fonda il concetto stesso di democrazia – quella vera – e per favorire, attraverso il disordine, la deriva dell’opinione pubblica verso l’accettazione supina di un regime autoritario, dello stesso genere descritto nel ‘1984’ di Orwell: e questo, mentre alla zingarella che rivendica per sé il diritto di borseggiare sulla metropolitana, davanti alle telecamere, si contrappone il silenzio di milioni di Italiani che percepiscono (quando non siano disoccupati) gli stipendi più bassi di tutta l’Unione Europea ma che non hanno, per soprammercato, alcuna voce in capitolo, una massa inerte come lo era quella dei sanculotti prima che uscissero dalla Bastiglia portandosi dietro un po’ di teste conficcate su delle picche, della serie che quando ce vo’, ce vo’.

I primi vagiti del nuovo Governo, di centro-centro-destra, non hanno convinto, e il trend continuerà – credo – fin quando non parrà chiaro che esso é deciso a sgomberare il campo dai residui degli ultimi bivacchi tenuti dai Dem, non già in ossequio alle regole dello ‘spoil system’, la cui inosservanza gli farebbe solo del male, ma per porre fine, nell’ambito di un’operazione che assumerebbe una connotazione epocale, ad una vera e propria dittatura, di enti, di soggetti e di forze che hanno fatto regredire il Paese, sospingendolo, con l’ausilio di robuste clientele e abusando a più non posso del frusto ritornello dell’antifascismo, verso uno dei livelli più alti di corruzione mai riscontrati dalle parti dell’Occidente, e verso uno dei più bassi quanto a correttezza dell’informazione e della proposta culturale: ambito dal quale, cedendo alla tentazione di fare piazza pulita di tutte le forme di dissenso – che sono state puntualmente ricacciate nelle riserve indiane, divenute progressivamente sempre più piccole, come piccoli zoo – hanno estromesso centinaia di persone indiziate di scarsa propensione a ripararsi sotto l’ombrello del Pensiero Unico, dai cantanti, come Cristicchi e Povia, che si sono dovuti riciclare come intrattenitori nelle feste di compleanno, ai produttori del film ‘Porzus’ – il racconto delle porcherie commesse dai partigiani comunisti a ridosso del nostro confine orientale – che lo hanno visto transitare in un battibaleno sulla direttissima predisposta per essere inghiottito dal cassonetto.

Un massacro, dovuto al sacrificio delle competenze e della creatività, alle quali l’establishment ha preferito anteporre i meriti di chi, munito di tessera, eccelleva nell’arte di strisciare e di arruffianarsi (altro che Minculpop!): una strategia, praticata su vasta scala, che non solo ha colpito intere generazioni, condannandole all’anonimato, ma ha pesantemente danneggiato il Paese inaridendo le fonti, da cui sono usciti quasi unicamente delle mezze cartucce, il frastuono provocato dall’irruzione sul palcoscenico di ballerine e di nani in numero assai maggiore di quello censito nell’era Craxi.

Ho fatto conoscenza, in questi anni, di tanta gente finita nelle liste di proscrizione redatte dai Dem, non necessariamente la colonna sonora creata dalle porte che ti si chiudono in faccia con un tonfo secco, ma una campana di vetro che ti viene agghindata addosso e che ti segue ovunque mentre cerchi disperatamente di trovare un varco per dove fuggire, un’alternativa alla morte per asfissia.

Bombacci in ventiquattresimo, perché, per effetto di un faticoso ravvedimento – al quale non fu estranea la guerra che mi fu fatta per aver ridicolizzato, documenti alla mano, la ‘vulgata’ sull’assassinio di Matteotti e la responsabilità del ‘duce’- passai dagli articoli su importanti testate della Sinistra alla milizia pubblicistica sulla sponda di Destra. Mi cercarono, sulle prime, alla RAI, per un’intervista per la quale mobilitarono una troupe e una carrozzella, completa di auriga, con cui facemmo per diverse volte dei giri intorno a ponte Matteotti (quanta originalità), ma poi non se ne fece nulla perché dalle viscere di viale Mazzini partì, inappellabile, la scomunica. L’aneddoto avrebbe scarsa importanza se non fosse che non ho mai patito il complesso del martire. Semmai, mi é stata di conforto la sensazione di aver condiviso la cattività babilonese – credo di non esagerare – con tanta altra gente, Italiani colpevoli di non aver mai portato il proprio cervello all’ammasso, di non essersi prostituiti al mainstream: ed é per questi motivi, e per altri ancora che adesso mi sfuggono, che io chiedo a questa corte – se fatta di uomini probi ed onesti – di andarci dentro fino in fondo, di non avere alcuna pietà.

 

Immagine: https://formiche.net/

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