The Movement di Steve Bannon: appunti politici

 

The Movement di Steve Bannon: appunti politici

The Movement, si chiama così la nuova iniziativa di Steve Bannon, ex consigliere e stratega di Donald Trump, iniziativa che assume i connotati di una fondazione tesa a riunire tutti i populismi e i sovranismi europei. La cosa non è certo nata dal nulla, se ne parlava infatti già all’inizio del 2017, è tuttavia diventata “ufficiale” lo scorso luglio, dopo un’intervista rilasciata dallo stesso Bannon al Daily Beast, nella quale egli ha lanciato il progetto e spiegato il contenuto della futura azione politica.

Vediamo di analizzare i punti chiave del “Movimento” al quale hanno già aderito Salvini, Viktor Orban, Yasmine Dehaene segretaria del Partito Popolare Belga. Il chiaro obbiettivo politico di Bannon è quello di creare un blocco sovranista all’interno dell’Unione Europea, riunendo tutte le destre sovraniste e populiste. Nemici dichiarati sono George Soros con la sua Open Foundation, Angela Merkel e Macron. Lo scopo della fondazione sarebbe quello di agevolare l’azione politica dei vari movimenti che hanno aderito, favorendo la fruizione di sondaggi, dati, documenti, analisi, e ricercando fondi.

Freniamo l’entusiasmo però, nello statuto si legge a chiare lettere che alcuni dei punti fondamentali sono:

  • promuovere “la sovranità delle nazioni, le frontiere nazionali, la lotta contro l’Islam radicale, l’approccio scientifico e non dogmatico dei fenomeni climatici e la difesa di Israele”;
  • rappresentare il “legame tra il Movimento iniziato dal presidente Trump in Usa e i cittadini e movimenti politici attivi negli altri Paesi”;
  • “la Russia non ha bisogno di nemici, ma di amici. Il tempo del confronto tra Europa e Russia è finito, la divisione non è più tra Est e Ovest, ma con l’Islam radicale”.

Pochi pregi, tanti difetti. I presupposti sono sempre gli stessi, la “longa manus” americana, l’occhio e la pecunia del grande Israele, l’individuazione di un falso nemico. Più chiaramente, questo movimento interpreta ottimamente la reazione al progressismo liberale di Soros e altri, esprimendo le necessità della “borghesia nazionale” (in termini marxiani), che in questo periodo sta reagendo allo strapotere della finanza apolide. Tutto questo però non incanala correttamente le energie del popolo verso il giusto nemico, non definisce chiaramente i confini dell’azione politica, finisce per confondere le masse e rigettarle ancora una volta in una dicotomia totalmente sbagliata, quella tra “Noi” e l’Islam radicale.

Finché non si avrà il coraggio e/o la volontà di chiudere totalmente i ponti con il liberismo, e di ripensare la società in chiave comunitarista, allora si finirà per lottare contro un padrone e sceglierne un altro. Il nemico individuato da Bannon per l’azione politica, è ovviamente uno specchio per le allodole; ormai non è più un segreto, lo sanno anche i muri che il fondamentalismo islamico, se esiste ed è esistito in maniera organizzata, lo si deve soltanto agli ingenti finanziamenti da parte degli U$A, Arabia Saudita e Qatar, e all’opera imperialista di destabilizzazione di qualsiasi stato nazionalista arabo, di cui l’Islam radicale è da sempre acerrimo nemico. Insomma una barzelletta per ingannare ancora una volta il popolo, ed allontanarlo dalle reali prospettive rivoluzionarie.

Altra questione calda, anzi caldissima, che a mio modo di vedere è il vero motivo della creazione di The Movement, è la situazione geopolitica europea, dove si assiste ad un “asse” (perdonatemi il termine) franco-tedesco, che è di natura totalmente imperialista, e al seguito le altre nazioni che vengono sfruttate e spremute dalla tecnocrazia europea. Ultimamente però la Germania sta spostando la sua orbita verso la Russia, spingendo per allentare la morsa americana sul Vecchio Continente. Quindi il punto della questione è; dove va l’Europa? Cosa dobbiamo fare noi? Sfruttare i movimenti della Germania e cercare di costituire un’Europa un po’ più libera dall’ingerenza americana, ma ugualmente asservita alle logiche illogiche eurocratiche? Oppure fare “guerra” all’asse franco-tedesco sfruttando la necessità degli U$A di non essere esclusi dal continente, e costituire un’Europa delle piccole patrie, ancora più schiave di prima?

Ai posteri l’ardua sentenza, la partita è aperta e non è certo facile da giocare, tuttavia la storia ci insegna, che ovunque ci sia una breccia, uno spiraglio di luce, allora è lì si deve colpire.

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