Virus: la maschera e il volto

 

Virus: la maschera e il volto

Voglia Dio che abbiano ragione loro. Che chiudere l’Italia serva davvero a ridurre l’epidemia del Covid19 e lo stato d’eccezione passi in fretta. Il sacrificio è accettabile, va affrontato con una parola inconsueta da mezzo secolo: disciplina. Misure forti, chiedono tutti: eccole. Se saranno efficaci, lo scopriremo vivendo, o morendo.

Epperò… continuiamo a non credere alle versioni ufficiali: mentre i concittadini si dotano di mascherine e si mettono più o meno disciplinatamente in fila davanti a farmacie, supermercati e banche, il non detto prevale sulla verità. Le misure pesanti sono state chieste, diremmo invocate dai clinici. Il sistema non è in grado di reggere se il contagio avanza. Mancano posti letto, strumenti, strutture. Il secondo paese manifatturiero d’Europa si arrende a un’infezione per mancanza di mezzi.

In Italia ci sono circa 191 mila posti letto pubblici, 3,6 ogni mille abitanti, contro i 4,7 della media dei paesi OCSE, i 5 della Francia e gli otto della Germania. Di questi, solo poco più di cinquemila sono di terapia intensiva.

Si potrà, in qualche modo, uscire dal tunnel del presente contagio, ma domani un ulteriore dramma ci crollerà addosso se non cambieremo il sistema e riprenderemo in mano il nostro destino. Il mondo-mercato è un inferno, banchieri e padroni universali sono nemici dei popoli. I loro servitori politici, un giorno, dovranno essere trattati per ciò che sono: collaborazionisti del nemico.

Al tempo del virus, il potere lavora con più lena, certo che il suo sporco lavoro riuscirà. La sanità italiana è al collasso: in pochi anni, per il dogma dell’austerità e la riduzione della spesa, hanno chiuso decine di ospedali e il sistema si chiama “azienda sanitaria”. Azienda: deve fatturare, non curare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Il desiderio più vivo è davvero di blindarsi in casa muniti di provviste, specie di camomilla a prova di telegiornale.

Se le dimissioni da cittadino di questa nazione amata e ridicola avessero senso, sarebbe il momento giusto. Sono in fiamme le carceri, i detenuti evadono a frotte perché i decreti governativi limitano le visite. Le sommosse fanno morti e feriti, ma, state certi, i rivoltosi non bramano di abbracciare madri e fidanzate, ma di essere riforniti di droga e pasticche. Hanno assaltato le infermerie e saccheggiato gli psicofarmaci.

La gente è nel panico: nessuno parla d’altro che del Corona Virus, tra mascherine, distanze di sicurezza, zone rosse e appelli delle autorità. O mentono per difetto, e i contagiati sono ben più numerosi delle poche migliaia segnalate dai bollettini quotidiani, o l’irresponsabilità e l’imperizia gridano vendetta.

La menzogna, però, avanza e conquista nuovi terreni. Crolla la Borsa e ci dicono che è colpa del virus. Balle colossali. Crolla il prezzo del petrolio a livelli mai visti da trent’anni non per pandemia, ma per una guerra dei prezzi e della produzione tra Arabia Saudita e Russia.

Bisogna correre, produrre, compravendere. Si intravvede una nuova botta peggiore di quella del 2008, di cui il Coronavirus è solo il detonatore. Se crolla il petrolio, saltano pezzi del sistema bancario. Il crollo della piazza finanziaria milanese ha lasciato indifferente il governo. BCE e Banca d’Italia, non pervenute, forse i dirigenti stanno facendo il tampone antivirus.

La democrazia è sospesa: referendum rinviato, inevitabile con l’Italia bloccata, le manifestazioni sono vietate per emergenza sanitaria, ma, guarda la combinazione, l’ineffabile governo voluto da Mattarella sta per firmare il nuovo MES, la banca privata dotata di poteri pubblici a cui regaleremo oltre cento miliardi.

Dietro la maschera antivirus, c’è il volto e il ghigno di un potere nemico.   Le conseguenze economiche del Coronavirus rischiano di essere letali quanto e più di quelle per la salute pubblica. Si resta a bocca aperta leggendo statistiche inoppugnabili: quarant’anni fa saremmo stati in grado di gestire il quadruplo degli infettati.

Il turismo è in crisi, il commercio langue, la produzione non potrà reggere. Milioni di lavoratori non garantiti, autonomi e dipendenti, rischiano grosso. Il minimo che ci vorrebbe è uno choc fiscale.Non solo meno tasse, serve un programma di investimenti pubblici a lungo termine, in cui la sanità pubblica, la ricerca e la difesa del territorio diventino un grande obiettivo nazionale. Possiamo, forse dobbiamo stare chiusi in casa per un po’, ma dopo tutti ai remi, perché sarà dura, durissima. Non ci saranno vaccini, solo braccia e cervello.

Ma, temiamo, non succederà nulla, non ci sarà nessun sussulto. A mezza voce, già si parla di nuove tasse, l’imposta sul virus.  Pagheremo senza lamentarci troppo, felici di aver salvato la pellaccia.

Frattanto, buon lavoro agli scienziati, un grazie di cuore a chi lotta sul campo, ma la preghiera di stare in campana: i carnefici travestiti da salvatori contano sulla nostra paura. Occorre affrontare la maschera – il contagio –  e il volto- il potere. Insegna il Mahabharata, poema epico indiano, che ci si può comportare da timorosi sinché il pericolo è lontano, ma vedendo il pericolo vicino, si deve combattere senza timore.

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