L’approvazione della Nota d’aggiornamento al Documento di economia e finanze (NaDef) è stata sicuramente un evento che ha catalizzato l’attenzione dei media nazionali, precedentemente intenti a decantare le fratture interne alla maggioranza, ed internazionali. Alla fine dunque il governo giallo-verde ha affrontato la sua prima vera sfida (quella sulla nazionalizzazione di Autostrade è la prossima). Vediamo quindi gli obbiettivi centrati e quelli mancati da questo documento.
Sicuramente questa manovra fiscale, fermo restando eventuali mutamenti nei passaggi al Quirinale o in Parlamento, ha avuto il merito di bastare per dare una generale percezione di cambiamento di rotta rispetto ai governi precedenti per quanto riguarda il rispetto dei parametri e dei vincoli esterni europei. Non vale neanche la pena spendere parole per la pochezza delle rimostranze degli esponenti del PD che si vedono costretti a fare opposizione ad una manovra, classificata da molti come di sinistra, di un governo che loro definiscono fascista. Tra l’altro una manovra con una previsione di deficit del 2,4% a fronte del 2,9% promesso nel 2017 da Renzi. Tuttavia occorre chiarire il fatto che qualunque velleità di sforamento del tanto inutile parametro del 3% è bellamente fallita se si presenta una previsione di deficit del 2,4%. Da questo lato si tratta di azione che non basta.
Altro fronte interno pienamente centrato da questa NaDef è l’abbattimento dello steccato del ministro Tria il quale puntava ad una manovra in linea con i dettati di Bruxelles. Ennesima riprova che là dove vi sia ferma volontà politica le cose possono essere fatte. Si vedrà se anche con Mattarella le cose andranno nella stessa maniera o se il capo dello stato spalleggerà il titolare Mef nel suo piano per l’imposizione di una clausola riguardo tagli lineari alla spesa in caso di mancato raggiungimento di determinati obbiettivi (cosa che sarebbe veramente la fine per qualunque programma di crescita e sviluppo basato sul deficit).
Occorre intitolare a questa Nota d’Aggiornamento anche il fatto che sia bastata per costringere ad una scelta spinosa i burocrati UE: far passare la manovra fiscale italiana e segnare un precedente significativo da sfruttare in futuro come grimaldello oppure aprire un nuovo grande fronte in Italia, senza peraltro aver chiuso quello relativo alla Brexit, ed opporsi combattendo per una modifica o per far cadere il governo con le solite armi dello spread e delle speculazioni. Dalle parole di Moscovici e di Junker degli ultimi giorni riguardo all’evitare un nuovo “caso Grecia” la scelta è chiara. Come un animale selvaggio e ferito chiuso in un angolo può solo attaccare così hanno fatto lor signori.
Infine occorre parlare di ciò che non basta della manovra. Mini-bot, stanziamenti per giustizia e nuove carceri, politiche per l’incremento della natalità, spesa per consentire di far fronte all’ultimo trimestre negli ospedali (per intenderci il periodo quando gli appuntamenti per esami si accumulano perché le strutture non hanno soldi per farli e quindi li si rimanda all’anno dopo), risorse per il nuovo programma di difesa aerea CAMM ER di fabbricazione anglo-italiana (inopinatamente tagliato da Di Maio contro il parere, per una volta stranamente condivisibile, del ministro Trenta) che sarebbe dovuto andare a sostituire il sistema Aspide vecchio di 40 anni, un piano nazionale di riforestazione o di contrasto della Xylella, queste sono solo alcune delle voci d’investimento che non sono presenti nella NaDef. Era naturale che nel blando numero del 2,4% non vi potessero rientrare grandi iniziative, tuttavia è triste vedere in quanti ambiti questo cosiddetto “governo del cambiamento” non segni un cambio di passo.