A chi serve una guerra delle petroliere in Medio Oriente

 

A chi serve una guerra delle petroliere in Medio Oriente

Nonostante la crisi scoppiata con il sequestro delle petroliere, quella iraniana a Gibilterra e quella britannica nello stretto di Hormuz, sembra che non ci sia la volontà per la deflagrazione di un nuovo conflitto in Medio Oriente.

Infatti, sia Iran che Stati Uniti hanno assicurato di non volere la guerra e sembra che si stiano adoperando per trovare una via d’uscita dalla crisi. La domanda è quando, come e in quali condizioni inizieranno a parlare.

Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha affermato che gli Stati Uniti sperano di attirare la Gran Bretagna in uno scontro con Teheran. “Attenti a non commettere errori: dopo che John Bolton non è riuscito a trascinare Donald Trump nella” guerra del secolo”.

Con questo, Zarif, vuole significare che il gruppo composto da Bolton, dal primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, dal principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, e dal principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed Al Nahyan, ha teso la trappola alla Gran Bretagna, sperando di trascinarla in un confronto con l’Iran.

In effetti, non è spiegabile perché gli inglesi al largo della costa di Gibilterra abbiano voluto sequestrare la petroliera iraniana Grace, con il pretesto poco convincente della violazione del regime di sanzioni alla Siria, dando luogo alla reazione di Teheran nello stretto di Hormuz, che, per reciprocità, ha ripetuto la stessa azione contro la petroliera britannica Stena Bulk.

Commentando questa situazione, alcuni osservatori rilevano che Londra ha commesso un “errore strategico”, andando ad aggravare le relazioni con l’Iran e creando una situazione difficile per la sua diplomazia, mentre si trova nella fase di passaggio da un governo all’altro.

D’altra parte, l’Iran ha voluto inviare un messaggio chiaro: quello di voler rispondere colpo su colpo alle provocazioni degli anglo USA e di non sottostare ai diktat emessi da Washington. Lo testimonia anche l’abbattimento del sofisticato drone statunitense entrato nel suo spazio aereo.

Non è escluso che Teheran si senta più forte dopo le dichiarazioni esplicite di sostegno del presidente russo Vladimir Putin. Lo stesso motivo spinge il presidente USA Donald Trump alla prudenza.

La cosiddetta “guerra delle petroliere”, a nostro avviso, è una manifestazione esterna di quello che sta accadendo dietro le quinte della contrattazione tra Stati Uniti e Russia e indirettamente con l’Iran.

 Washington sta cercando di rovinare l’intesa dei firmatari europei dell’accordo nucleare, per privare Teheran dell’opportunità di giocare nella direzione europea, lasciando solo il paese persiano. Probabilmente non è un caso che la “guerra delle petroliere” sia scoppiata alla vigilia dei tentativi del presidente francese Emmanuel Macron di organizzare un incontro con la partecipazione di rappresentanti di Russia, Stati Uniti e UE per risolvere la crisi intorno all’Iran.

Un’altra opzione è che Washington non desideri spingere Teheran in modo più deciso verso la Russia e la Cina. Non è un caso che Trump rilasci dichiarazioni in cui sostiene che non cerca di cambiare il regime iraniano e suggerisce che “è necessario tornare alla diplomazia”. Inoltre, l’altro giorno Deutsche Welle, citando la dichiarazione del segretario di Stato americano Mike Pompeo, ha riferito che presumibilmente nei giorni scorsi l’Iran ha chiarito che “è pronto per i negoziati a certe condizioni” ovvero solo se gli americani annullano le sanzioni che gli sono state imposte.

In una parola, si ha la ferma sensazione che dietro l’escalation esterna si stia verificando una diplomazia iraniana attorno ad una possibile trattativa per riprendere i negoziati. Gli Stati Uniti non nascondono il fatto di avere i canali appropriati per questo. In ogni caso, ne parlano quasi a livello pubblico. 

Attualmente, lungo la strada della crisi, è stato annunciato che Washington si sta preparando per le operazioni di “Sentinella” per garantire la libertà di navigazione nel Golfo Persico al fine di “legare” gli stati regionali sotto la sua guida. Allo stesso tempo, come osservano altri, “la situazione rimane in un vicolo cieco”, sebbene “l’Iran e gli Stati Uniti assicurino che non vogliono la guerra, ma, al contrario, cercano di trovare una soluzione attraverso i negoziati”.

L’unica domanda è come parlare con un personaggio come Trump che ha sempre stracciato ogni accordo, occorre un garante e tutti gli occhi sono puntati su Putin.

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